Da oltre dieci anni in Cina, Giancarlo Tintori (architetto e docente alla Tongji University di Shanghai) racconta il boom del mercato, tra cultura e business etiquette, e il cambiamento in atto.
Eldorado o sfinge? La Cina sta offrendo risultati importanti alle aziende italiane del mobile, ma non è un mondo facile da comprendere e richiede capacità di interpretazione. Giancarlo Tintori, architetto, fondatore dell’omonimo studio di architettura e della ID&AA Italian Design Architecture Agency, opera in questo mondo da molti anni e afferma: “Non è sbagliato paragonare la corsa al mercato cinese al gold rush. Non siamo nel Klondike ma le difficoltà, anche se di diversa natura, non mancano. Prima fra tutte, la cultura e la cosiddetta business etiquette. Chi vuole relazionarsi con questo mondo dev’essere preparato su come comportarsi ancor prima di pensare a quale tipo di business intraprendere. Ed è molto più importante trovare una persona che faccia mediazione linguistica e culturale prima che commerciale. Non solo, bisogna essere consapevoli di avere a che fare con un Paese che è in realtà un ‘continente’ e che richiede strategie commerciali e distributive commisurate: servono tenacia e passione, e non aver paura di salire sull’ottovolante”. Oggi, grazie ad iniziative come il Salone del Mobile. Milano Shanghai, presentarsi alla clientela cinese è meno complicato, “Il Salone è stato un passaggio fondamentale e brillante. I contenuti sociali, culturali e commerciali che è in grado di attivare pongono il Salone come faro e non solo nell’ambito del design. Il percorso fatto da Federlegno e dal suo gruppo dirigente nel corso degli anni che hanno preceduti la prima edizione è tanto sconosciuto, invisibile ai più, quanto è stato forte, ostinato, visionario e combattuto. Ha dato vita alla prima edizione del 2016 nella quale lo slancio e in parte il coraggio di esserci, da parte delle aziende, è stato ripagato da un successo incredibile”. E sono un ricordo ancor nitido le file di migliaia di persone, che la mattina dell’apertura occupavano tutti i marciapiedi e parte delle strade, bloccando la zona circostante la fiera. “Dare l’opportunità a quella parte del pubblico cinese, che non riesce ad aprile a venire a Milano, è primario tanto quanto lo è poter comunicare nel corso dell’anno chi vuole essere aggiornato sulle novità. Sicuramente ora il Salone del Mobile Milano.Shanghai è un appuntamento riconosciuto, atteso e cercato dal pubblico cinese degli addetti ai lavori”. Un’audience che si sta rivelando sempre più attenta allo sviluppo del made in Italy e della sua tradizione manifatturiera. “Abbiamo passato anni a combattere con le ibridazioni stilistiche e le infiltrazioni di copie, con esiti spesso ingestibili che hanno spinto più di un progettista o azienda a rifiutare o interrompere incarichi”, ha dichiarato l’architetto che sta collaborando anche con Alibaba. “Negli ultimi due anni ci siamo concentrati su ambiti diversi: da un lato un buon numero di progetti di interni a destinazione residenziale, sia di livello medio che alto; dall’altro, stiamo esplorando il mondo digitale in tandem con Alibaba. Nel dettaglio, in questo secondo territorio abbiamo seguito in parte i processi di branding e ci siamo occupati interamnete del naming, dell’ immagine coordinata e del packaging dei loro prodotti. Il tutto è avvenuto con impostazione bilingue ed è stata proprio questa la novità, non ci sono tanti esempi di progetti grafici e di consulenza di così ampio respiro condotti da designer italiani”. Giancarlo Tintori, docente nei master in Architettura e design della Tongji University di Shanghai e nel campus sino-italiano dello stesso ateneo, Tintori guarda con interesse anche alle nuove generazioni di progettisti. “Vedo dei numeri davvero impressionanti in termini di laureati e questo deve far riflettere molto i nostri studenti sulle loro possibilità di internazionalizzazione. Per il resto esiste ed opera, non solo in Cina ma ormai nel mondo, una generazione di architetti cinesi molto, molto valida. Hanno generalmente alle spalle esperienze formative internazionali e diversificate, integrate poi da un forte legame con le loro radici culturali. Ne è nato uno stile contemporaneo, dagli esiti davvero interessantissimi, che purtroppo non ha ottenuto in Europa la necessaria visibilità. Sono già interlocutori attivi delle nostre aziende ma lo potrebbero essere sempre più”.
di Barbara Rodeschini