Dall’arredamento alle costruzioni, fino ai componenti elettronici, offrono una vastissima gamma di opportunità consentendo la creazione di prodotti avanzati, efficienti e funzionali. Sempre più su misura ed esclusivi.
Coating che degradano lo smog, pannelli super leggeri che resistono ad altissime temperature, plastiche di nuova generazione che conducono l’elettricità: l’applicazione delle nanotecnologie ai materiali sta rivoluzionando molti settori, dall’aerospaziale all’automotive fino all’edilizia ed è un segmento destinato a crescere a doppia cifra nei prossimi cinque anni. Secondo l’ultimo Global Nanotecnology Market Report compilato dagli analisti di Research and Markets di Dublino, il mercato globale passerà dai 68 miliardi di dollari del 2023 ai 183,7 nel 2028 con un incremento annuo del 22%. E l’Italia può contare su alcune realtà imprenditoriali d’eccellenza.
Il nano universo
Ma facciamo una premessa. Le nanotecnologie riguardano la progettazione e la manipolazione della materia a livello infinitamente piccolo, cioè a livello atomico e molecolare. Nel design, le nanotecnologie offrono una serie di possibilità interessanti. Consentono, per esempio, la creazione di materiali con proprietà straordinarie, come non solo leggerezza e resistenza ma anche conducibilità termica ed elettrica. E ancora. Secondo Paul Weiss, direttore del California NanoSystems Institute: “Le nanotecnologie stanno trasformando radicalmente l’elettronica. La miniaturizzazione su scala nanometrica consente la creazione di dispositivi sempre più piccoli e potenti, aprendo la strada a nuove possibilità nell’ambito dei dispositivi indossabili, dei sensori intelligenti e delle tecnologie dell’Internet delle cose”. Ci sono poi le nanoimpronte e nanotesturizzazione. Le nanotecnologie consentono infatti la creazione di superfici con caratteristiche specifiche che possono essere utilizzate nel design per migliorare le proprietà estetiche, funzionali e di resistenza dei materiali e dei prodotti.
Dalla sostenibilità alla personalizzazione
C’è poi un altro capitolo importante, quello del design eco-friendly. Mark Miodownik, esperto di materiali al University College di Londra, sottolinea: “Le nanotecnologie offrono un’enorme opportunità nel campo del design sostenibile, consentendo la creazione di materiali più leggeri, resistenti e biodegradabili che possono contribuire a ridurre gli sprechi e l’impatto ambientale dei prodotti di consumo.” Ad esempio, i materiali nanostrutturati possono essere utilizzati per creare imballaggi più leggeri e biodegradabili, riducendo gli sprechi e l’inquinamento ambientale. Un fattore che può contribuire a rendere i prodotti più durevoli e meno impattanti sull’ambiente. Altra applicazione? Quella per la personalizzazione e produzione su misura con prospettive impressionanti. Neil Gershenfeld, direttore del Center for Bits and Atoms al MIT, afferma: “Le nanotecnologie ci permettono di manipolare la materia a livello atomico, aprendo la strada alla produzione su misura e alla personalizzazione dei prodotti in base alle esigenze specifiche dei singoli utenti. Questo cambiamento di paradigma nel design e nella produzione promette di trasformare radicalmente l’industria manifatturiera.” Le nanotecnologie offrono quindi una vastissima gamma di opportunità nel campo del design, consentendo la creazione di prodotti più avanzati, efficienti, sostenibili e funzionali. Tuttavia, è importante anche considerare gli aspetti etici, sociali ed ambientali nell’applicazione delle nanotecnologie nel design, al fine di massimizzare i benefici e minimizzare i rischi potenziali.
