Gli studi italiani di architettura e design non possono competere per dimensioni con i big esteri, e il calo registrato nel 2018 da due dei primi tre player non è un bel segnale. Tuttavia, gli equilibri cambiano e si affacciano nuove realtà. Il leader per fatturato è Lombardini22, il top performer
Mario Cucinella.
Il 2018 è stato un anno di notevole crescita per i leader italiani della progettazione. Secondo l’elaborazione di Guamari, le prime cinquanta società di architettura e design hanno fatturato oltre 267 milioni di euro, mettendo a segno un incremento vicino al 17% rispetto l’esercizio precedente. In aumento double digit (+10%) anche la marginalità calcolata in ebitda, per un totale di 38 milioni equivalenti a un’incidenza del 14% sul giro d’affari. Ai vertici sale Lombardini22, terzo nel 2017, per effetto di un anno fortemente positivo e caratterizzato da un 29% in più di ricavi. Retrocedono di una posizione One Works e Renzo Piano Building Workshop, entrambi in perdita di fatturato e in calo anche sotto il profilo delle marginalità, comunque attive. Il bilancio finale è positivo, ma basterà per avvicinare le performance italiane a quelle dei big internazionali del progetto?
RESTANO PICCOLE
“Il gap non si riduce affatto”. È lapidario Aldo Norsa, architetto e docente allo Iuav, curatore dello studio pubblicato dalla società di ricerche Guamari. Estesa alle prime 150 società di architettura, la ricerca conferma lo stato di buona salute. “Nonostante le dimensioni ridotte, perché le società rimangono circa sei volte più piccole delle omologhe dell’ingegneria, la cifra d’affari cresce rispetto al 2017 del 13,2% (con una quota all’estero del 20,8%), la redditività migliora del 14,8% per quanto riguarda l’ebitda e del 39,8% in termini di utile netto. Solo cinque realtà sono in perdita. La posizione finanziaria si mantiene attiva e migliorata del 48,6% e anche il patrimonio netto si incrementa del 18,5 percento”. Ciononostante, le dimensioni continuano a essere ridotte. Il professor Norsa evidenzia un dato: “Se anche considerassimo l’intera produzione di Renzo Piano Building Workshop, sommando al fatturato della società italiana (13,2 milioni) quello della società francese (42,9 milioni), il valore aggregato di 56,1 milioni sarebbe 21 volte inferiore a quanto fatturato dal leader mondiale, lo statunitense Gensler”. Inoltre, in prospettiva, ci sono elementi contrari alla crescita dei protagonisti del podio: è il caso delo studio di architettura di Renzo Piano che, come avviene già nelle aziende produttrici, dovrà affrontare il problema della successione. Le crescite italiane non sono tali da colmare un gap importante.
L’aspetto burocratico non facilita lo sviluppo delle società di architettura della Penisola né invoglia le realtà straniere ad investire sul nostro territorio.
“I grandi nomi esteri – afferma Norsa – che erano presenti in Italia sono quasi tutti fuggiti. Da noi manca la continuità e ci sono troppi problemi tributari e burocratici da sostenere. Abbiamo dei committenti un po’ primitivi, e un sistema di concorsi che non brilla per serietà. E poi, se vogliono il talento italiano, gli studi esteri possono portarselo a Londra, che sta a un’ora e mezza di aereo. Le nostre società hanno quindi importanti nicchie in cui prosperare, ma temo non potranno mai diventare dei big della progettazione o dell’interazione tra architettura e ingegneria”.
