Nel 2017 le vendite in Italia di arredo-bagno sono cresciute grazie alle ristrutturazioni. Ma il settore ha davanti diverse carte da giocare. Strategie custom made, tecnologia e apertura all’estero sono le principali. In attesa dell’avvio della digitalizzazione.
Secondo una recente indagine della società di ricerche Gsk, il bagno è una delle stanze più vissute della casa. Lì in media si trascorrono quasi sei ore a settimana. Il dato non sorprende in effetti. Da tempo quella che era considerata la Cenerentola della casa, la stanza più intima e considerata uno spazio di servizio è diventata un’oasi del benessere. Qualcuno addirittura sostiene che il bagno è il nuovo living. Le iperboli lasciano spesso il tempo che trovano ma i dati sono quelli che confermano con i fatti questo trend. Nel 2017, sottolinea Assobagno, l’associazione in seno a FederlegnoArredo che riunisce 140 aziende del settore, il mercato interno ha ripreso ulteriore vigore, soprattutto per rubinetti, accessori e termoarredi, mettendo segno una crescita dell’1,5 per cento. Un fattore rilevante è legato alle manutenzioni residenziali che, anche grazie alla presenza del bonus ristrutturazioni, ha generato una crescita di + 0,5% del numero di interventi nel settore privato.“Il trend sta proseguendo anche nel 2018”, ha dichiarato a Pambianco Design Paolo Pastorino AD Deltacalor e presidente Assobagno. “Oggi le attese sono ottimistiche e il mercato interno sta crescendo ma lo stand by dello scenario politico nei primi mesi dell’anno non ha permesso di mettere a fuoco tutte le potenzialità”, ha aggiunto Pastorino, sottolineando poi come: “gli incentivi per la ristrutturazione sono fondamentali perché il restyling del bagno può essere un’investimento importante, tanto che si fa mediamente una o due volte nella vita, nonostante sia l’ambiente della casa in cui sicurezza, igiene e pulizia sono più importanti e con importanti impatti ambientali in termini di risparmio idrico ed energetico”. Diverso il discorso dell’estero, che per ragioni dimensionali, non tutte le aziende sono in grado di coltivare. L’export nel 2017 rappresenta il 47% del fatturato complessivo, con un +1,1 per cento. Francia e Germania restano i mercati principali per vicinanza geografica e culturale (valgono rispettivamente 219 milioni di euro, in crescita del 4,1% e 208 milioni a +2,8%) ma restano diverse le criticità. Da una parte le certificazioni vincolanti in buona parte dei mercati stranieri, come gli Usa, e la mancanza di una politica comune anche in Europa. Dall’altra il problema “dell’offerta tendenzialmente monoprodotto delle aziende di bagno italiane. Per questo – aggiunge Pastorino – auspico delle operazioni di natura aggregativa, non necessariamente acquisizioni ma magari di marketing, per diversificare e rendere più appetibile l’offerta e condividere investimenti altrimenti troppo onerosi per una singola azienda”. Ma il bagno ‘chiavi in mano’ non è l’unico elemento che potrebbe determinare una vera rivoluzione del settore. Sul piatto c’è anche il discorso della digitalizzazione, che vede sempre più protagonista l’arredo ma che, con il bagno, deve trovare la sua strada. “Non possiamo sottrarci all’e-commerce – commenta il presidente di Assobagno – arriverà con modalità diverse perché stiamo parlando di prodotti complessi per i quali è prevista una installazione. Per questo stiamo sviluppando una mappatura del fenomeno in due Paesi, Germania e Gran Bretagna, per capire come si può sfruttare questo trend”.
