C’è un silenzio profondo che circonda il Salone del Mobile e che lascia sospeso e indeterminato l’appuntamento più atteso dal design nazionale. Ad oggi, l’organizzatore è stato silente, salvo che per la comunicazione delle date, a settembre.
L’ultimo anno di pandemia ha profondamente cambiato il mondo dell’arredamento italiano e il settore non è più quello che era prima del Covid. Di conseguenza, è comprensibile che sul tavolo degli organizzatori ci sia più di un interrogativo in merito a ciò che potrà essere mantenuto del Salone del mobile ante Covid, e in merito a ciò che invece dovrà essere cambiato.
Già sul finire dello scorso anno, con le prime stime sui bilanci 2020 delle aziende, abbiamo scritto che il design italiano è stato capace di ‘sopravvivere’ alla temporanea assenza del suo principale alfiere di business, il Salone, grazie al fatto che la casa è diventata molto più centrale nella vita di ognuno, ma anche, e soprattutto, per effetto del cambiamento culturale delle imprese che in pochi mesi hanno percorso un’evoluzione digitale, sia interna sia esterna, che non avevano compiuto in un decennio.
Quindi, negli uffici di Foro Buonaparte sono diversi i punti da risolvere, a cominciare da quelli più generali. Questo settore rinnovato, oggi, ha davvero bisogno di un mega Salone improntato sulle logiche pre-Covid? E, visto che le aziende hanno scoperto nuovi modi per connettersi ai propri clienti e interlocutori, il costo della presenza a Rho potrà essere lo stesso o dovrà essere rimodulato? Entrando più nello specifico, sarà inoltre utile chiedersi se l’offerta del “Sistema Salone” possa ancora fare a meno di quella dimensione digitale che ha oramai ridisegnato il Dna delle imprese del settore. E, ancora, se il Salone debba essere un evento che dura una settimana o una piattaforma che supporta le imprese tutto l’anno.
Tutti questi ragionamenti poggiano sul presupposto, finora incontestabile, che il Salone sia un brand con grande forza a livello mondiale e che le cosiddette “estensioni di servizio”, siano pressoché illimitate. Facendo leva su questo patrimonio, il Salone dovrà attivare le proprie competenze per reinventarsi e tradurre gli interrogativi in nuove opportunità. In tal modo, quel Salone che per anni è stato un elemento non sostituibile e come tale dotato di una forza negoziale senza limiti, potrà affrontare il mondo del design post-Covid con un’identità meno inaccessibile e più inclusiva, confermandosi l’alfiere del made in Italy anche per gli anni a venire.