Con le nanoparticelle di titanio le facciate degradano lo smog
La ricerca nel campo delle nanotecnologie è partita negli anni ‘90 quando si è cominciato a capire che qualsiasi tipo di materiale poteva essere manipolato su una scala infinitesimale inferiore a un micron (cioè un milionesimo di metro) modificandone la composizione e la disposizione atomica. “A quella dimensione le proprietà della materia si modificano radicalmente: il punto di fusione dell’oro, per esempio, scende a 300 °C al posto dei 1.064 °C del metallo tradizionale”, spiega Barbara Del Curto, docente di design del dipartimento di chimica, materiali e ingegneria chimica “Giulio Natta” del Politecnico di Milano. “Le applicazioni si sono sviluppate in ogni settore, dalla medicina all’elettronica fino alle costruzioni. Un esempio nell’edilizia è la realizzazione della ceramica fotocatalitica ottenuta con l’aggiunta di nanoparticelle di biossido di titanio: dopo questo trattamento la superficie, quando è colpita dai raggi UV, attiva una serie di processi chimici che degradano gli agenti inquinanti”. Una soluzione sempre più apprezzata per le facciate degli edifici e non solo.
Tra le aziende italiane che hanno brevettato ceramiche bioattive, c’è Iris Ceramica Group che ha sviluppato, in collaborazione con il dipartimento di Chimica dell’Università degli Studi di Milano, Active Surfaces, un gres porcellanato antibatterico e antinquinamento la cui efficacia è stata testata anche per alcune sostanze responsabili dell’indoor pollution come la formaldeide. Casalgrande Padana ha invece messo a punto Bios Self-Cleaning che degrada e decompone particelle di smog e sporco; grazie all’idrofilia della ceramica, è sufficiente l’acqua piovana per lavare via tutto, garantendo così non solo una riduzione dell’inquinamento, ma anche l’abbattimento dei costi per la manutenzione dell’edificio.
Materiali compositi di ultima generazione: sono ultra resistenti e molto più leggeri dei metalli
Le nanotecnologie sono il futuro di settori come l’automotive, l’aerospaziale e i trasporti, chiamati a studiare materiali che garantiscano maggiori prestazioni, una elevata durabilità e un minor consumo di energia. Tra le protagoniste di questa rivoluzione c’è Nano-Tech, deep tech company di Ascoli Piceno nata nel 2016 per iniziativa di un gruppo di giovani ingegneri, una delle tre aziende italiane (su 47) che si è aggiudicata nel 2023 i finanziamenti stanziati dal programma europeo EIC Accelerator promosso nell’ambito Horizon Europe a sostegno delle startup e delle pmi innovative. “Con tecnologie brevettate di ultima generazione sviluppiamo e realizziamo materiali compositi impregnati con resine nano ingegnerizzate, a cui cioè sono state aggiunte particelle di carbonio che garantiscono elevatissime caratteristiche di leggerezza e resistenza: Nano Lite N125 e C Preg 400, i nostri prodotti di punta, sono 5,2 volte più leggeri dell’acciaio e pesano il 40% in meno dell’alluminio. La riduzione di peso è una qualità fondamentale che consentirà per esempio il pieno sviluppo della mobilità elettrica riducendo i consumi di carburante ed energia”, afferma Giuseppe Galbiati, amministratore delegato dell’azienda che prevede di arrivare a 6 milioni nel 2026. “In teoria questi materiali potrebbero essere impiegati anche per moltissimi oggetti della vita quotidiana, dagli sci agli arredi fino ai paraurti delle auto, ma al momento i prezzi sono troppo alti per un impiego massiccio. La grande sfida per noi è la loro democratizzazione: in Nano-Tech stiamo lavorando per ottimizzare la produzione in modo che il prodotto raggiunga settori più ampi”.
Resine resistenti alle alte temperature per il futuro della mobilità elettrica
Un’altra proprietà fondamentale dei materiali ingegnerizzati da Nano-Tech è la resistenza al calore elevato. C Preg 400 può sopportare temperature fino a 450-500 °C senza prendere fuoco una qualità che consente, tra gli altri, la realizzazione dei componenti delle monoposto di Formula 1 che stanno vicino a fonti di calore. “Stiamo già collaborando con 8 team di F1, ma puntiamo a sfruttare le potenzialità di questa resina in altri campi. Potrebbe per esempio essere utilizzata per i box di contenimento delle batterie per le auto elettriche: le renderebbe più leggere ed eviterebbe che prendano fuoco in seguito a un incidente, come è successo recentemente all’autobus precipitato dal cavalcavia a Mestre”, osserva Galbiati. Nella composizione di C Preg 400 è stato valutato anche l’aspetto della sostenibilità: la sua formulazione completamente inorganica la rende in gran parte riciclabile. “Il prodotto è stato sottoposto a un Life cycle assessment (Lca), una metodoloogia standardizzata che ne valuta l’impronta ambientale durante tutto il ciclo di vita, ed è risultato l’85% più riciclabile di altre resine utilizzate per gli stessi scopi”, continua Galbiati.
