La parola chiave che aiuta a delineare il quadro del sistema arredo italiano è ‘normalizzazione’ dei consumi. Già lo scorso anno il comparto aveva sperimentato questo concetto. Dopo l’euforia pandemica, il progresso ha ceduto il passo ad un rallentamento delle vendite sia in Italia sia all’estero. In quest’ottica di ‘normalizzazione’, anche la crescita di alcuni mercati stranieri che sembravano dover rafforzare il ruolo di spicco del design italiano nella scacchiera internazionale si è arenata. Il rimando va soprattutto a Usa e Cina, rispettivamente terzo e settimo posto tra i principali bacini esteri seppur con una quota contenuta pari al 9% per il mercato a stelle e strisce e il 2,5% per l’ex Celeste Impero. Nel 2023, l’export di design italiano negli Stati Uniti dopo due anni di crescita galoppante ha frenato con un -13,2 per cento. Peggio ha fatto la Cina con un -19,1%, segnando il calo maggiore tra le prime 10 destinazioni. Non che l’Europa mostri dati migliori. Francia a parte con un timido +0,6%, nel Vecchio Continente ha pesato la gelata sulle esportazioni in Germania (-6,4 per cento).
La performance lascia riflettere. Il presidente di FederlegnoArredo ha sottolineato come la filiera italiana, composta soprattutto da piccole e medie imprese, celi in sé i fattori chiave, ovvero flessibilità e velocità, che le consentono di adattarsi ai cambiamenti.
Tuttavia, questi due fattori non sono sufficienti per avere aziende veramente leader a livello internazionale nel design alto di gamma. Occorre un passo avanti da parte dei nostri imprenditori e manager, da parte dei big del settore come anche dalle medie imprese, che devono avere il coraggio di investire in una presenza diretta nei principali mercati di sbocco, inclusi Usa e Cina. Bacini con caratteristiche distributive diverse dalle nostre, che, se non affrontati con filiali, reti commerciali, magazzini, customer service e quanto necessario, non potranno smuoversi da una percentuale ‘single digit’ nel ventaglio dei nostri mercati di destinazione.
Non è più possibile, in sostanza, affidarsi a rete di agenti e distributori, che si prendano il rischio del mercato. Serve una presenza diretta. Serve un approccio che riesca a coniugare la flessibilità tipicamente italiana nella dimensione produttiva ad una visione manageriale e seriamente internazionale nella presenza sui mercati. È questa l’unica via per potersi definire veramente internazionali.
La performance lascia riflettere. Il presidente di FederlegnoArredo ha sottolineato come la filiera italiana, composta soprattutto da piccole e medie imprese, celi in sé i fattori chiave, ovvero flessibilità e velocità, che le consentono di adattarsi ai cambiamenti.
Tuttavia, questi due fattori non sono sufficienti per avere aziende veramente leader a livello internazionale nel design alto di gamma. Occorre un passo avanti da parte dei nostri imprenditori e manager, da parte dei big del settore come anche dalle medie imprese, che devono avere il coraggio di investire in una presenza diretta nei principali mercati di sbocco, inclusi Usa e Cina. Bacini con caratteristiche distributive diverse dalle nostre, che, se non affrontati con filiali, reti commerciali, magazzini, customer service e quanto necessario, non potranno smuoversi da una percentuale ‘single digit’ nel ventaglio dei nostri mercati di destinazione.
Non è più possibile, in sostanza, affidarsi a rete di agenti e distributori, che si prendano il rischio del mercato. Serve una presenza diretta. Serve un approccio che riesca a coniugare la flessibilità tipicamente italiana nella dimensione produttiva ad una visione manageriale e seriamente internazionale nella presenza sui mercati. È questa l’unica via per potersi definire veramente internazionali.