Claudio Luti racconta un’edizione destinata a passare alla storia. “Tutte le biennali riunite in un unico evento”. Si tratterà di un unicum o diventerà la regola? “Per ora concentriamoci sul prossimo anno”. Al governo chiede una forte campagna di promozione all’estero, “per far capire al mondo che l’Italia è ripartita”.
Ci sono forti energie accumulate per un anno intero, l’anno in cui il Salone del Mobile ha dovuto rinunciare ad andare in scena, l’anno in cui è mancato il suo palcoscenico. Prima quello di Milano, poi anche quello di Shanghai, il cui spostamento di un anno è stato comunicato a inizio luglio. Energie che si sprigioneranno nel 2021, in maniera quasi esplosiva. La macchina organizzativa è già stata avviata – in realtà non si è mai fermata – e Claudio Luti, presidente delle due manifestazioni fieristiche, parla del Salone milanese 2021, che andrà in scena dal 13 al 18 aprile, come di “una grande festa”. E non soltanto perché si tratterà della sessantesima edizione, ma anche perché “sarà il primo reale incontro dopo mesi di distanziamento sociale e una tappa fondamentale nella storia del Salone”.
A che punto siamo?
Stiamo progettando il Salone del Mobile.Milano con tutte le nostre energie e la nostra creatività, facendo sistema con le aziende che vi parteciperanno. Immaginiamo, per la prima volta nella nostra storia, un evento corale: insieme al Salone Internazionale del Mobile, al Salone Internazionale del Complemento d’Arredo, a Workplace3.0, S.Project e al SaloneSatellite ci prefiggiamo di ospitare anche tutte le biennali: accanto a Euroluce, già prevista nel 2021, anche EuroCucina, con il suo evento collaterale FTK – Technology for the Kitchen e il Salone Internazionale del Bagno.
Quante persone potranno partecipare?
A seguito di questa pandemia, forse non potremo avere grandi affollamenti come negli ultimi anni, non lo so, ma saremo pronti per dare a tutti una grande emozione anche grazie ai grandi eventi in città che stiamo progettando con le istituzioni milanesi.
Come gestirete l’insieme di tutti i settori in un unico anno?
Come il Salone sa fare: con efficienza e razionalità, creando i giusti percorsi, precise connessioni e offrendo spazio e visibilità a ogni brand e azienda.
Ci sarà una svolta digital del Salone?
Il virtuale e l’online sono sicuramente importanti oggi. La complessa situazione che stiamo vivendo ha permesso un reale avanzamento del processo di digitalizzazione in ogni settore. Anche il Salone del Mobile sta studiando come potenziare l’esperienza e il servizio digitale.
In che modo?
Stiamo valutando un percorso e iniziative digitali che possano davvero essere utili alle tante realtà che devono ripartire. Quando saremo sicuri che alla nostra comunicazione seguirà un’azione non solo concreta ma anche forte, efficace e innovativa, allora la proporremo e la promuoveremo. È una questione di onestà e correttezza dal momento che le comunicazioni del Salone coinvolgono la professionalità e l’economia delle aziende che lo costituiscono. Ma, mi creda, anche se dovessimo introdurre nuovi servizi digitali, nulla sostituirà l’esperienza diretta. Il design e i nostri prodotti vanno visti, toccati e il Salone va vissuto: è un’emozione e una sensazione a fior di pelle che non ammette surrogati.
La biennalità di bagno, cucina e luce continuerà o è destinata a diventare annuale?
La prossima edizione del Salone sarà un evento davvero speciale sia per la celebrazione dei 60 anni della manifestazione sia perché arriverà dopo la sospensione di quella del 2020 causata dal Coronavirus. Per questo non potevamo non scegliere la via della “coralità”. Per ora voglio concentrarmi sul 2021 che sarà un anno molto impegnativo e stimolante.
L’importanza del Salone, per Milano e l’Italia da un lato e per il settore dall’altro, viene ridimensionata o al contrario aumenterà a seguito del salto dell’edizione 2020?
