In un recente incontro con i direttori delle principali testate giornalistiche, Maria Porro, presidente del Salone Internazionale del Mobile, ha raccontato quelli che saranno i cambiamenti della prossima edizione del Salone del Mobile in programma, come di consueto, ad aprile. In un ripensamento globale della manifestazione, avviato con la scorsa edizione, anche quest’anno il focus è stato quello di rivedere gli spazi espositivi per migliorare la fruibilità del visitatore, andando oltre la tradizionale concezione di fiera.
È proprio qui che emerge una questione chiave per il futuro. La sensazione emersa dall’incontro è stata quella di un atteggiamento di evoluzione, ma prudente. Il focus, infatti, è solo sulle manifestazioni biennali, luce per l’edizione appena passata e cucina e bagno per la prossima. Quindi ci sono sì una volontà e una consapevolezza chiara sulla necessità di una trasformazione dell’assetto della manifestazione, ma con un approccio al cambiamento molto graduale. Forse troppo?
Il Covid ha rappresentato un elemento di rottura che ha fatto emergere come nel design il concetto fieristico abbia in sé delle incongruenze: si pensi alle tempistiche di presentazione o al fatto che i big player, che nell’arredo hanno in portafoglio diversi marchi e molteplici spazi espositivi in città, scelgano sempre più spesso di presentare le novità fuori dalla fiera, nei propri spazi. Ne avevamo già parlato a febbraio, sottolineando come questo potesse rappresentare il ‘new normal’ del Salone. La rivoluzione, quindi, non può attendere e se rivoluzione deve essere, forse non può suonare con l’andamento di un adagio.
Tanto più che il contesto per il design è più che mai sfidante. I dati del primo semestre del 2023 elaborati dal Centro studi di FederlegnoArredo evidenziano come il settore del legno e del mobile, dopo la ‘sbornia’ post-Covid, debba fare i conti con una brusca battuta d’arresto che presuppone una chiusura d’anno in territorio negativo. Di fronte ad un settore costretto a navigare a vista è più che mai necessario, quindi, un segnale forte da parte istituzionale e, nella fattispecie, proprio da quel Salone che ha sempre rappresentato il baluardo della forza e della riconoscibilità del made in Italy nel mondo.