Uno tra i più prestigiosi premi d’architettura internazionali torna in Giappone. La giuria del Pritzker Architecture Prize ha assegnato il primo posto dell’edizione 2024 a Riken Yamamoto. “Per aver creato nella comunità – si legge nella motivazione espressa dalla giuria – la consapevolezza di quale sia la responsabilità della domanda sociale, per aver messo in discussione la disciplina dell’architettura per calibrare ogni singola risposta architettonica, e soprattutto per averci ricordato che in architettura, come in democrazia, gli spazi devono essere creati dalla volontà delle persone”.
Nato nel 1945 in Cina – ma da una famiglia originaria di Yokohama in Giappone – dopo aver completato gli studi tra Nihon e Tokyo e aver ricevuto la sua formazione con Hiroshi Hara, ha iniziato la sua carriera come architetto fondando lo studio d’architettura Riken Yamamoto & Field Shop Co. nel 1973.
Yamamoto è noto per il suo approccio innovativo e concettuale alla progettazione architettonica, che spesso integra elementi della tradizione culturale nipponica con le più moderne tecnologie e idee. La sua opera è caratterizzata da un forte senso di spazialità e dalla creazione di luoghi che favoriscono l’interazione sociale e la connessione con l’ambiente circostante. Tra i suoi progetti più noti vi è il campus della Yokohama City University, divenuto celebre per il suo design innovativo e sostenibile. Altri lavori significativi includono la Fussa City Hall di Tokyo (2010) e lo Yokosuka Museum of Art del 2006.
Nel corso degli anni Yamamoto ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui il Japan Institute of Architects Prize nel 1997 e il Mainichi Art Award nel 2000. È stato anche professore ospite presso numerose università in Giappone e all’estero, contribuendo così alla formazione delle future generazioni di architetti. Inoltre la sua influenza ha saputo estendersi oltre i confini nazionali della sua patria, con progetti e commissioni in tutto il mondo. La sua visione architettonica si basa sull’idea di creare spazi che non solo soddisfino le esigenze funzionali, ma che ispirino anche emozioni e favoriscano l’interazione umana.