Materiale antico e nel contempo carico di valenze contemporanee, la pietra è la protagonista di ‘Next Creatures’, la personale di Raffaello Galiotto che l’ADI Design Museum di Milano ospita dal 14 al 23 aprile nei 270 metri quadrati dei suoi spazi ipogei. La mostra, che comprende 21 oggetti che vanno dalle sculture di dimensioni ridotte ai pezzi più importanti, dai 10 ai 150 chili di peso, “è il risultato di un lungo viaggio di ricerca iniziato 15 anni fa insieme alle aziende che producono strumenti e software all’avanguardia per la lavorazione dei materiali lapidei”, spiega Galiotto, industrial designer già curatore degli eventi per Marmomac, docente di design alla Facoltà di Architettura dell’Università di Ferrara e autore del monumentale ‘Arcolitico’, un arco parabolico sperimentale in Fior di Pesco Carnico altro quasi 15 metri eretto nella sede di Margraf a Gambellara (Vicenza), in prossimità dell’autostrada A4, progettato a computer con software parametrici e lavorato a taglio con l’impiego di telaio a filo controllato numericamente. L’intento della mostra milanese è dunque quello di “illustrare le infinite possibilità di un processo creativo dove è comunque il designer che governa la tecnologia, e non il contrario. A monte, dietro ai macchinari e a i programmi, ci sono sempre un cervello e un cuore che scelgono. E davanti alla pietra, oggi come milioni di anni fa, c’è sempre un uomo che avverte il bisogno di lasciare il suo segno sulla roccia”.

Per uscire dal dualismo dicotomico fra tecnologia e hand made, “e senza nulla togliere all’abilità manuale dell’artigiano o dell’artista”, Galiotto spalanca una finestra sul nuovo Rinascimento dei marmi e di tutta la ricca gamma di pietre naturali di provenienza italiana ed estera, che oggi si possono lavorare “in maniera automatizzata valorizzandone non solo la funzionalità d’uso ma anche l’espressività estetica, riportando l’attenzione sull’unicità del corpo litico e sulla necessità di non sprecarlo. Con i macchinari a tecnologia numerica, infatti, si procede per separazione e non per asportazione dell’eccesso, come faceva Michelangelo: in sostanza, si taglia la pietra e la si ricompone, praticamente senza sprechi”. Il fascino dell’approccio tecnologico di ultima generazione si legge negli esoscheletri di animali fantastici che sembrano usciti da un romanzo di Jules Verne, nelle forme che evocano la silhouette di abitatori di galassie lontanissime e nelle grandi foglie fossili in cui la texture originale della pietra riproduce venature ed effetti chiaroscurali, ottenuti utilizzando marmi pregiati, forniti per l’occasione da Generelli, Gruppo Tosco Marmi, Margraf e Odone Angelo. Ma la galleria fantastica di ‘Next Creatures’, al di là dell’intenso appeal visionario, di fatto porta con sé anche “un invito alle aziende a sperimentare con gli strumenti di lavorazione digitale che consentono di realizzare fresature percettive, visive e tattili di altissima precisione, e garantiscono la minimizzazione dello scarto. Con un occhio di riguardo anche alle possibilità di applicazione della pietra alla produzione di arredi, sia in abbinamento col metallo che da sola, per esempio ricombinata per creare intarsi senza bisogno di utilizzare stucchi o coloranti”, sottolinea Galiotto.

Nell’attuale dibattito tra naturale e artificiale e tra robot e umano, emerge ancora una volta l’urgenza di ricentralizzare la persona, con la sua esperienza e le sue competenze. “Nel nostro settore, che spesso ai giovani appare troppo pesante, antico e polveroso, c’è un’estrema necessità di collaborare con personale specializzato e con alta formazione tecnologica”, rimarca Raffaello Galiotto. Ma ancora prima di apprendere l’uso delle macchine, “si deve tornare a conoscere da vicino la materia prima. Andrea Palladio, oltre che uno straordinario architetto, era un abile scalpellino. Per portare la pietra con noi nel futuro, dobbiamo ripartire dalle nostre mani”.