Coworking e smart working stanno rivoluzionando gli spazi di lavoro, aprendo possibilità di crescita alle aziende italiane che restano sottodimensionate rispetto alla concorrenza internazionale. Nel 2017 i fatturati dei primi otto player di settore sono stabili, per effetto degli alti e bassi del contract
La battaglia ricorda quella di Davide contro Golia. Ma se è vero il gigante Golia aveva dalla sua la forza, in questo caso rappresentata dalle dimensioni internazionali, Davide poteva vantare astuzia e agilità e con quelle riuscì a vincere, esponendo la testa del nemico. Nel mondo dell’arredamento da ufficio le aziende italiane sono piccole, se confrontate con i competitor di altre nazioni, ma possono diventare tante piccole Davide. Il momento, data la trasformazione in atto chiaramente emersa a Orgatec, potrebbe essere propizio per trasformare la propria debolezza in punto di forza.
WORKPLACE ON DEMAND
Il comparto italiano del mobile da ufficio si presenta come un universo frazionato e formato da centinaia di imprese di medio-piccole dimensioni, tra i 20 e i 30 milioni di ricavi, il cui numero è stato drasticamente ridimensionato negli ultimi dieci anni di crisi del mercato interno. Di conseguenza, le aziende italiane si muovono sul terreno della maggiore flessibilità rispetto ai colossi stranieri per andare incontro a quella che rappresenta la grande chance per il business dell’arredo da ufficio: la rivoluzione del mondo del lavoro. La sharing economy sta trasformando l’ufficio tradizionale in un workplace on demand, come è successo nel settore automotive con il car sharing. Finita l’epoca degli open space, ci si sta orientando verso la creazione di piccole isole, sale riunioni dove potersi concentrare e lavorare in tranquillità nelle zone relax. “L’arredo ufficio ha sempre seguito l’evoluzione delle macchine”, spiega Gianfranco Marinelli, presidente di Assufficio. “Oggi la macchina è lo smartphone, e bisogna adattare la produzione alle nuove tipologie di lavoro”. Ed ecco spiegato come alcune aziende siano state in grado di realizzare negli ultimi anni degli autentici balzi a doppia cifra in termini di fatturato, grazie a importanti commesse ottenute in Italia e all’estero dai grandi progetti immobiliari e dal restyling degli uffici in chiave moderna. In più, le principali in termini dimensionali si sono ormai attrezzate per eliminare gli intermediari, come i rivenditori specializzati nel mondo ufficio, per avere un contatto diretto con il cliente. “Sicuramente si va sempre di più verso il contract, che ormai arriva mediamente anche al 50% delle vendite perché la distribuzione è ormai inesistente”, ammette Marinelli, “e questo accade sia in Italia sia all’estero”.
RICAVI OSCILLANTI
I dati raccolti da Assufficio, l’associazione in seno a FederlegnoArredo che riunisce 96 aziende del settore, fotografano una realtà a luci e ombre. Nel 2017 la produzione è cresciuta del 6% per un giro d’affari complessivo di circa 1,3 miliardi di euro, di cui il 46% è generato dalle esportazioni. Nel primo semestre del 2018 si è invece registrato un forte ritorno del mercato interno, che ha messo a segno un +15,3% di introiti sullo stesso periodo del 2017. “In alcuni mercati”, spiega il presidente di Assufficio, “sono emersi problemi anche burocratici per le esportazioni. Penso agli Stati Uniti, dove sono stati introdotti dei vincoli legati all’utilizzo di materiali e delle limitazioni a tecniche di lavorazione specialmente per la verniciatura. Penso poi al Regno Unito post Brexit. Anche i Paesi del Golfo stanno vivendo un certo rallentamento. E poi c’è la Cina che, a differenza dell’home interiors, per il settore ufficio non è ancora un mercato rilevante e appare immaturo. Di contro, la Russia sta regalando segnali positivi”. Se è vero che la strada è ancora in salita, viste le incognite dell’export, i principali gruppi del settore sono moderatamente ottimisti. Secondo un’analisi condotta da Pambianco Strategie di Impresa sui fatturati dei primi otto gruppi italiani del segmento arredo ufficio, nel 2017 i ricavi hanno registrato una sostanziale conferma dei valori emersi nel 2016, poco sotto i 380 milioni di euro, per effetto di andamenti contrastati delle singole imprese e a loro volta conseguenza delle dinamiche del contract. Se per alcuni il 2017 è stato un anno interlocutorio, come nel caso di Estel che però sconta la maxi commessa del 2015 per Apple che aveva fatto spiccare il volo ai conti dell’azienda vicentina, per altri l’ultimo esercizio ha confermato il trend di crescita a doppia cifra. È il caso, per esempio, di Tecno. Rilevata da Giuliano Mosconi nel 2010 con l’obiettivo di riportare l’azienda ai fasti d’un tempo, Tecno ha registrato sotto la nuova gestione dei ritmi media di crescita annua del 30% e nel 2017 ha raggiunto i 34 milioni di euro. Nello stesso anno ha acquisito Zanotta, per avviare un percorso di crescita comune. Il 70% circa del suo business è legato ai grandi progetti contract e tra questi si evidenziano il Palazzo di Giustizia di Parigi e la National Bank of Kuwait. “Per il 2018 come consolidato dovremmo raggiungere i 60 milioni di euro”, racconta Mosconi, specificando che il dato include Tecno, Zanotta, lo spin off io.T Solutions e le controllate estere di Parigi, Londra, Madrid, New York, Dubai e Varsavia. “Non si tratta di showroom ma piattaforme di condivisione e spazi di incontro, che allo sviluppo