Il distretto di Sassuolo è leader della ceramica industriale e vale 3,7 miliardi di export. La sua forza è la capacità di innovare tecnologie e prodotti. La principale sfida da affrontare riguarda la logistica.
Scrivi ceramica e leggi Sassuolo. L’importanza del distretto industriale emiliano, composto da otto comuni posizionati al confine tra le province di Modena e Reggio, è tale da far apparire perfino insensata una distinzione tra l’economia nazionale del settore e quella locale. Da questo territorio relativamente piccolo e distribuito lungo il corso della Secchia trae origine più dell’80% del fatturato ceramico italiano, ottenuto prevalentemente all’estero. Nel 2016, secondo i dati di Confindustria Ceramica, le imprese reggiane e modenesi hanno esportato ceramiche per un valore complessivo di oltre 3,7 miliardi di euro. “Un risultato – sottolinea Franco Mosconi, docente di Economia industriale all’università di Parma – che colloca il distretto sassolese al primo posto fra quelli regionali, sopravanzando di circa 1 miliardo di euro l’altro colosso emiliano, le macchine per l’imballaggio di Bologna”. E il trend è decisamente positivo, testimoniato dal +8,6% in valore oppure +6,6% in mq delle esportazioni nel primo trimestre 2017, che promette di essere il quarto anno consecutivo di crescita. La forza di Sassuolo e il suo peso dominante appaiono ancora più evidenti in chiave internazionale se consideriamo gli investimenti effettuati dai maggiori gruppi industriali all’estero, in particolare negli Stati Uniti, per aprire stabilimenti e produrre in loco, riducendo i tempi di consegna e superando l’ostacolo rappresentato dal trasporto intercontinentale di un materiale pesante per sua natura. Una forza che, sostiene il presidente nazionale di Confindustria Ceramica Vittorio Borelli, trae origine innanzi tutto dalla propensione a investire in ricerca e innovazione. “Lo scorso anno – spiega Borelli che opera nel settore come amministratore delegato di Fincibec Group – gli investimenti complessivi delle imprese ceramiche italiane sono aumentati del 14% e hanno superato i 400 milioni di euro, pari al 7,4% del fatturato annuale. Sono numeri da aziende hi-tech, più che da comparto manifatturiero! Ed è questa volontà di investire che ci permette di primeggiare a livello mondiale per capacità di innovare prodotti e processi”. L’innovazione più significativa degli ultimi anni è stata la creazione della lastra di grandi dimensioni, che oggi possono raggiungere e superare i tre metri di lunghezza. Il risultato è che un materiale tradizionalmente utilizzato nell’edilizia per la pavimentazione, o al massimo per coprire i muri in ambienti specifici quali cucina e bagno, oggi sale sempre pià in alto e viene richiesto per caratterizzare le facciate di palazzi e grattacieli. Inoltre, la riduzione degli spessori unita alla grandezza delle lastre ha reso la ceramica un materiale adatto non solo per la pavimentazione di abitazioni, ma anche di grandi superfici e quindi impiegabile nel contract per stazioni e aeroporti. Infine, il rapporto costruito negli anni dai top player sassolesi con gli architetti e i designer, anche questo frutto di continui investimenti, ha permesso loro di affermare l’impiego delle ceramiche come materiale alternativo nella realizzazione di mobili di design, armadi, tavoli, fino ai top delle cucine. Eppure, anche a Sassuolo la crisi ha morso, e duramente, negli ultimi anni, con una perdita produttiva che tuttora resta nell’ordine del 20 per cento. Puntare sull’export è stata una scelta obbligata per le imprese, a fronte di un mercato interno sempre più complicato e che per un decennio ha fatto segnare cali costanti di fatturato. Un primo segnale di inversione di tendenza è giunto nel 2016, con un aumento del 3,2% di volumi venduti in Italia per complessivi 82,8 milioni di metri quadrati, ma Confindustria Ceramica evidenzia che si tratta di meno della metà del mercato interno pre crisi. Oggi, dall’Italia dipende il 15% del giro d’affari, pari a 829 milioni di euro. “Prima o poi torneremo ai volumi pre-crisi – scommette Borelli – ma non dipenderà soltanto dalle nostre capacità. Al di là dell’importanza dei fattori geopolitici, del cambio euro/dollaro e del prezzo del petrolio, c’è un evidente limite del sistema Paese cui porre rimedio. Gli incentivi del piano Industria 4.0 hanno sicuramente costituito un impulso, ma se per ottenere un permesso necessario a costruire una nuova fabbrica occorrono sette anni quando invece negli Stati Uniti le nostre imprese le realizzano entro un anno dalla presentazione del progetto …”.
