“Continuare a realizzare prodotti belli, desiderabili, durevoli e sostenibili, con creatività e innovazione”: questo per Daniel Lalonde, CEO di Design Holding, è uno dei driver che può nel futuro assicurare la crescita del gruppo, seguito dalla necessità di “espandere la presenza globale nei Paesi chiave: dall’Asia, al Middle East, alle Americhe, in particolare”. Terzo driver, “adottare una strategia che sia sempre più direct to consumer, per assicurare a tutti i nostri brand di potere sviluppare tutte le proprie abilità operative sia nell’e-commerce, sia negli store diretti. Infine, “continare a consegnare progetti di contract nella fascia lusso”. Ecco “i quattro driver di crescita per Design Holding”. Li ricorda, in occasione del 9° Pambianco-Interni Design Summit dal titolo ‘Il new normal dell’arredo italiano. Opportunità e opzioni strategiche per proseguire il percorso di sviluppo’. Per quanto riguarda l’apertura di nuovi store, Lalonde conferma che nei prossimi tre mesi verranno inaugurati 6 nuovi negozi, in particolare un flagship a New York con tutti i brand del gruppo. Lo stesso avverrà a Miami e successivamente a Washignton D.C. Abbiamo anche un nuovo negozio di Louis Poulsen che aprirà a breve a Tokyo e, infine, una nuovo store Fendi Casa a Shangai in estate”.
PAMBIANCO: Quali sono le sfide del prossimo futuro?
LALONDE: “Per il settore del design, sfide e leve su cui potere basare l’operato sono trasversali. La mia impressione è che le aziende siano bellissime, abbiamo artigianalità e un importante patrimonio, ma spesso, in termini di taglia, sono piccole o non sono particolarmente grandi. Ho sempre pensato, da fuori, che in Italia ci fosse un’azienda con almeno un miliardo di fatturato, ma non era così. Dunque il dibattito deve ruotare intorno a come possiamo accelerare i nostri business in maniera pertinente e molto veloce. Uno dei grandi principi cui affidarsi è chiedersi chi è il cliente, chi è il consumatore finale. Dobbiamo essere focalizzati non solo sulla consegna, ma sul consumatore finale, che è globale. Questo ci porta a fare delle considerazioni diverse rispetto a quelle che avevamo fatto in precedenza. Dobbiamo raccogliere delle nuove sfide, ma non è facile cambiare il business model e muoverci diversamente, ma credo che insieme saremo più forti. L’unione fa la forza”.
PAMBIANCO: Quali sono le strategie per andare ad accelerare la crescita di Design Holding?
LALONDE: “Abbiamo quattro leve. All’interno del nostro gruppo sono nove i brand in portafoglio e ciascuno sta vivendo una fase diversa del proprio sviluppo, ma in linea generale abbiamo definito quattro grandi pilastri per la crescita. Innanzitutto, la desiderabilità del prodotto e del brand, perché senza di questa non possiamo andare da nessuna parte. Ed è molto interessante, perché dobbiamo anche fare un lavoro dal punto di vista delle connessioni emotive ed emozionali con il consumatore, attraverso un design incredibile e con i migliori professionisti a livello mondiale. Altro aspetto fondamentale la sostenibilità, nella misura in cui essa è un punto di inizio. Credo che si debba essere anche sorprendenti, quindi fare qualcosa di inaspettato, di non previsto, per spingere il marchio. Creare connessioni con gli artisti, con persone diverse, non necessariamente solo designer e architetti. Ma guardare anche oltre, pensare fuori dagli schemi. Creare stimoli per renderci ancora più desiderabili. Il secondo punto riguarda lo sviluppo del nostro brand a livello globale, focalizzandoci su tre regioni. La prima è rappresentata dagli Usa, un mercato grande ma ancora sottopenetrato; la Cina, dove c’è uno stato di fermento continuo dopo il lockdown. Tantissimi sono i progetti in corso in tutta la Cina. Noi siamo ancora piccoli e la nostra presenza è limitata, dunque esiste una grande opportunità, un terreno molto fertile. I consumatori a cui ci dobbiamo rivolgere sono i Millenials, che si spostano, hanno molto cash e amano i marchi. Il terzo mercato è il Medio Oriente dove stiamo sviluppando la parte contract. Il terzo pilastro è rappresentato dal consumatore finale e dai canali che ci permettono di raggiungerlo direttamente e dunque l’e-commerce, cui credo moltissimo. La definizione di un e-commerce di successo non è la penetrazione: questa può rappresentare l’1% del marchio, ma ha più il senso di una esperienza omnichannel che possiamo sviluppare prima online, poi nello store etc. Infine, il contract business. Dobbiamo trarne il massimo beneficio e aumentare la quota di mercato per prendere parte nei moltissimi progetti attivi nel mondo”.