commerciale affiancano anche contenuti di progettazione e servizio che sono uno degli elementi che spiegano la nostra crescita. Abbiamo iniziato nel pieno della crisi e scelto di investire in sedi che garantissero il giusto approccio ai diversi mercati; contemporaneamente, dal punto di vista del design, abbiamo studiato i cambiamenti nel mondo del lavoro e sono nati prodotti che hanno la caratteristica di essere facilmente riconfigurabili e riposizionabili. Questo perché l’ufficio con un layout definito non esiste più. Tecno ha portato l’intelligenza negli oggetti che si possono così connettere con gli ambienti, consentendo di gestire i buildings e migliorare il benessere degli utenti. Perché è quello il modo in cui si lavorerà in futuro”. Quale sarà il mercato più promettente? “Gli Usa. Se saremo bravi, potremo cogliere molte possibilità”. La forte internazionalizzazione ha permesso alla vicentina Estel di mettere le ali negli ultimi tre anni, passando da una sessantina di milioni di euro di fatturato a 101 milioni nel 2017. Eppure, tra le tante città dove l’azienda è riuscita a imporsi, è Milano a interpretare il ruolo di protagonista. “Quest’anno”, racconta Massimo Stella, sales director di Estel, “il migliore i tra nostri mercati è proprio quello italiano. Per quanto riguarda l’attenzione all’interior design del workplace, Milano è senza dubbio una capitale mondiale. All’estero stiamo lavorando per espanderci sul mercato americano, mentre abbiamo consolidato la nostra presenza in tre nazioni per noi strategiche come Cina, Germania e Spagna grazie alle aperture dei nuovi showroom di Madrid, Monaco di Baviera e Shanghai”. Per Estel, l’80% delle vendite avviene in modo diretto e i prodotti custom, realizzati in base alle esigenze di alcuni clienti (in pratica il contract), assicurano il 35% del turnover. “Ci sono sempre più clienti che richiedono un ufficio tailor made”, spiega Stella, “tra questi posso citare l’headquarter Ferrero in Lussemburgo, Fastweb a Milano e Gucci a Firenze. Oggi l’arredo ufficio si vende se accompagnato da una consulenza organizzativa”, aggiunge, “perché vendiamo ambienti e non più prodotti, pertanto per noi è fondamentale interloquire direttamente con i clienti. Le grandi aziende vogliono attrarre i migliori talenti e per far ciò devono far lavorare al meglio le persone, offrendo ambienti di lavoro accoglienti affinché queste possano rendere al meglio. Proprio per questo, oltre all’ampio ventaglio di prodotti, nell’ambito del quale abbiamo sviluppato una gamma di elementi innovativi denominata Italian Smart Office, proponiamo una consulenza in fase di space planning”.
AMBIENTI FLUIDI
Un’altra realtà in forte ascesa è Quadrifoglio Group. Nata nel 1991 come azienda di arredo ufficio, ha poi allargato il suo spettro d’azione alle sedie da ufficio con una sede a Manzano, all’illuminazione grazie all’acquisizione di Karboxx e alle pareti divisorie. Oggi rappresenta un gruppo da 43 milioni di euro di ricavi, in crescita del 17% rispetto al 2016. “Anche per il 2018 prevediamo un incremento a doppia cifra”, anticipa Caterina Boschetti, direttore marketing e comunicazione. “L’estero”, aggiunge, “ha sempre rappresentato un forte traino per la crescita perché l’Italia vale solo il 35% del ricavi. Il nostro primo mercato straniero è la Francia, seguita da Germania, Arabia e America Latina. Abbiamo show-room a Londra, Madrid, Monaco e Vienna e dal prossimo anno anche a Parigi”. Una delle spinte sostanziali dell’ultimo triennio è arrivata però dall’Italia e, in particolare, dalla commessa appena conclusa per la Consip, centrale acquisti della pubblica amministrazione italiana. “Con il coworking”, concluse Boschetti, “si è persa la possibilità di personalizzare quelle che erano le proprie postazioni. Per questo, da un lato questo si traduce nella necessità di dotare la aree lavoro di lockers dove depositare i propri documenti, e dall’altro cercare di offrire maggiori aree di break comuni studiate per dare il giusto comfort e benessere al lavoratore grazie a design più vicino all’ambiente casa”. “Stanno nascendo nuovi modi di lavorare che portano ad avere ambienti più fluidi dove, per esempio, una pausa caffè diventa uno dei principali momenti di condivisione”, aggiunge Alessandro Fantoni, responsabile commerciale del Gruppo Fantoni, un big da quasi 340 milioni di ricavi ottenuti in quota prevalente dalle forniture di semilavorati all’industria italiana e internazionale del mobile e diventato anche uno dei top player nel mondo dell’ufficio. Nel 2017 il gruppo ha totalizzato una crescita dell’11 per cento. “Merito di alcune grosse commesse, tra cui quella in Russia per due ministeri, e di altri importanti ordini per sistemi fonoassorbenti”, aggiunge Fantoni, specificando che si tratta per lo più di forniture dirette. E, sempre nell’ambito dei cambiamenti del mondo dell’ufficio, l’imprenditore friulano sottolinea: “la corretta gestione degli spazi è una leva importanti per gestire il patrimonio umano. Per questo sono comparse le cucine e le aree break, così come, le acoustic room, le cosiddette scatole nelle scatole per consentire la massima concentrazione”. L’ufficio 4.0 è già una realtà ben consolidata e le aziende italiane sono riuscite nell’impresa di comprenderlo per tempo. Se ben gestita, questo vantaggio potrà fare la differenza per conquistarsi sempre più spazio in Italia e all’estero.
di Milena Bello