Dimore d’epoca, spazi contenuti, breve durata e selezioni molto accurate. Dalle rive del lago di Como alla laguna di Venezia, da Catanzaro a Londra, un’inchiesta sui nuovi format espositivi per mettere in mostra le eccellenze del design italiano.
Non sono fiere da padiglione, ma ospitano pezzi di design, non sono mostre perché i prodotti esposti sono anche in vendita: nell’epoca dove tutto è globale, la voglia di piccolo ed esclusivo diventa trend. L’evento totalizzate del Salone del Mobile, che ogni hanno fa il pieno di presenze, a volte non basta a mostrare il variegato mondo della creatività. Lo dimostra il grande successo di Art Basel, che l’anno prossimo compie 50 anni e le tante manifestazioni per collezionisti che ogni anno si svolgono in Europa e non solo. Sembra di poter leggere una tendenza che accomuna e fa convergere il mondo dell’arte e quello del design contraddistinti da confini sempre più sfocati che trovano proprio nell’oggetto, inteso come valore supremo, il punto d’incontro. Il format sembra semplice, location d’eccezione, breve durata, selezione accurata di oggetti, ma ogni manifestazione ha un linguaggio diverso con scopi ben precisi. Ogni evento porta dentro di sé un messaggio, un pensiero, una riflessione. E ci sono volte dove il messaggio è più importante della stessa esposizione di arredi. La curatela diventa determinate, significa conoscere in maniera diretta e profonda il lavoro di chi espone, mettere in comunicazione ciò che è esposto con il contesto locale, con l’utente finale e il compratore. L’anno in corso è stato caratterizzato da tanti eventi di design, alcuni nuovi, altri già consolidati, ma tutti con qualcosa di nuovo da raccontare.
Il primo in ordine di tempo è Edit Napoli, al suo debutto, un progetto di Domitilla Dardi ed Emilia Petruccelli, dove parte concettuale e imprenditoriale si bilanciano per offrire al pubblico di buyer, architetti, interior designer e retailer, un’offerta di qualità. Negli spazi dello storico del Complesso di San Domenico Maggiore, nel mese di giugno si sono incontrati più di 50 espositori con un ricco programma di eventi per promuovere il lavoro congiunto di designer, artigiani e aziende.
Dalla città Partenopea il design da collezione è arrivato all’inizio di settembre nella laguna di Venezia, e per la precisione nell’affascinante Palazzo Soranzo Van Axel. Parliamo di Nomad, una vetrina di pezzi unici di design, per collezionisti, che si tiene in un luogo diverso a ogni edizione, sempre in location di grande fascino, una piattaforma nata nel 2016 da un’idea di Giorgio Pace e Nicolas Bellavance-Lecompte. Le edizioni precedenti si sono tenute a Montecarlo, a Villa La Vigie, e a St. Moritz, a Chesa Planta. «La manifestazione è itinerante e si svolge sempre in dimore interessanti, spesso inedite al pubblico. – racconta Giorgio Pace – noi le affittiamo, le svuotiamo e a seconda delle stanze e della metratura, invitiamo le gallerie a presentare i loro progetti, che vengono selezionati da un comitato di esperti formato da collezionisti». Il tutto si basa su un dialogo tra il design, l’arte e l’architettura, quindi bei pezzi, unici, al confine tra arte e design, in location d’eccezione, dove l’esposizione diventa un’occasione per trascorrere il tempo libero in un modo diverso. «Tutti i prodotti sono contestualizzati, con luci naturali. – Continua a raccontare – niente faretti e luci fredde come nelle fiere.» La manifestazione è comunque elitaria per scelta, si entra solo su invito, tranne che tra i canali della Serenissima, dove la mostra è stata per la prima volta aperta al pubblico. «È un’esperienza culturale totalizzante, conclude il curatore- che porta comunque un bel giro d’affari per le gallerie e una buona affluenza di pubblico, visto che l’ultima fiera ha avuto 3.500 visitatori, nonostante l’elevato costo del biglietto». A Venezia c’erano anche alcuni progetti speciali, l’installazione Divine Pleasure del regista Luca Guadagnino per Dedar, un allestimento di India Mahdavi per Wonderglass, una serie di sculture di Antonio Marras per Galleria Rossella Colombari e un progetto speciale di Draga&Aurel, Ormeggi, per l’ingresso del Palazzo. «Mi piace l’idea di presentare i nostri lavori in location meravigliose e coinvolgere il pubblico in un percorso domestico», – racconta Draga Obradovic dello studio Draga e Aurel, che quest’anno ha partecipato agli eventi di Venezia, Londra e Como. In questi palazzi storici, continua, è più facile raccontare opere che si allontanano dalla mera proposta industriale. Anche se non sono luoghi di vendita immediata, questi eventi sono una vetrina prestigiosa per mostrare prodotti, che sono pezzi unici e artigianali».
