Architetto, designer e ingegnere, Carlo Ratti, con il suo studio spinge la progettazione sempre un passo oltre, unendo le soluzioni all’avanguardia alla sensibilità per l’ambiente, per dare un suo contributo al miglioramento della società
L’attività progettuale di Carlo Ratti Associati sembra essere declinata, con successo, in tutte le scale possibili. Che sia un intervento urbano, un progetto architettonico o un design d’arredo, l’approccio di base risiede nella volontà di realizzare lavori che percepiscano e rispondano alle esigenze della società del presente, anticipando quella del futuro. E appare più che mai attuale l’attenzione alla sostenibilità, tematica da anni cara a Ratti e al suo studio, tanto da averla raccontata in molte delle sue sfaccettature nei suoi progetti più recenti, non ultimo il padiglione LivingNature presentato davanti a Palazzo Reale durante il Salone del Mobile 2018. Oltre ad avere un approccio estremamente pragmatico, Ratti affronta il suo lavoro anche con una propensione puramente teorica che lo porta a presenziare a tavoli internazionali, su tutti quello della Biennale di Urbanistica\Architettura che si terrà a fine anno a Shenzhen, in Cina, e di cui egli stesso sarà curatore. L’intuizione di Ratti consiste nella ricerca di soluzioni diverse, fortemente tecnologiche, per migliorare ciò che la società possiede: i risultati delle ricerche condotte dallo studio stanno dimostrando infatti quanto l’uso della tecnologia sia solo agli inizi delle sue potenzialità come reale strumento di crescita e soluzioni in ottica sostenibile. In questo senso, lo studio ha all’attivo progetti urbanistici come il piano di 10 milioni di metri quadrati per re-immaginare l’ex sito di Milano World Expo 2015, insieme al gruppo immobiliare australiano Lendlease, e come il masterplan per il quartiere Biotic a Brasilia, polo di sviluppo scientifico e tecnologico pensato per promuovere un ecosistema d’innovazione attraverso una struttura integrata tra mondo accademico, governo e iniziativa privata.
Il termine sostenibilità appare ormai inflazionato. A che punto siamo veramente?
Vero, la parola sostenibilità è inflazionata, ma in realtà racchiude in sé un concetto molto importante e senza tempo: la capacità di soddisfare i nostri bisogni senza compromettere quelli delle generazioni future. Proprio in questo senso nel 1987, la Brundtland Commission delle Nazioni Unite definì lo sviluppo sostenibile. Direi che, in questo contesto, le nostre città posso giocare un ruolo chiave alla scala globale: se le miglioriamo, anche solo marginalmente, possiamo avere un grande impatto sull’intero pianeta.
Quanto grande?
Sono quattro i numeri che ne caratterizzano l’importanza: 2-50-75-80. Al livello globale, le città costituiscono il 2% della superficie terrestre ma accolgono il 50% della popolazione e sono responsabili per il 75% del consumo energetico e per l’80% delle emissioni di CO2. Sostenibilità e tecnologia vanno di pari passo: sono infatti le nuove tecnologie a permetterci di usare in modo più sostenibile le infrastrutture urbani esistenti, per esempio attraverso la condivisione. Si pensi alla mobilità: oggi, in media, una macchina viene tenuta in movimento soltanto per il 5% del tempo. Il restante 95% invece è inutilizzata, parcheggiata da qualche parte. L’arrivo delle auto a guida autonoma aumenterà la domanda di condivisione, già oggi in crescita grazie a servizi di car sharing. Credo questa sia la strada per creare sistemi urbani più sostenibili.
Quale settore progettuale è da considerarsi più all’avanguardia nell’approccio alla sostenibilità?
Difficile fare una classifica, ma posso dire che nel mondo del design l’urgenza stia iniziando a farsi sentire. Aggiungo però che uno dei settori dove c’è maggiore urgenza di innovazione sia quello delle costruzioni, perché risulta essere l’industria con un tasso di digitalizzazione fra i più bassi, comparabile, per intendersi, a quello dei settori caccia e pesca! Per superare la paura del cambiamento e la mancanza d’incentivi, nel nostro gruppo stiamo mettendo in piedi una squadra di “Innovative Makers” per provare a introdurre nell’industria delle costruzioni delle logiche di interconnessione e automatizzazione, basate sull’IoT (Internet of Things) e sull’uso dei dati.
Quali vostri progetti possono essere considerati come dei precursori dei tempi?
Torno a fare riferimento al progetto “Living Nature” che abbiamo realizzato insieme al Salone del Mobile in piazza del Duomo a Milano, in occasione della scorsa edizione, perché rappresentativo di nuove esigenze. La spinta verso una riflessione sulla sostenibilità, da cui ha tratto origine il nostro progetto, arrivava proprio dagli organizzatori della grande rassegna milanese: si è trattato di un padiglione che, grazie a un sistema innovativo e sostenibile di gestione energetica, consentiva di far convivere le quattro stagioni dell’anno sotto lo stesso tetto. Un progetto con il quale abbiamo voluto esplorare la relazione tra natura e città, con l’obiettivo di alimentare un dibattito sulla progettazione sostenibile nello spazio urbano.
E per la prossima edizione?
Ci siamo spinti oltre e stiamo lavorando su un progetto relativo all’economia circolare.
Quali valori guidano la sua progettazione?
Diversità e innovazione sono i valori fondamentali per Carlo Ratti Associati. Valori molto lontani dalla visione dell’architetto-eroe tipicamente novecentesca. Abbiamo in mente una figura diversa: quella di un architetto ‘corale’, cioè un architetto che concepisce la progettazione come un’attività partecipativa. Un modo di progettare meno orientato all’affermazione del proprio ego e dedito invece all’orchestrazione, come un vero e proprio direttore d’orchestra capace di mettere insieme le varie voci. Ed è questo il ruolo che credo dovrebbe ricoprire oggi il progettista. Nel design si sta affermando sempre di più la pratica del riciclo dei materiali, la plastica in primis. E’ davvero la soluzione? Riciclare la plastica è sicuramente un passo necessario. Ad oggi, secondo l’OCSE, soltanto il 15% della produzione mondiale viene raccolta e riciclata. In un futuro – spero vicino – potremmo servirci della tecnologia per cambiare questa situazione: immaginiamo, ad esempio, quando i rifiuti conterranno al proprio interno chip con informazioni su come essere riutilizzati. Avremo il cosiddetto paradigma del Cradle to Cradle – dalla culla alla culla – un’idea per cui il sistema produttivo, al pari di un ciclo biologico, è in grado di rigenerare ogni suo prodotto.
Ragionando invece su una scala urbana, state lavorando a qualcosa di nuovo e sostenibile?
Sì, a Singapore. Un grattacielo di 280 metri, in costruzione e progettato insieme allo studio danese di BIG per il grande sviluppatore Capitaland, che al suo cuore, sospeso a centinaia di metri di altezza, svela una foresta tropicale, un grande spazio pubblico affacciato sulla città!
E nel nuovo masterplan di Brasilia che valore ricoprirà la sostenibilità? Sarà una nuova forma di Senseable City?
A Brasilia, stiamo lavorando su BioTIC, un parco tecnologico, votato all’innovazione, che farà da elemento di congiunzione tra la città e la biodiversità della verdeggiante regione del Cerrado. Il nostro obiettivo è quello di rispettare entrambi questi elementi, creando una simbiosi tra città e natura. Il progetto userà la tecnologia per rendere il verde sempre più abitabile, incorporando elementi tecnologici al suo interno, così da dar vita ad uno spazio dove vivere, lavorare e passare il tempo libero.