L’export continua a rappresentare una certezza italiana. Cambiano gli scenari, si moltiplicano le variabili, aumentano le complessità, ma la cosa di cui prendere atto è che il made in Italy è sempre vivo. Dove c’è un mercato da esplorare o da approfondire, in qualche modo c’è la nostra esportazione. E la questione sta riguardando in modo sempre più massiccio tutti i settori, incluso il design, ambito di più complessa gestione oltre i confini, ma che registra percentuali sempre maggiori di ricavi su mercati internazionali, grazie al traino di piazze chiave, come la Cina e gli Usa. Un indizio della capacità di adattamento del settore in questa crescente complessità lo da una frase di un’azienda italiana sulla Cina, riportata nel dossier di questo numero. “Sono clienti preparatissimi e perfino maniacali. Effettuano report fotografici sulle merci ricevute per documentare difetti talvolta impercettibili. Questi poi se li sistemano da soli ma non lo fanno per attivare reclami, semplicemente per notificarli e così ti spingono a operare sempre meglio. Se siamo cresciuti così tanto in termini qualitativi è anche grazie a loro. Sulle consegne destinate alla Cina abbiamo raddoppiato i controlli di qualità”. Questo concetto (il confronto col cinese “maniacale” e la capacità di dare una risposta di qualità) spiega quanto sia necessario adeguarsi ai trend, a partire dalla learning curve accelerata dei cinesi, che ne farà consumatori sempre più preparati e alla ricerca di controparti all’altezza delle loro articolate richieste. Accanto all’esempio cinese, è significativo un altro spunto di questo numero: il caso del Messico, un mercato che si propone come grande opportunità per il futuro e dove gli imprenditori italiani del design si sono già guadagnati una posizione importante. Certo, aiuta il fatto di essere presenti nei vicini Stati Uniti, ma dietro c’è la conferma di quanto abbia aiutato, e aiuti, la spiccata intuizione delle aziende italiane verso l’estero. Le chiavi di accesso italiano su nuovi mercati sono state e restano la notevole capacità innovativa del design italiano in termini di offerta. Ma anche l’innato coraggio imprenditoriale del tessuto industriale, capace di andarsi a cercare i nuovi mercati, con riedizioni moderne dell’‘imprenditore con la valigia’ degli anni d’oro delle PMI nazionali. In prospettiva, però, ci sono almeno un paio di fattori da cui non si potrà prescindere. La capacità di muoversi in squadra, come dimostra il caso del Salone del mobile a Shanghai, e la crescita dell’efficienza logistica. Sono aspetti connessi tra loro, e che saranno valorizzati da quell’idea dell’industria 4.0 che è entrata nei piani operativi del Governo. Se le operazioni oltre confine sapranno muoversi guidate da un’intelligenza condivisa, si aprirà un’epoca in cui, accanto alla ‘valigia’, l’esportatore dell’arredo made in Italy sarà in grado di portare un sistema integrato. E di rispondere, in questo modo, a ogni richiesta del cliente. Anche la più “maniacale”.
David Pambianco02