PAMBIANCO: Avete considerato l’acquisizione di distributori multibrand o è qualcosa al di fuori della vostra strategia?
LALONDE: “Ci abbiamo pensato, ne abbiamo acquisito uno, Lumens, che è un leader online negli Stati Uniti, distribuisce 400 marchi, ma al momento è sufficiente. Credo sia una strategia interessante, ma non è la nostra. Il modello di Design Holding ha a che fare con un’idea di brand particolarmente forti, che si sviluppano globalmente con i canali di distribuzione che abbiamo disponibili. Abbiamo questo approccio in questo momento”.
PAMBIANCO: Il settore soffrre la carenza di manager con competenze specifiche. Dove trovate le persone?
LALONDE: “Siamo abbastanza agnostici nella ricerca dei nostri manager. Credo che aiuti se c’è una base di comprensione delle industrie, ma noi in tutte le posizioni cerchiamo i nostri talenti che abbiano esperienze e mentalità globale. Abbiamo forti imprenditori che hanno fondato le loro aziende e questo è uno spirito da mantenere in vita. Cerchiamo questo spirito imprenditoriale, qualcosa che sia simile alla propensione al cambiamento. Ma non per il cambiamento in sè o perché dobbiamo cambiare per forza, ma per modificare il modello spingendolo in avanti, rispettando il dna del brand, identità e codici. Quindi siamo agnostici, nell’industria e fuori. Cerchiamo persone forti con talento per costruire il brand”.
PAMBIANCO: Fendi Casa è la sola licenza che avete?
LALONDE: “Corretto. Nel nostro portafoglio abbiamo Fendi Casa, abbiamo creato una joint venure tra i nostri gruppi. Quello delle licenze non è un business che vogliamo perseguire in questo momento. Il nostro approccio è più mirato all’acquisto, al mantenimento e alla creazione di valore nelle aziende che possediamo. Questo è ciò che facciamo al meglio. Non perseguiremo il segmento delle licenze. In questo senso, siamo assolutamente compatibili con Luxury Living”.
PAMBIANCO: Italian Design Brands si è appena quotata in Borsa e dunque avete un benchmark
LALONDE: “Non sono il proprietario dell’azienda, dunque non sono colui che dovrà fare la call finale, ma non è un segreto. Apparteniamo a due grandi investitori: Carlyle e Investindustrial, che prima o poi dovranno uscire. La tesi è quella di una Ipo, ma le cose possono cambiare, dipende dall’ambiente di mercato, che teniamo sotto controllo. Che il mercato sia pronto se ne può discutere. Non è una transazione di successo che lo stabilisce e non siamo sicuri che il mercato sia pronto per la nostra azienda. Mi piace l’idea di Hermés, ma se Lvmh in un certo senso decidesse di entrare nel settore design, pensiamo che potremmo essere quel pilastro naturale. Questa è la nostra mentalità. Abbiamo un 25% di Ebitda, un margine simile a quello dei gruppi più grandi. E’ importante la crescita top line, ma lo è anche la profittabilità. In ogni caso, se decidessimo di quotarci, la piazza sarebbe Milano, ma in questo momento nulla è sul tavolo”.