ADI Design Museum – Compasso d’Oro sarà un nuovo polo di riferimento culturale cittadino. Terminati i lavori di ristrutturazione dello spazio, che collega via Ceresio con via Bramante a Milano, ora si pensa all’allestimento della collezione e alle mostre di approfondimento. Un grande cantiere culturale, in cui verranno messi in mostra gli oltre 350 pezzi premiati con il premio Compasso d’Oro dal 1954, anno della sua nascita, ad oggi. È stato definito un museo narrante, empatico, dinamico, in continua evoluzione. Coinvolti nel progetto vi sono Beppe Finessi, curatore dell’esposizione permanente insieme a Luca Molinari, Giulio Ceppi, curatore del programma di accessibilità alle fasce deboli dell’utenza, e per il progetto di allestimento Ico Migliore, Mara Servetto e Italo Lupi, che hanno anche lavorato alla brand identity del museo.
Un racconto complesso
Pensare al Museo del Design di Triennale, e domandarsi come le due istituzioni possano differenziarsi, è assai scontato. “La cosa bella e importante è che ci siano ben due musei del design nella città di Milano, punto di riferimento non solo in Italia ma a livello internazionale – spiega Luca Molinari – La grande differenza è che il Museo dell’Adi è profondamente legato alla storia del Compasso d’Oro, e dell’Adi, grande associazione che unisce progettisti, straordinari artigiani, aziende. Vogliamo mostrare e tener conto di questa interessante polifonia”. Ciò che vedremo esposto all’interno di questo luogo, legato alla storia del lavoro milanese e utilizzato in passato anche come centrale Enel, non è solo una carrellata di oggetti virtuosi, ma “è la storia del Compasso d’Oro, che ha di fatto costruito nel tempo la storia del design italiano. Racconteremo la produzione che sta dietro gli oggetti, le aziende e i designer che li hanno ideati. In mostra, verrà raccontata tutta la filiera – continua Molinari – mostrando il complesso divenire e le trasformazioni subite nel tempo dal design italiano. I premi dell’Adi oggi sono molto diversi rispetto a quelli più tradizionali dei primi anni, questo è un chiaro e interessante segno di come il mondo del progetto sia cambiato e si sia evoluto nel corso degli anni, allargandosi a una produzione più vasta. Il museo Adi è anche un tentativo di raccontare che il prodotto di design è il risultato di una complessità data dal coinvolgimento di aziende, artigiani, materiali di un determinato territorio, il territorio stesso, sino ad arrivare alla storia del Paese”. La scelta fatta dai curatori, per mostrare questa storia, è il discostamento dalla semplice sfoggia dell’oggetto, per prediligere invece la narrazione: “l’idea è quella di raccontare questa complessità, difficile da narrare, attraverso la collezione del Compasso d’Oro”.
L’allestimento di una storia
Il concorso vinto nel 2014 ha da subito delineato una chiara idea, quella ovvero di restituire alla città un museo ‘vivo’. “Ogni premio crea degli spaccati sul mondo della critica, del progetto, della produzione, ed è ben diverso rispetto a un museo che vuole raccontare la storia del design tracciandone la sua evoluzione con l’occhio dell’oggi – racconta Mara Servetto, che insieme a Ico Migliore e Italo Lupi stanno lavorando all’allestimento e alla brand identity del museo – Quel che abbiamo cercato di fare è di trasformarlo da museo di collezione in museo di narrazione. Abbiamo lavorato su spazi e scenari di racconto, dove poi i curatori si muoveranno, con la possibilità di avere densità variabili potendo innescare ogni volta racconti differenti”. Altro punto saldo del ‘programma’ degli architetti è il visitatore, posto al centro dell’esperienza: “l’architettura degli interni ha la funzione di costruire una determinata relazione tra visitatore e collezione, quanto più varia a livelli diversi, flessibile nelle sue evoluzioni. Sarà un posto in cui si tornerà, perché ci saranno sempre cose nuove da vedere. Non è un museo cristallizzato”.