L’intreccio è da sempre il segno distintivo di Varaschin, azienda veneta fondata nel 1969 dai fratelli Ugo e Pietro, sin dagli albori dell’attività. Inizialmente utilizzando midollino e rattan, e dopo la crisi del mercato del rattan degli anni 2000, sostituendo questi materiali con l’esplorazione di nuove tecniche e texture grazie alle fibre sintetiche, come polipropilene e acrilici.
Oggi l’azienda sta effettuando un passaggio generazionale che vede l’ingresso in Varaschin dei tre figli di Ugo, mentre alla presidenza rimane Pietro Varaschin insieme alla cognata, Giancarla Antognazzi. Al loro fianco Stefano Giust, già direttore commerciale nel 2015, e da inizio anno responsabile della direzione operativa. “Abbiamo intrapreso un percorso virtuoso, che siamo certi di consolidare nel tempo – racconta Giust – Sono passato dal dedicarmi alla riorganizzazione commerciale al coordinamento aziendale delle operations, sempre condividendo obiettivi e strategie con la proprietà”.
Nonostante sia a capo della direzione operativa da un semestre, Giust aveva messo solide basi per le strategie di sviluppo di Varaschin appena entrato in azienda, quattro anni fa. “Con lungimiranza, abbiamo capito quale sarebbe stata l’evoluzione del business dell’outdoor e abbiamo ragionato in termini di coerenza e qualità. Abbiamo mantenuto il tema dell’intreccio seppur attualizzandolo grazie alle ricerche e allo sviluppo di nuovi materiali, utilizzati per creare prodotti da esterno. La scelta che è stata fatta può sembrare coraggiosa, ma eravamo certi della riuscita. Ci siamo liberati definitivamente dalla situazione ibrida che ci caratterizzava in passato, dovuta alla doppia proposta di collezioni per indoor e outdoor – continua Giust – Quando hai due business lines, il cliente è confuso, e il rischio è quello di sprecare energie e risorse finanziare senza sapere dove rivolgerle in modo preciso e puntuale”.
La scelta di Varaschin è stata quella di chiudere il capannone di Manzano, liberandosi della business line legata all’indoor e potenziando invece l’outdoor. “Tutte queste decisioni sono state prese formalmente tre anni fa, e messe in pratica in maniera definitiva l’anno scorso. Non ci siamo spaventati di fronte a una possibile stagionalità del settore, perché se si lavora con Paesi come Messico, Australia, Stati Uniti, si riesce a circoscrivere il periodo di minor richiesta a due o tre mesi l’anno”. I cambiamenti in atto sono molti, tra cui anche una virata nella gestione della produzione e dell’offerta dei prodotti in collezione. “In passato, la Varaschin era un’azienda predisposta ad assistere il mercato. Se c’era un determinato bisogno, si
rispondeva con un preciso prodotto – racconta Giust insieme al presidente Pietro Varaschin – Questo aveva generato una proliferazione di prodotti. L’azienda nel 2014 aveva 90 collezioni e un fatturato di circa 7 milioni di euro. Il risultato della nostra messa a punto è stata una pulizia e una riduzione progressiva dell’offerta a listino, individuando prodotti di punta con alta potenzialità, studiando il ciclo di vita di ogni proposta”.
Scelta azzeccata, che in quattro anni ha portato Varaschin a superare i 13 milioni di euro (13,254 nel 2018), con un Ebitda di 1,312 milioni di euro (10%) e un utile netto di esercizio di 866mila euro (6,5%), con 45 collezioni a catalogo, descritte in maniera approfondita ed esaustiva in un listino che comprende anche l’elenco di tutti i fornitori delle materie prime e le relative specifiche tecniche. Una scelta voluta e supportata anche dalla presidenza, come conferma Pietro Varaschin: “Questo aiuta il nostro interlocutore ad avere una visione chiara di quello che sta scegliendo. Un prodotto outdoor deve avere una certa resistenza a sbalzi termici e agli agenti atmosferici. E’ importante essere chiari, trasparenti, e fornire tutte le informazioni in modo da anticipare domande ed eventuali perplessità del cliente”.
La comunicazione della nuova strategia passa anche attraverso un nuovo logo e un nuovo payoff depositato, ‘Varaschin Outdoor Therapy’, attraverso il quale l’azienda si definisce chiaramente 100% outdoor, puntando al massimo comfort e alla qualità. Anche la distribuzione ha subìto cambiamenti importanti ed è veicolata attraverso tre principali canali. “Partiamo dal tradizionale rivenditore, dealer di fascia medio-alta o alta, per passare all’hospitality, mercato in cui lavoriamo attraverso nostri agenti specializzati che si rivolgono direttamente a catene alberghiere e ristoranti, e infine ci sono gli architetti – spiega Giust – che all’interno del loro progetto definiscono con il cliente finale ogni minimo dettaglio, compresa la scelta dei prodotti. Tra contract e retail, il primo pesa per un 60% sul fatturato ed è il nostro business più importante, anche se non abbandoneremo mai il lato retail”.
I paesi in cui Varaschin lavora attualmente sono 70 in tutto. L’Italia pesa per un terzo del fatturato, e i due terzi sono all’estero, di cui il 75% in Europa. A livello internazionale, stanno dando risultati sempre più soddisfacenti il Messico, l’Australia e il Medio Oriente. “L’azienda ha fatto un salto triplo – continua – Dai dati Cerved, abbiamo riscontrato indici di bilancio che sono 4 o 5 volte superiori rispetto alla media del settore.
Il punto non è solo conquistare quote di mercato attraverso i fatturati, ma essere in grado di produrre profitto. La nostra strategia a lungo termine è quella di consolidare i 15 milioni, che prevediamo di raggiungere nel 2019, senza mai superare le 35 collezioni a catalogo. Questo non significa che non si ambisca ad arrivare a 16, 17 o 18 milioni di fatturato, ma l’importante è avere grande equilibrio in un’azienda in grado di gestirsi indipendentemente dai trend della domanda. Non desideriamo nemmeno aprire nuovi mercati, ma fare bene nei 70 Paesi dove siamo già presenti”.
Per approfondire la storia dell’azienda e capirne processi e strategie, a fine giugno (in concomitanza con il suo 50esimo anniversario) sarà pubblicato un libro scritto dallo stesso Stefano Giust, dal titolo ‘Strategie di successo per rilanciare l’azienda. Il caso Varaschin Spa”.