Il colosso svedese dell’arredo Ikea chiuderà il suo unico impianto di produzione negli Stati Uniti, nella città di Danville in Virginia, per i costi troppo elevati, riporta Il Sole 24 Ore. Più elevati che in Europa. Soprattutto per quanto riguarda i prezzi delle materie prime.
L’attività manifatturiera ora incentrata a Danville – tra cui scaffali di legno, cesti e armadi venduti in Nordamerica – verrà trasferita proprio nel Vecchio continente.
La chiusura dello stabilimento, aperto nel 2008, causerà la perdita di circa 300 posti di lavoro.
Ikea, che registra vendite annuali per 40 miliardi l’anno, è impegnata in sforzi di ristrutturazione globale per aumentare l’efficienza, ma rimane tuttora tra i retailer di maggior successo. Il gruppo sta portando avanti ormai da tempo una nuova strategia fatta di negozi e show-room nei centri urbani e di più flessibili sistemi di consegna.
Ikea collaborareà con le istituzioni locali al fine di favorire il riallocamento dei dipendenti su impieghi alternativi. Ciononostante, l’addio di Ikea farà perdere alla città entrate fiscali stimate in mezzo milione di dollari l’anno.
L’azienda dispone oggi di circa 40 impianti di produzione tra Europa, Russia e Cina, con ventimila lavoratori. In tutto impiega 160mila persone a livello globale. A Danville aveva investito 85,5 milioni di dollari, ricevendo 3,8 milioni in incentivi locali oltre alla possibilità di comprare il terreno per un simbolico dollaro.