Mentre la guerra attanaglia l’Europa, le conseguenze, alcune ancora pienamente inespresse, si fanno sentire sui mercati internazionali. E torna l’interesse verso i beni rifugio. Il primo? Il real estate.
Un mercato non esattamente residuale, ma non così importante per le aziende del design italiane, quello russo (e ucraino insieme). Certamente alcuni brand sono più esposti e altri meno. Ma l’incidenza del conflitto in corso non è tanto diretta, in termini di ‘esposizione’ delle aziende. Piuttosto, ha a che fare con le conseguenze indirette: inflazione e ulteriore difficoltà nel reperire le materie prime. “La Russia, su un mercato dell’alto di gamma che vale 30 miliardi di euro, conta circa il 2-3%. Molto simile alla percentuale relativa ai beni personali di lusso” osserva Claudia D’Arpizio, partner di Bain&Co. “Ma mentre quest’ultima include anche il consumo al di fuori dalla Russia, la percentuale del design è legata al consumo locale, ai grandi progetti, soprattutto spostati verso la fascia alta e altissima del mercato”. Laddove il consumo dei beni di lusso è dunque più diffuso e democratizzato, il design, soprattutto se alto di gamma italiano, ha a che fare con una fascia alta di consumatori. Molti dei quali abitano anche al di fuori dalla Russia: “Londra, Ginevra e Montecarlo sono hub importanti; ma anche località di vacanza, come la Sardegna, le seconde case, le barche che sono state un driver importante per i progetti contract” evidenzia D’Arpizio. Quindi, l’impatto c’è, è chiaro. In termini soprattutto ‘contract’, ovvero progetti per grandi case, grandi ville, barche. “Ma quello diretto è piccolo, appunto nell’ordine del 2-3%. Il design stava crescendo moltissimo, “era in un’onda di crescita molto più forte rispetto agli anni precedenti, spinto dal Covid, da una rinnovata attenzione alla casa, ma anche in conseguenza di una serie di strategie messe in campo dalle aziende che si stanno ammodernando, managerializzando e che anche commercialmente si mostravano più aggressive”.
Ciò che sta accadendo, “questa incertezza politico-economica non interrompe, ma certamente raffredda il percorso di crescita. La presa ordini ha iniziato ora a rallentare. Il vero tema, il vero impatto è rappresentato dal tema dell’inflazione sulle materie prime. Già ci trovavamo in una situazione di shortage in questo settore: le aziende avrebbero potuto crescere maggiormente, se avessero potuto produrre e consegnare di più. Ma su alcune materie prime e imballi già negli scorsi mesi avevano registrato tutta una serie di problematiche. Ora c’è un impatto inflattivo che solo in parte è possibile trasferire sul consumatore”. Del resto, quella del design, per dirla con una battuta, “è un’industria meno elastica rispetto a una borsa di Chanel”.
USA, CINA E CONSOLIDAMENTO PER SUPERARE CRISI
E se anche le aziende dei beni personali non potranno per sempre ribaltare l’aumento dei costi sui prezzi, “sicuramente, ancora per un po ‘, data la forte domanda, assisteremo a un aumento dei prezzi. Va detto – tiene a evidenziare l’esperta – che molte di queste aziende avevano un rapporto value for money molto alto”. Insomma, uno spazio per rincari ulteriori “c’è, ma non è infinito”. Esiste un ulteriore aspetto da considerare: se questo fosse un periodo inflattivo strutturale di medio periodo, anche se nessuno lo auspica, l’impatto sul real estate sarebbe positivo. Già all’inizio dell’anno, anche in Russia, si osservava un incremento dell’acquisto di immobili” fa presente D’Arpizio, che legge tutto ciò come uno “spostamento verso i beni rifugio”. Da qui ci si può attendere “un impatto positivo sul design o comunque meno negativo rispetto ad altri settori che sono più legati al consumo non durevole. Il real estate e il development possono trainare il design”. D’altra parte, “acquistare immobili per tutti è una sicurezza maggiore rispetto a lasciare il cash all’interno del sistema finanziario”, chiosa.
Più problematico, invece, il tema della size e della internazionalità delle aziende, in particolare se paragonate a quelle della moda. Che sicuramente sono “globali e dunque hanno come mercati di riferimento la Cina e gli Stati Uniti”. Ecco che “se l’Europa, come mercato, dovesse peggiorare, anche solo a livello di consumer confidence essendo nel bel mezzo del conflitto, sicuramente i brand della moda avrebbero più valvole di sfogo”. Certo, la Cina sta affrontando in questo momento un nuovo lockdown, ma resta il fatto che “il design è più spostato sull’Europa ed è un po’ meno globale. Soprattutto le aziende sono più piccole e non hanno fatto quel percorso di internazionalizzazione verso la Cina in modo spinto. Molte società sono presenti in America, ma non totalmente distribuite e non ancora full potential. Pochissime sono veramente e seriamente in Cina, che è il mercato meno toccato rispetto alla consumer confidence e rispetto agli sbalzi di Gdp, anche se un po’ di impatto dovuto alla turbolenza dei mercati finanziari ci sarà anche lì”. Ovviamente, tutto questo dando per scontato che all’interno dei fronti del conflitto la Cina avrà un ruolo neutrale. “La Cina da una parte rappresenta una opportunità, ma d’altro canto è anche un fattore di rischio per quelle aziende che sono sovraesposte soprattutto nel settore moda; nel design non ci sono aziende sovraesposte in Cina, che resta un mercato di opportunità dove si lavora con i grandi architetti e grandi contract”.
La tempesta perfetta però è comunque dietro l’angolo: “un grande punto interrogativo che si aggiunge a uno shortage di materie prime che già c’era e che insieme all’inflazione rappresenta l’aspetto più rilevante e problematico della attuale situazione”. Il comparto stava crescendo del 7-8% nel 2021 e le aziende stavano affrontando un processo di consolidamento, essenziale per creare quei muscoli utili alla internazionalizzazione, alla sfida dell’e-commerce e a quella ESG: “lo scenario peggiore è che venga interrotto questo percorso che ha portato alla creazione di gruppi come Design Holding e Lifesyle Design”, cita ad esempio l’economista. E che dunque vengano penalizzati anche gli investimenti di private equity e altri player che guardavano al grandissimo potenziale del settore.