L’abbiamo provato sulla nostra pelle quest’anno: il Salone è fondamentale per Milano, l’Italia e l’intero settore. L’impatto dovuto alla sua assenza è stato pesante: in questo momento i mercati, nazionale e internazionali, sono molto rallentati. Il Salone sia per le nostre imprese e per il Paese è un asset strategico a cui non possiamo rinunciare. Il Salone è un insostituibile veicolo dell’eccellenza della nostra struttura produttiva e creativa e contribuisce a rafforzare la presenza sui mercati esteri delle nostre aziende. Guai a perdere questa vetrina di innovazione e a farci sorpassare dai concorrenti stranieri.
Che reazione hanno avuto le aziende di fronte alla mancata possibilità di esporre quest’anno?
Ovviamente è stato un duro colpo per tutti perché eravamo già pronti con tante novità ed emozionati pensando alle moltissime mani che avremmo stretto. Ma le aziende non si sono date per vinte. Anzi. Nei mesi scorsi hanno lavorato “dietro le quinte” con energia e inventiva per migliorare i processi interni, finalizzare i nuovi prodotti e approntare tavoli per l’innovazione. Hanno immaginato nuovi linguaggi e nuove strategie creative per trasformare un momento di crisi in un’opportunità. Certo, non è facile, ma le nostre aziende sono fatte di tanti uomini coraggiosi e generosi che sapranno risollevare il made in Italy. Lo vediamo oggi che sono ripartite con la produzione, l’esportazione e tanta volontà di riguadagnare il tempo perduto.
Cosa rappresenta oggi il Salone del Mobile?
Il Salone è cresciuto molto, si è rinnovato, ha consolidato la propria immagine e reputazione nel mondo e ha stretto un’alleanza forte con le istituzioni di Milano. Un Salone che non è più solo una fiera ma è un’esperienza globale che affonda le proprie radici in tutte quelle aziende del made in Italy che hanno contribuito a renderlo la manifestazione di riferimento a livello globale per l’intero settore e che oggi fanno sistema. Abbiamo oggi un Salone che è un insieme di connessioni, creatività e innovazione che tutto il mondo ci invidia. E una grande emozione ben descritta nel Manifesto in cui credo moltissimo e che confido possa fare da guida progettuale per il futuro.
Se dovesse indicare una priorità da affrontare per il sistema fieristico, quale indicherebbe?
Sicuramente dovremo scoprire un nuovo modo di andare in fiera, di fare fiera e progettare attentamente un cambio di paradigma. Questa pandemia ci spinge a immaginare nuove modalità di fruizione fisica e digitale delle fiere che dovranno trovare il modo di innovarsi per garantire la sicurezza di tutti senza tuttavia rinnegare la propria natura. La priorità sarà elevare gli standard, migliorare il servizio al cliente e ascoltare le aziende.
Cosa si aspetta il Salone e cosa in generale si aspetta il sistema fieristico italiano da parte del governo?
Attenzione a non sostituire il lavoro con l’assistenzialismo. Il successo delle imprese crea posti di lavoro e quindi farei di più in questa direzione. Non abbiamo grandi aziende come i francesi e tedeschi e quindi la politica deve fare attenzione alle filiere familiare. Auspico che ci siano aiuti concreti per i quartieri fieristici, per gli organizzatori di fiere e per gli allestitori fieristici. È urgente ripartire, attivare finanziamenti a sostegno del sistema che in questi mesi ha investito molto anche per adeguare i protocolli di sicurezza. Occorre avere una visione, occorre fare in fretta, occorre riuscire a tornare nei paesi dove abbiamo affermato la nostra identità. Penso sia davvero necessaria una forte campagna di promozione all’estero di questi eventi, da parte del ministero degli Esteri e dell’Ice, per far capire al mondo che l’Italia è ripartita. In questi anni abbiamo potuto contare sul supporto del Governi che si sono avvicendati e che hanno affiancato il Salone nel suo processo di internazionalizzazione attraverso il supporto di Ice che ci ha permesso, tra le altre cose, di sbarcare a Shanghai. Confido che questo supporto si vada sempre più rafforzando.
di Andrea Guolo