STRATEGIA BRAND EXTENSION
Che il tema della digitalizzazione sia ormai nelle corde di tutti i gruppi del settore arredo-bagno è ormai assoldato. Scavolini, per esempio, ha lanciato nel 2017 il suo canale shop per le cucine al quale potrebbe aggiungersi in futuro anche il bagno.“A distanza di un anno dal lancio del progetto per le cucine – ha dichiarato a Fabiana Scavolini, AD Scavolini – i risultati e le performance dell’e-shop sembrano premiare la nostra tenacia e voglia di offrire un’esperienza d’acquisto inedita per il settore, pertanto stiamo valutando future evoluzioni che includano anche la linea bagno”. Per il gruppo si tratta in qualche modo di un ulteriore rafforzamento del progetto di casa ‘chiavi in mano’ che ha visto nel 2012 il lancio di Scavolini Bagno a fianco del main business delle cucine. “La scelta di introdurre delle brand extension e diversificare l’offerta nasce dalla nostra volontà di metterci in gioco con un progetto globale che trainasse l’apertura verso nuovi pubblici. In Italia, le estensioni sono state introdotte soprattutto per rispondere alla crescente voglia dei consumatori di avere una ‘home total look’ per arredare in modo coerente tutti gli ambienti”.“All’estero – aggiunge Scavolini – ha inciso anche la necessità di rispondere alle esigenze dei general contractors, che già da tempo chiedevano un’offerta completa”. Una soluzione premiante tanto che: “in alcuni paesi esteri le vendite sono da traino anche per le cucine”. Non per tutti però è così. O meglio, sebbene il punto di partenza, ovvero la brand extension da cucina a bagno sia comune anche ad altri gruppi, i risultati non sono necessariamente omogenei. Il Gruppo Boffi (a cui fanno capo i marchi Boffi, De Padova e MA/U Studio) ha avviato l’attività nell’ambito bagno negli anni Ottanta ma l’espansione è arrivata a fine anni Novanta. Nonostante la cucina incida per oltre il 70% sul turnover di 91,9 milioni di euro, il bagno ormai pesa per quasi un quarto dei ricavi. Ma spesso, a livello distributivo, bagno e cucina non seguono canali identici. “La tipologia di clienti spesso è diversa – racconta Roberto Gavazzi, AD del gruppo – per la cucina si osa di più mentre il bagno è più legato a un’estetica tradizionale”. Quel che conta, però, è la richiesta di un prodotto custom made.“Per il bagno – aggiunge – spesso ci si affidava ad architetti e falegnami e la notorietà del brand di arredo è diventata in molti casi di secondaria importanza. Per chi, come noi, lavora nella fascia alta è diventato indispensabile puntare su prodotti personalizzati e difficilmente replicabili. In pratica, più soluzioni d’arredo che singoli prodotti perché il bagno sta diventando un’area relax. L’altro elemento che spiega l’aumento della domanda di arredi bagno è l’uso dei materiali particolari come marmi e pietre speciali. E a questo proposito proprio la sinergia con le altre divisioni della casa, come le cucine, portano poi benefici in termini di gusto e di costi”.
IL BAGNO DIVENTA HI-TECH
Design e customizzazione sono i due elementi chiave che spiegano, in parte quel che sta accadendo nel mondo dei bagni. Ma poi c’è un terzo fattore da non sottovalutare ed è la tecnologia. Quando si parla di hi-tech si pensa istintivamente alla domotica ma le applicazioni sono infinite e arrivano fino a questa stanza. E coinvolgono anche le esigenze di consumi ridotti e alte prestazioni. “Il periodo di crisi ha lasciato un retaggio importante sul tetto di spesa. Viene data sempre più importanza al percepito del prodotto e di conseguenza c’è un’attenzione particolare al binomio performance e costo”, ha raccontato Augusto Ciarrocchi, AD di Flaminia, azienda di ceramiche di Civita Castellana (Viterbo) da 22 milioni di euro. “C’è in generale grande attenzione da parte della clientela finale a tutto il discorso della green economy oltre che della riduzione dei volumi d’acqua utilizzati e anche le aziende si sono mosse in questo senso”. Anche un colosso come Ideal Standard ha puntato su questo tema. “Rispetto a 10 anni fa, nel processo di acquisto si stanno affermando criteri non solo estetici per la scelta del prodotto, ma anche l’impatto ambientale relativo all’utilizzo e più in generale alla sostenibilità dello stesso considerando anche il ciclo produttivo” – racconta Eugenio Cecchin, AD di Ideal Standard Italia. Per questo nello stabilimento di Trichiana Ideal Standard ricicla più del 80% di materia prima e di acqua. E non è solo un discorso di sensibilità individuale. Se i progetti immobiliari possono vantare ad esempio certificazioni di basso impatto ambientale quali la Leed gold o platinum, questo è facilitato anche grazie alla scelta del prodotto che assicura il minor impatto ambientale in tutto il suo ciclo di vita dalla produzione alla messa in opera. Noi vendiamo attraverso due canali distributivi, spiega Cecchin, quello specializzato ed il DIY. La nostra offerta di prodotto è però personalizzata alle esigenze della distribuzione e quindi del consumatore finale”.