METODO LOMBARDINI
Il leader Lombardini22 è diventato tale grazie a una politica di crescita omogenea e a un modello che, racconta il partner e ceo Franco Guidi: “Si basa su una struttura di servizi, che noi chiamiamo ‘la piattaforma’, e su una suddivisione in business unit dedicate alle specialità. Oggi abbiamo quelle per il retail, l’hospitality, la urban & builing, l’architettura ‘classica’, le società Fud (marketing e branding) e Cap Dc (datacenter, jv con società francese). Senza dimenticare naturalmente Degw, che è la più importante per fatturato e opera nella progettazione integrata di ambienti per il lavoro”. Risultato: 15,7 milioni di ricavi e oltre 2 milioni di ebitda. Il limite già evidenziato dello studio con base a Milano, che fa riferimento a un numero importante di soci (sette in tutto), è nella predominanza del mercato interno, dal quale dipende il 93% del fatturato, ma Guidi controbatte: “Siamo boots on the ground, il nostro modo di fare architettura è molto concreto e si basa sulla volontà di seguire un progetto dall’inizio alla fine. Andare all’estero per poi perderne il controllo non fa parte dei nostri schemi. Siamo un’architettura di servizio e non una firma da sfoggiare”. Ciò non significa che la crescita all’estero sia estranea al business plan; è prevista per l’ambito degli uffici e tramite consulenze, esportando così dei concept senza particolari problemi di delivery. Intanto Lombardini22 si gode il momento d’oro di Milano, che oggi pesa da sola per un 40% sul fatturato di progettazione, e cresce anche a Roma, dove lo scorso anno ha incassato all’incirca 2,5 milioni di euro. “Il risultato del 2018 è frutto di una continuità e di una impostazione che ci siamo dati e che continuerà anche per il 2019, destinato a chiudersi in ulteriore crescita. Il settore più performante è l’ospitalità al pari degli uffici, dove siamo impegnati all’interno della nuova torre di PwC in costruzione a Citylife. Ma anche nel retail, nonostante o forse proprio grazie alla crisi che ha colpito i negozi, stiamo lavorando molto in chiave di aggregazione di spazi nuovi”. In prospettiva, potrebbero arrivare nuove business unit: si parla di ospedaliero e di residenziale contemporaneo (student housing, senior housing, etc).
IL BALZO DI CUCINELLA
Il titolo di top performer 2018 tra i primi dieci in classifica spetta a Mario Cucinella Architects: in un solo anno, lo studio bolognese è cresciuto del 70%, scalando dieci posizioni e chiudendo al sesto posto con quasi 8,8 milioni di ricavi, derivanti per il 72% dall’Italia, e con ottima marginalità. “È il frutto di un lavoro iniziato tanti anni fa e che ci ha portato, coniugando la ricerca della qualità architettonica con la sostenibilità ambientale, a vincere importanti concorsi internazionali, come quello ad Accra in Ghana”, ci racconta Enrico Iascone, amministratore unico, da vent’anni a contatto con il fondatore Mario Cucinella (“fin dai tempi della facoltà di Architettura a Ferrara”) e da cinque anni inserito nella struttura. E se in Italia lo studio Mca spazia senza problemi dalla progettazione di poli scolastici e ospedali (“Perché sono opere importanti per il Paese e Cucinella è sensibile a tutto questo”, precisa Iascone) alla torri come quella di Unipol a Milano, città dove ha anche seguito il Museo Fondazione Luigi Rovati o il progetto di rigenerazione urbana SeiMilano (senza dimenticare il nuovo San Raffaele), all’estero in questo momento le opere più significative sono legate a Vienna (con le due torri al parco del Prater), Tirana (Met Building, a uso misto residenziale e commerciale) e Algeri. Una particolarità di Mca è l’investimento effettuato internamente nella piattaforma digitale Bim, acronimo di Building Information Modelling: “Ne parliamo poco, ma è tra le più importanti all’interno del nostro panorama”, afferma l’amministratore della società, illustrando un comparto specializzato interno che comprende ben 47 addetti dedicati. Si aggiunge poi la business unit per la renderizzazione, con quattro professionisti specializzati che presto diventeranno sei. “Grazie a questi investimenti, portiamo avanti tutti i nostri progetti senza alcuna forma di outsourcing”. E se la crescita del 2018 è stata monstre, quella del 2019 sarà comunque significativa. “Certamente non saliremo di un altro 70%, ma contiamo di arrivare a un incremento double digit o molto vicino ad esso. Con il tempo, realizzando le cose, abbiamo acquistato più credibilità, trasmettendo fiducia e solidità”. Si punta perciò al 50% del fatturato estero e a tal fine, lo scorso anno, è stato aperto un ufficio a New York per aprire nuove prospettive in area Nord e Sud America. “Non ci diamo un limite di crescita, ma dobbiamo fare architettura nel rispetto del nostro Dna e non cresceremo mai a discapito della nostra filosofia di operare”, conclude Iascone.