Anche per il 2024 le stime di FederlegnoArredo non sono rosee. Oltre che su una virata economica, il settore spera in un cambio di passo politico. Ma il Paese va presidiato, per evitare che il Made in Italy diventi una ‘gabbia’.
Nel perimetro di un export totale della filiera Legno-Arredo in flessione del 5%, quello verso la Cina nei primi sette mesi del 2023 segna una frenata importante, a doppia cifra (-20,6%). Anche le importazioni sono in calo (-36%), nonostante il Paese resti il primo fornitore per l’Italia. Per il Macrosistema Arredamento le esportazioni mostrano una flessione del 20,8% a fronte di un -4,2% globale. Un quadro dunque non incoraggiante per il settore, che negli anni pre-pandemia riponeva molte speranze nel Paese del Dragone. E se il 2022 si è chiuso con un dato relativo alle esportazioni pari a 686 milioni di euro, a +1,1% sui 679 milioni del 2021 (nel 2019 erano 621 milioni), questo modesto incremento è stato motivato anche dall’inflazione dei listini. “Attualmente non ci sono proiezioni incoraggianti nemmeno per la prima parte del 2024”, spiega Claudio Feltrin, presidente di FederlegnoArredo nel commentare i dati elaborati dal Centro Studi della Federazione. “La preoccupazione maggiore è per le aziende italiane che hanno investito sul Paese. Nonostante ciò, il mercato è potenzialmente molto interessante, perché la popolazione è enorme e permeabile al gusto italiano”.
Serve un approccio nuovo all’economia del Far East
Quello che appare certo è che oggi la Cina sia da avvicinare e interpretare in modo totalmente nuovo, perché è sicuramente cambiata molto a causa di una spinta di sempre maggior autonomia rispetto al mondo, approccio guidato da un disegno che si può definire neo-maoista. “Ci troviamo in un momento di faglia nella storia recente della Repubblica Popolare Cinese. Dal 1978 al 2015 è cresciuta molto grazie al programma di riforme economiche di Deng Xiaoping, in cui si promuoveva una netta separazione tra partito e stato e un mix unico tra una pianificazione a livello centrale e l’incoraggiamento di un atteggiamento imprenditoriale a livello periferico. Il risultato è stato evidente: la Cina è diventata la seconda potenza nel mondo”, racconta Giuliano Noci, professore ordinario di Strategy & Marketing e Prorettore delegato del Polo territoriale cinese del Politecnico di Milano, “Questo straordinario successo ha però portato con sé anche i germi del disequilibrio attuale: la crescita è stata sostenuta da un sistema di retribuzioni modesto e da forti incentivi al mondo dell’offerta, dunque al sistema delle imprese. Queste crescevano e investivano. Di fatto c’è stato un trasferimento di ricchezza dal mercato all’impresa. Venendo a mancare la domanda interna, gli stimoli per fare in modo che i livelli di crescita fossero elevati sono stati gli investimenti in infrastrutture e real estate. Ora però i primi non sono più redditizi: il Paese è già infrastrutturato e oggi la marginalità è bassa. Dall’altro lato il real estate, che ha rappresentato quasi il 30% del Pil cinese, non ha più spazio. I big player sono in difficoltà e l’immobiliare è l’asset su cui sono confluiti i risparmi delle famiglie. In più, il Paese è anche fortemente indebitato. Questo insieme di considerazioni fa sì che la Cina si trovi ora in una delicatissima transizione”. Per invertire un trend discendente gli esperti oggi considerano nevralgiche le riforme del welfare, l’apertura del sistema finanziario e misure a favore della domanda. “Siamo di fronte a una bolla che torna con gli interessi rispetto allo sviluppo espansivo che ha fatto grande la Cina. Del resto, quando si falsano i trend normali e naturali di un sistema bisogna aspettarsi qualche contraccolpo”, precisa Feltrin.
Guardare oltre il prodotto e presidiare i mercati esteri
Dal punto di vista istituzionale, tra le ipotesi in agenda del Salone del mobile c’è quella di tornare in Cina il prossimo anno con lo spin-off su Shanghai. Un’anticipazione di questo come back è avvenuta lo scorso 7 novembre con l’evento Red Night, che ha coinvolto 300 tra aziende, architetti, creativi e buyer. “Siamo qui per riallacciare le relazioni”, dice la presidente della fiera Maria Porro, “oggi è indispensabile allargare lo sguardo per non perdere le molteplici opportunità che questo Paese offre”. L’obiettivo è quello di intensificare questa opera di promozione mirata, “ma devono esserci i presupposti: ossia un mercato ricettivo e aziende che intravedano la possibilità di difendere le quote di mercato raggiunte e potenziarle. Oltre che su una virata economica, si conta su un cambio di passo politico”, aggiunge il presidente di FederlegnoArredo. Le speranze di un mutamento di trend sono motivate dall’importanza che riveste il Paese per l’economia italiana (e non solo). La classe media in Cina si compone di circa 300-400 milioni di persone, l’Italia esporta in totale 20 miliardi di euro. “Ciò che intravedo di più pericoloso è che il rallentamento cinese faccia rivolgere le imprese italiane verso l’Europa, invece che verso l’Asia, l’India e l’Africa dove ci sono i mercati del futuro”, precisa Noci. Bisogna dunque essere attenti a cogliere in modo corretto ciò che sta avvenendo: la Cina rallenta, è in difficoltà, ma la capacità delle imprese di essere competitive passa ancora da lì. Inoltre, il Dragone sta sviluppando una propria dimensione creativa e una nuova consapevolezza, come conseguenza del processo di sviluppo attuato. “La creatività italiana è uno straordinario pregiudizio positivo. Quindi il pericolo non è che venga meno l’interesse per l’Italia, bensì che venga meno l’interesse degli italiani per la Cina. Il mercato va coltivato”, conclude il professore del Politecnico. “Noi crediamo che fare un buon prodotto sia sufficiente, mentre è solo il punto di partenza. Il Made in Italy rischia di diventare una gabbia. Stiamo entrando in un mondo in cui il quadro internazionale esige di andare oltre il prodotto e la sua centralità. La conoscenza tecnica va abbinata a una dimensione di presidio strutturata. Deve finire il binomio casa-bottega. Oggi come oggi è un elemento che può solo frenare il Made in Italy”.
di Vittoria Giusti
L’articolo è disponibile nel numero di novembre/dicembre 2023 di Pambianco Design