Tra il 19 e il 22 settembre, quasi in contemporanea, sono andati in onda altre tre manifestazioni, tutte diverse ed egualmente evocative di una riflessione profonda sul design. Dopo il successo della prima edizione, la Lake Como Design Fair, la kermesse dedicata al design, a metà strada tra mostra e fiera, ha debuttato sulle rive del Lario e ha allargato il suo sguardo verso l’architettura, riunendo il pubblico di appassionati in un unico evento. All’interno di quel triangolo magico, che raccoglie in pochi sguardi il teatro, il palazzo del Broletto e poco più il là l’ex Casa del Fascio progettata da Giuseppe Terragni, il visitatore e stato guidato alla scoperta del caleidoscopico mondo della creazione. La manifestazione divisa in due sezioni ben distinte, da una parte il design (al teatro) e dall’altra l’architettura (al Broletto) ha seguito, come filo conduttore il tema del colore. Al timone dell’iniziativa, voluta dall’associazione Wonderlake Como, ci sono Margherita Ratti, professionista impegnata nella gestione e nella comunicazione di progetti tra arte, design architettura in Italia e in Francia e fondatrice della piattaforma it’s Great Design, e Andrea Kofler, poliedrico architetto, che affianca alla sua attività professionale, anche l’insegnamento, alla facoltà di Architettura di Versailles e l’attività di curatore al Museo svizzero di Architettura a Basilea. Rispetto al concetto di fiera tradizionale, c’è la volontà di fare qualcosa di diverso. «Ho scelto pochi prodotti, li racconto contestualizzandoli senza gerarchia» racconta Margherita. La fiera priva della ripartizione in stand, sembra infatti una mostra, dove tutto è in vendita. Un successo di pubblico e anche di vendite, che ancora non convince Margherita che da vera visionaria, vorrebbe di più. «Una parte del design intrattiene con la sfera dell’arte un rapporto intrigante e fecondo, continua Margherita, ma il pezzo d’autore deve uscire dal mondo dei collezionisti e arrivare più vicino alla gente. Deve poter essere comprato e capito dal maggior numero di persone possibile. Spesso in queste manifestazioni tutto si riduce all’attimo, allo sguardo, e si conclude con un post o una storia su Instagram». Ed è per questo che l’appuntamento comasco era aperto anche alle aziende che per l’occasione hanno fornito pezzi ad hoc. C’era Campeggi con Lazy Basketball la giocosa seduta disegnata da Emanuele Magini, JCP con il vaso Glacoja di Analogia Project e con il tavolino Sapovria Re di Sovrappensiero, Living Divani con la poltrona Frong Lounge di Piero Lissoni, Segis con la seduta Trono firmata Sottsass Associati e Malerba con la libreria Stem di Philippe Nigro.
Un altro modo, un’altra visione del mondo: a Catanzaro, all’interno di Materia, alla sua terza edizione, il design si trasforma in festival. Il tema è quello del progetto mediterraneo e dell’identità. «È la prima fiera nata nel sud Italia, racconta il designer calabrese Antonio Aricò, che da quest’anno è l’art director dell’evento. Con questa edizione ho posto l’attenzione su riflessioni legate alla parola design; ho voluto allontanarmi dal mondo delle fiere classiche, per focalizzarmi su operazioni comunicative che mirano a raccontare il fascino della mia terra, la Calabria, che merita di essere narrata con nuova dignità. Ho voluto che rappresentasse lo stile di vita del sud con una chiave di lettura diversa». I progetti erano tutte autoproduzioni in perfetta sintonia tra loro e con l’idea di partenza. Location principale il Complesso Monumentale del San Giovanni ma gli eventi si sono spinti in altri luoghi invadendo pacificamente la spiaggia e il Centro Storico. Oltre alla mostra, anche tanti talk, esposizioni, laboratori, workshop ed eventi serali con ospiti importanti come Valentina Fontana Castiglioni, vicepresidente dell’azienda Fontana Group e ideatrice del progetto di design Altreforme, le designer Sara Ricciardi e Astrid Luglio. Un’idea forte, che viene dalla provincia, con una carica emotiva molto forte, tanta energia e un bagaglio di oltre 10 mila presenze.
Bisogna lasciarsi alle spalle il Mediterraneo e i colori delle terre del sud per scoprire l’ultima, ma non meno interessante, divagazione sul tema fiere di arredo. I colori ora sono quelli di Londra, ma anche questa volta il design parla italiano. La location è sempre prestigiosa la Saatchi Gallery, che in occasione del London Design Festival, ha ospitato I-MADE (Italian Manifacture, Art and Design Exhibition), una mostra curata da Giulio Cappellini che raccoglie il meglio del design italiano. Il progetto espositivo, vuole raccontare l’unicità, la creatività e la qualità dell’arredamento nostrano attraverso una selezione dei marchi più rappresentativi. All’interno della galleria i pezzi sono presentati in percorsi tematici con l’obiettivo di restituire un racconto sull’abitare e sulle sue prospettive future. In scena, tanti nomi del made in Italy e nella sezione Souvenir d’Italia, una preziosa vetrina dedicata a piccoli accessori per la casa, come la radio Cubo di Marco Zanuso per Brionvega, i vassoi di Gae Aulenti per Bottega Ghianda o gli oggetti in argento di Franco Albini e Franca Helg per San Lorenzo.