“Il bagno – aggiunge – rispecchia le dinamiche della società: negli ultimi decenni il mercato si è polarizzato con i volumi del segmento “premium” in leggera crescita e una contrazione del prodotto di fascia media a favore di prodotti più semplici ed economici. L’ambizione di Ideal Standard è quella di offrire una gamma di prodotto completa per ogni segmento di mercato senza nessun compromesso sulla qualità, sostenibilità ambientale e funzionalità”. Il punto è trovare una adeguata distribuzione in grado di dare al consumatore informazioni sul prodotto, andando al di là delle logiche del prezzo. E in Italia il nodo principale è proprio questo. Duravit è un colosso tedesco da 450 milioni di euro (i dati si riferiscono al 2016) presente a livello mondiale in oltre 130 Paesi. Per Pierluigi Sgarabotto, managing director della filiale italiana del gruppo (che muove un giro d’affari di 15 milioni di euro circa), “il mercato italiano presenta una distribuzione molto frammentata, per servire una building industry costituita da molte realtà aziendali di piccole dimensioni. È l’unico mercato che conserva queste caratteristiche così specifiche. In Italia – aggiunge – lavoriamo solo con la distribuzione tradizionale e qualificata. Ad oggi, questa strada è percorribile solo tramite selezionati partner, opportunamente preparati e determinati a vendere valore, non prezzo. Ecco perché stiamo facendo delle scelte distributive chiare e trasparenti”.
FUORI DALL’ITALIA
Le opportunità di crescita, insomma, ci sono tutte per le imprese italiane del settore. Due sono le incognite che, se ben gestite, possono consentire una ulteriore spinta in avanti. Da una parte, come detto, la sfida della digitalizzazione che sta vedendo tutte o quasi le aziende del comparto impegnate nel dare una risposta coerente in base alle specificità tecniche di un settore che prevede sempre il filtro della distribuzione selezionata e dell’installazione da parte di un professionista. Dall’altro c’è l’estero, croce e delizia delle Pmi italiane, in genere vessate dal discorso dimensionale e dalla produzione in italiana. Ma non è l’unica difficoltà. “A livello internazionale soffriamo le barriere all’ingresso di alcuni Paesi che rendono le esportazioni in alcuni casi impossibili – sottolinea Francesco Bravini, export &marketing manager Flaminia – un esempio? Gli Usa, le cui condizioni stringenti in termini di certificazioni non consentono le vendite di sanitari europei in loco o i dazi nel sud America. Per imprese italiane questo è un problema. Nel nostro caso l’export si aggira sul 35% ma in genere le quote sono anche più basse”. Diverso il caso di Antoniolupi, azienda toscana che da più di 65 anni è specializzata nella progettazione e realizzazione di arredi per il bagno. “Abbiamo iniziato negli anni Duemila con le prime fiere all’estero per aggredire i mercati stranieri – racconta Andrea Lupi, AD dell’azienda da 28 milioni di euro di ricavi – ora il nostro export raggiunge il 70% grazie a Francia, Belgio, Germania e Olanda soprattutto e la Cina, dove apriremo un maxi show-room a Zhuhai nel Guangdong, è una delle aree che daranno in futuro maggiori soddisfazioni. L’Italia resta importante, sia chiaro, in modo particolare se si lavora con il canale dei progettisti dato che i punti vendita sono sempre più cannibalizzati dalla distribuzione dei grandi gruppi, ma è per ovvie ragioni un mercato limitato”. Il futuro, quindi, è fuori dai confini e in particolare nel Far East. “Lì gli architetti fanno da padrone ma sono gli investitori immobiliari che decidono gli arredi e lì funziona in base alla notorietà dei brand, oltre che al servizio di assistenza. Bisogna lavorare sul proprio nome, sulla riconoscibilità. È questo che fa la differenza”. E che potrebbe far fare il salto di qualità alle aziende italiane del bagno.
di Milena Bello