La plastica che conduce l’elettricità
I polimeri di nuova generazione stanno per imprimere una svolta anche al settore dello IoT (Internet of Things) perché permetteranno di realizzare sensori smart che, una volta inseriti negli elettrodomestici, solo per fare un esempio, forniranno informazioni sul loro funzionamento senza necessità di fili di rame e collegamenti. Anche in questo campo Nano-Tech ha sviluppato un materiale all’avanguardia, Nano Force S, una termoplastica in grado di condurre l’elettricità come i metalli grazie alla nano additivazione studiata nei laboratori dell’azienda, mantenendo la flessibilità della plastica. “Lo abbiamo sperimentato insieme a un produttore di pneumatici per creare prodotti intelligenti che possono trasmettere informazioni sull’usura, la deformazione e la pressione, ma anche in questo caso le applicazioni potrebbero essere molteplici e sorprendenti: pannelli per la strumentazione di un aereo senza cavi di alimentazione che garantiscono una manutenzione più semplice, lampade che non hanno bisogno del filo di rame per trasportare la corrente alla lampadina fino ad arrivare a giacche con tasche speciali che ricaricano il cellulare”, racconta Galbiati. Spetta ai vari settori industriali raccogliere la sfida e ripensare la progettazione degli oggetti con i nuovi materiali.
Il grafene antibatterico made in Italy
A Lomazzo, in provincia di Como, si produce invece il grafene green, Graphene Plus (o G+), di Directa Plus. Nasce dalla genialità e dal coraggio dell’imprenditore Giulio Cesareo: nel 2005, insieme a tre americani, davanti a una birra in un bar di Cleveland, nell’Ohio, ha fondato l’azienda e lasciato il suo incarico da CEO in una grande multinazionale americana per cui ricopriva un incarico mondiale inerente alla tecnologia dei carboni grafiti. Un “osare”, un credere fermamente nei propri sogni che si è rivelato ben presto la giusta mossa. «Mi rendevo conto di quanto il nanocarbonio, che in quel periodo nessuno chiamava grafene, sarebbe entrato nella nostra vita. E lo ha fatto dalla porta di servizio grazie alle sue caratteristiche chiave di semplicità, scalabilità e sostenibilità. Quest’ultima è una parola che nel 2005 non era certo così di appeal come oggi, ma sapevamo che sarebbe stata necessariamente la direzione giusta. Così ci siamo messi a lavorare, come nello scenario più classico delle startup, nel garage di uno dei soci americani, portando avanti il nostro progetto». L’azienda ha attuato anche un’efficace strategia di proprietà intellettuale: ad oggi conta 80 brevetti approvati e 27 pending. «Siamo gli unici al mondo in grado di realizzare le nanopiastrine di grafene senza usare la chimica, che risulta aggressiva e pericolosa per l’utilizzatore, ma solo la fisica, quindi con altissime temperature e vantaggi nel materiale», ha spiegato Cesareo. Lo sviluppo di particolari membrane ha permesso a Directa Plus di entrare in prima battuta nel settore tessile, del design e della moda, trasformando tessuti normali in smart textile che distribuiscono il calore in modo uniforme sul corpo, dalle proprietà ignifughe, antivirali e batteriostatiche e anti-odori. “Se applicato al tessuto Graphene Plus permette di dissipare il calore in condizioni climatiche calde”, ha aggiunto. “Le proprietà antimicrobiche sono perfette poi per poltrone, divani, e imbottiti in generale utilizzati in spazi condivisi o sui trasporti pubblici, dagli aerei ai treni». Caratteristiche queste che stanno trainando le attività e le collaborazioni di Directa Plus, dal 2016 quotata alla Borsa di Londra. “Stiamo approcciando anche il settore della pelletteria, dove le nostre spalmature permettono di rivoluzionare le performance dei prodotti del lusso, mantenendo una connotazione fashion, con texture molto particolari”, conclude l’imprenditore.
di Paola Gervasio e Chiara Sessa