Poltrona Frau, Turri e Minotti sono stati fra i primi a sbarcare in Cina con filiali commerciali e reti retail capillari. Per avere un vantaggio competitivo in vista dell’ascesa del gusto luxury-modern.
Un’inaugurazione in grande stile ha celebrato lo scorso ottobre l’apertura del nuovo flagship store di Poltrona Frau a Shanghai, all’interno del Jing’An District. Progettato da Amdl Circle, studio creativo multidisciplinare fondato da Michele De Lucchi, è a oggi il più grande spazio espositivo del brand di Lifestyle Design e conferma con la sua imponenza una strategia di lungo corso di sviluppo sulla Cina che non è destinata a fermarsi, nonostante il momento di crisi del Paese.
“Dopo Shanghai apriremo più punti vendita nelle metropoli principali come Pechino, per cui pianifichiamo un secondo spazio, così come a Shenzhen, ma anche in città minori. Manteniamo salda la fiducia su una ripartenza e confidiamo che la Cina possa continuare a essere il mercato più importante per Poltrona Frau, attualmente primo per export. Siamo arrivati qui come pionieri e costituito un team dedicato, separando strategicamente il Paese dall’Apac, grazie alla visione lungimirante di Dario Rinero (CEO del gruppo che fa capo all’americana Haworth, ndr)”, racconta l’AD Nicola Coropulis. “I fattori geopolitici mi spingono a pensare che ci sarà la creazione di ecosistemi separati: Occidente, Oriente e Russia, ma il fattore più allarmante rispetto al territorio è la crisi del real estate. La bolla immobiliare rischia di rallentare un settore trainante per la crescita dell’arredo. Nonostante ciò, noi non riduciamo la pressione e, anzi, cresceremo anche sul fronte retail”.
Con i suoi 2 mila metri quadrati all’interno del centro commerciale di East Hengton Road, lo spazio architettonico si configura come un centro di aggregazione creativo, punto di incontro tra progettazione e innovazione. Poltrona Frau è tra gli “avventurieri” che si sono spinti nel Far East circa 20 anni fa e che hanno fortemente creduto in uno slancio cinese che ha ripagato le attese, almeno fino alla pandemia. Di questa manciata di brand fa parte Turri (ora di IDB-Italian Design Brands), che è arrivato in Cina quando ancora qui era dominante il gusto per il classico, soppiantato nell’ultimo decennio da una preferenza più orientata al contemporaneo.
“Gli scenari del mercato hanno iniziato a cambiare e anche per noi è stato funzionale virare su di una tipologia di prodotto luxury-modern”, spiega il CEO Andrea Turri. “Negli anni post-Covid abbiamo cambiato dealer e oggi stiamo presidiando il Paese con 13 negozi. Nonostante il rallentamento, che secondo le stime proseguirà anche nella prima parte del 2024, il Paese è importantissimo anche per la cultura e le abitudini legate all’acquisto di una casa e a ciò che la arreda, non dissimili dalle nostre. Quindi non si può prescindere dalla Cina. Bisogna esserci e seminare, costruire rapporti personali e imparare a comprendere le persone e i loro costumi”. Per il futuro, Turri allargherà il perimetro di presenza su città che stanno crescendo, con l’obiettivo di arrivare a 20 store nel giro di due anni. “Se il momento è critico per gli stranieri, non va trascurato il fatto che il mercato interno sta comunque galoppando, e lo dimostrano gli scali sovraffollati dei voli nazionali”, precisa il manager.
Gusto e scenari in netto cambiamento
Accorciare le distanze e rafforzare la brand awareness ha permesso a Minotti – un altro family business italiano – di crescere sulla piazza cinese in oltre 20 anni di presenza. Forte oggi di 10 flagship store nelle principali città della Mainland China (l’ultimo, inaugurato lo scorso settembre è quello di Chongqing) e di un monomarca a Hong Kong, l’azienda ha tra i primi scommesso sul potenziale dell’area, che sta continuando a evolvere in termini di sensibilità rispetto al design. “Nei decenni abbiamo messo a punto una nostra strategia distributiva unicamente attraverso flagship store, spazi interamente dedicati al marchio, con l’obiettivo di comunicare a tutto tondo la nostra identità, muovendoci in perfetta sintonia con lo spirito e la cultura del luogo, coniugando locale e globale all’interno di atmosfere uniche e coerenti con l’essenza di Minotti”, afferma Renato Minotti, co-CEO di Minotti con il fratello Roberto, seconda generazione nell’azienda di famiglia. “Siamo stati presenti a varie edizioni del Salone del Mobile di Shanghai e insieme ai nostri partner locali abbiamo avuto il coraggio di guidare il settore, intuendone il cambiamento verso un lifestyle più completo e una trasformazione di gusto dal classico al contemporaneo”.