Più che i competitor internazionali, che pure esistono e sono agguerriti, le ceramiche di Sassuolo si trovano quindi a dover affrontare, paradossalmente, i rischi del dover operare in Italia e di non aver delocalizzato, gestendo inefficienze e costi di produzione più elevati, a cominciare da quelli energetici. Ciononostante, il primato globale dei sassolesi in termini di design e innovazione non si discute. Mosconi evidenzia il gap qualitativo tra le piastrelle prodotte in Emilia e quelle di altri distretti concorrenti, come Castellòn in Spagna e la provincia turca di Canakkale. “La leadership italiana – sottolinea il docente – non si esprime tanto sulle produzioni totali in quantità, bensì sulla percentuale venduta all’estero e sui prezzi medi di vendita, notevolmente più alti nel caso italiano: siamo a 13/14 euro/mq contro i 6-7 degli altri. Si tratta di un premium price che riflette, come minimo, il design, i materiali e la tecnologia. Certo, in prospettiva ci sono i miliardi di metri quadrati di piastrelle prodotti dalla Cina e dagli altri Paesi emergenti”. E la risposta competitiva è nella crescita dimensionale dei gruppi. “A Sassuolo – rimarca Mosconi – il processo è in atto da anni ed è il pre-requisito per una risposta che continui a essere all’altezza: un processo che deve continuare, al fine di creare un sempre maggior numero di player dalle spalle più larghe. Ed è alle maggiori dimensioni aziendali che sono positivamente correlati gli investimenti in conoscenza e quelli per l’internazionalizzazione”. I limiti alla competitività e una produttività inferiore ai livelli spagnoli sono i fattori critici evidenziati dalla stessa Confindustria Ceramica per il comparto italiano in generale. Si aggiunge poi un elemento direttamente riferito al distretto di Sassuolo, ovvero la questione logistica. In un comparto nel quale costi e tempi di trasporto hanno un peso determinante, i sassolesi si trovano non soltanto lontani dal mare e privi di un accesso diretto agli scali ferroviari, ma anche scollegati dall’asse autostradale A1-A23. Le aziende della ceramica devono fare miracoli per movimentare, in tali condizioni, 23 milioni di tonnellate l’anno tra materie prime e prodotto finito, utilizzando per l’85% il trasporto su gomma e per il restante 15% su rotaia. “Quello logistico – afferma Amedeo Genedani, imprenditore del distretto e presidente nazionale di Confartigianato Trasporti – è un problema a cui le nostre piccole aziende hanno posto rimedio con un servizio customizzato, svolgendo un lavoro più simile a quello di un corriere espresso e consegnando ‘pacchettini’ che, nel caso delle ceramiche, finiscono per pesare 10-15 chili per ogni scatola. È chiaro però che servono urgentemente infrastrutture”. Il governo, per voce del ministro Delrio che in quanto reggiano conosce bene il distretto, ha recentemente assicurato che il collegamento autostradale Sassuolo-Campogalliano sarà fatto e con esso anche la connessione allo scalo merci ferroviario di Marzaglia, esistente ma inutilizzato, attraverso il quale si otterrebbero vantaggi importanti per il trasporto delle piastrelle in Germania e nord Europa.
di Andrea Guolo