La crisi delle supply chain globali, che ha fatto aumentare il costo delle operazioni logistiche, ha spinto Ikea a rialzare del 9% il prezzo medio alla vendita dei suoi prodotti. “Per la prima volta – ha fatto sapere Ingka Group, che controlla 367 del totale di 422 negozi di Ikea nel mondo – siamo obbligati a riversare sui consumatori gli aumenti dei costi delle materie prime necessarie, dei costi di trasporto, di produzione e di gestione delle filiali”.
Gli aumenti, che potranno variare in percentuale a seconda delle specifiche condizioni del paese in cui è situato il negozio, serviranno a compensare le spese extra legate alle difficoltà di approvvigionamento e distribuzione, quantificate in circa 250 milioni di euro per l’esercizio 2021 e stimate in un importo simile per il 2022. “Le disruption sono previste fino al 2022 – spiega la nota ufficiale di Ingka -. I maggiori incrementi di costo saranno avvertiti in Nord America e in Europa, tra i mercati principali per il marchio”.
I maggiori costi di produzione hanno già portato Ikea a registrare un forte calo dei profitti nell’ordine del 17 per cento.
Guardado al futuro, il gruppo svedese intende sviluppare la modalità di consegna ‘click and collect’ e incrementare il numero di punti pick up nei quartieri. Inoltre, focus degli investimenti sarà l’automazione dei magazzini, con l’avvio di circa 80 progetti (contro i 32 del 2021) per aumentarne le capacità di smistamento grazie all’impiego di robot e droni.
Infine, il gruppo conferma che porterà avanti le misure già adottate per ridurre l’impatto dei costi logistici e delle difficoltà di approvvigionamento legati alla pandemia, come “l’utilizzo di diverse modalità di trasporto”, “il noleggio di navi“ e la decisione di trasferire nel Mediterraneo, dall’Asia, parte della produzione di mobili.