Inserita nel 2022 nel Registro speciale istituito dal Mise-Ministero dello Sviluppo Economico dei Marchi storici di interesse nazionale, Minotti per il prossimo anno ha in progetto nuove aperture e un piano di comunicazione studiato appositamente per questo mercato. Del resto, il presidio del territorio è oggi più che mai essenziale, per come stanno cambiando le consuetudini di consumo. Una ricerca di Statista.com, piattaforma internazionale di dati e business intelligence, ha analizzato il fenomeno del “Made in China, sold in China”: se nel 2015 più di tre quarti dei consumi di lusso degli acquirenti cinesi erano effettuati all’estero, la quota è diminuita drasticamente a causa prima dell’innalzamento dei limiti di spesa nella zona duty-free di Hainan, e poi delle restrizioni ai viaggi legate alla pandemia. Nel 2021 si stimava che la vendita al dettaglio nazionale rappresentasse il 99% del totale di vendite di lusso nel Paese. Secondo un sondaggio del 2023, riportato dalla piattaforma tedesca, gli acquirenti cinesi di beni di lusso preferivano acquistarli nella Cina continentale per via del servizio attento e della comodità. Non solo: il passaggio dall’esterno all’interno è avvenuto non solamente nei luoghi di acquisto, ma anche nei marchi preferiti. Insieme alla crescente fiducia e patriottismo, la maggioranza dei customer ha dichiarato che sosterrebbe le aziende di lusso nazionali, se la qualità e il prezzo fossero agli stessi livelli dei marchi stranieri. Questo target è invogliato anche da una vicinanza culturale ai propri gusti e a una maggiore efficienza nell’assistenza post-vendita, nonché da una difficoltà attuale di movimentazione verso l’estero. Ecco perché non solo è imprescindibile essere sul territorio, ma anche farlo in modo sistematico e convincente, così da non perdere l’appeal consolidato sui consumatori che già identificano il prodotto italiano come sinonimo di qualità e status symbol, ma anche sui potenziali nuovi (e giovani) acquirenti.
Ecco chi è cresciuto in Mainland China nel 2023
Di recente anche Visionnaire ha accelerato la sua strategia distributiva sulla Cina, con l’opening di uno store a Ningbo, città della costa orientale, così come Ernestomeda, che lo scorso ottobre ha aperto uno spazio di 190 metri quadrati a Shanghai per ospitare tutta la gamma di cucine del brand e confermare le aspettative riposte nel mercato cinese, con l’obiettivo di rendere il marchio uno dei simboli del Made in Italy più riconoscibili sul territorio. Anche Porro ha aperto durante la scorsa estate i nuovi monobrand di Shenzhen Geecasa, in collaborazione con Fuyicasa e Pechino, in partnership con Jiancasa. “È per noi un onore pensare che i nostri prodotti, realizzati nello stabilimento produttivo in un’area verde tra Milano e Como, siano così apprezzati dal pubblico cinese”, aveva raccontato in quell’occasione Maria Porro, commentando la volontà di rafforzare la presenza sul Paese, uno dei mercati chiave del brand italiano. Ancora Shanghai si è rivelata una piazza strategica per lo sviluppo strategico della nuova Fendi Casa, marchio approdato tra i primi in Cina quando ancora era prodotto e distribuito da Luxury Living Group (e attualmente presente con insegne multibrand, monobrand e shop-in-shop). Dopo la costituzione nel 2021 della joint venture FF Design con Design Holding, e l’inaugurazione del flagship nel centro storico di Milano, il brand ha debuttato quest’anno con il primo flagship in Asia, al 1818 di Nanjing West Road, storica via dello shopping nel Jing’An District. Sviluppato su una superficie di 640 metri quadrati, al ground floor di un building iconico, così come quello di Piazza della Scala, lo store esplicita i caratteri distintivi della griffe romana. “L’Asia e la Cina sono da sempre degli interlocutori privilegiati per Fendi Casa e l’apertura della boutique di Shanghai rappresenta per noi una sfida e un’opportunità: l’obiettivo è consolidare la presenza internazionale attraverso uno spazio fortemente identitario che racchiuda non solo l’estetica, ma anche i valori, la storia e lo spirito della maison», aveva commentato Alberto Da Passano, Ceo di FF Design.
In Asia arriva la cultura del design italiano
Tra chi ha scommesso già da anni sulla Cina c’è anche il lighting di Foscarini, che nel 2019 ha anche aperto una filiale commerciale a Shanghai con personale e magazzino locali, rafforzando la presenza e confermando una strategia di crescita per le vendite sui mercati extra-europei, consolidando la fiducia dei consumatori asiatici anche grazie all’offerta di prodotti con marchio CCC (China Compulsory Certificate). “L’importante investimento che l’azienda sta affrontando sul mercato asiatico”, commenta Carlo Urbinati, fondatore e presidente di Foscarini, “ha l’obiettivo di estendere la conoscenza e la comprensione della nostra collezione, composta da lampade di design molto differenti tra loro per stile, materiale, effetto luminoso, ma tutte accomunate dalla forte personalità e dalla capacità di trasformare lo spazio. Più in generale, ritengo sia necessario portare in Asia la cultura del design italiano”.
di Vittoria Giusti