Il Museo Ginori è ancora chiuso, ma ha già iniziato a raccontare le sue innumerevoli storie. “Abbiamo scelto di farlo partendo dai luoghi di attesa, come le pensiline dei bus e le stazioni ferroviarie – spiega Consuelo de Gara responsabile della comunicazione del museo – e dalla città metropolitana di Firenze, dove è nata e cresciuta la mobilitazione popolare che ha avuto un ruolo decisivo nella riapertura”.
Il museo di Sesto Fiorentino (FI) non ha ancora ufficialmente aperto le sue porte, ma la voglia di far scoprire (o meglio ri-scoprire) le proprie collezioni d’arte è più che tangibile. Il nuovo sito si propone proprio questo obiettivo: offrire un insight su una selezione dei circa 8000 oggetti in porcellana e maiolica databili dal 1737 al 1990 che il museo custodisce. Tre secoli di storia del gusto e del collezionismo, che rappresentano un unicum a livello internazionale. “In ogni manifesto – prosegue de Gara – compare l’immagine di un’opera e l’invito a visitare il sito per ascoltare un podcast che, con un linguaggio semplice e inclusivo, fornisce una visione complessiva del valore di quel manufatto a livello artistico, tecnologico e sociale”.
La collezione del museo non ospita solo manufatti in porcellana ma comprende inoltre un’importante raccolta di modelli scultorei in cera, terracotta, gesso e piombo dal XVIII al XX secolo. Oltre a lastre in metallo incise e pietre litografiche per la stampa dei decori e un archivio di documenti cartacei e disegni – 300 dei quali appartenenti al fondo Gio Ponti.
“Il museo – spiega il presidente della Fondazione Museo Ginori, Tomaso Montanari – è vivo e pronto a condividere conoscenza. Lanciare un sito a museo chiuso è una sfida, ma è anche e soprattutto un’occasione per promuovere un’altra idea di museo e per portare in primo piano quello che comunemente rimane nascosto, ovvero il suo essere un centro di ricerca e di produzione culturale e una comunità impegnata a sviluppare un dialogo critico sul passato, sul presente e sul futuro. Lo staff del museo ha appena terminato l’inventario digitale di oltre 10mila opere e un’apposita sezione del sito documenterà anche l’avanzamento dei lavori di ristrutturazione della sede, che prenderanno finalmente il via questo autunno”.
Nelle pagine dedicate alle collezioni, il sito presenta le opere più significative del museo, con ampie schede critiche scritte dalle conservatrici Oliva Rucellai e Rita Balleri. Accanto alle celebri ceramiche per la tavola, compaiono sculture in porcellana; modelli in cera, gesso e zolfo; ma anche oggetti di uso comune come le targhe per i numeri civici e gli isolatori per le reti elettriche che testimoniano la versatilità della materia porcellana.
Grande risalto viene dato alle opere realizzate durante gli anni in cui la Manifattura è stata diretta da Gio Ponti. Le ceramiche da lui disegnate a partire dal 1923 rappresentano una parte estremamente rilevante della raccolta del museo. Costituita da più di quattrocento opere, il fondo pontiano include tanto piccoli oggetti di serie quanto capolavori mai replicati come il grande vaso La Conversazione classica o l’imponente centrotavola per il Ministero degli Esteri, uno dei pezzi più stupefacenti della collezione.