‘Cambiamento’, è questa la parola chiave che ha segnato il settore del design durante la pandemia. Un cambiamento iniziato già da tempo ma accelerato dall’attualità. Da questo tema ha preso il via la tavola rotonda che ha visto coinvolti Piero Lissoni (Founder and design principal di Lissoni & Partners), Massimo Roj (Ceo & Founder di Progetto CMR) e Marco Bonelli (Co founder di M2atelier) sul palco di Palazzo Mezzanotte in occasione del 7° Pambianco – Interni Design Summit.
“Stiamo assistendo a un cambiamento sistematico partito molto tempo prima dell’emergenza sanitaria – afferma Lissoni – e che ha visto un’accelerazione negli ultimi 20 anni. Due aspetti emergono: la virtualizzazione delle attività da parte delle aziende e la necessità di lavorare in team per condividere le specializzazioni e relative competenze. Servono professionisti con mentalità aperte in grado di spostarsi su modelli differenti e la compresenza di scientificità e umanismo“.
Il cambiamento ha investito anche il modo di concepire gli spazi urbani, con un ritorno alle città policentriche a misura d’uomo dove tutto può essere raggiunto in quindici minuti. “La riflessione indotta dal lockdown – dichiara Roj – ci ha portato a ripensare la progettualità ricordando il passato, riscoprendo la necessità di luoghi per socializzare vicini a casa: piazze, giardini, parchi. Bisogna ridurre il ‘commuting’ con l’investimento di tempo e la produzione di inquinamento che esso comporta“.
Non ultimo, la pandemia ha cambiato le relazioni con le persone, con i partner e i clienti. Secondo Bonelli “è aumentato l’intimismo anche grazie agli incontri privati, le zoom call programmate e su temi specifici, che hanno permesso di conoscere le esigenze più verticali e profonde dei clienti. Si è scoperto che, oggi, le persone prediligono spazi progettati per essere confortevoli più che formali, anche in ambito yachting“.
Prioritario, d’ora in avanti, anche sulla spinta del Pnrr, sarà investire in innovazione tecnologica e in sostenibilità “L’uso dell’IoT – commenta Lissoni – ha reso sostenibili alcuni modelli produttivi in passato inaccessibili. La gestione tecnologica dell’ordine, ad esempio, ci permette di costruire ogni oggetto su misura e di poter adattare ogni aspetto della parte ‘hardware’ della casa“. “La ricerca di prodotto – fa eco Roj – è parte integrante di questa spinta innovativa e noi con la divisione di Industrial Design, e grazie al fatto di essere una società di progettazione integrata, cerchiamo di trasferire il pensiero progettuale sull’oggetto, integrando materiali sostenibili e tecnologie“.
Un’ottica che “punta ad innalzare la qualità di prodotto e ad evidenziare cosa serva davvero in casa, consapevolezza raggiunta durante i lockdown“, aggiunge Bonelli.
Declinando il concetto di cambiamento in un’ottica di incremento della competitività internazionale, la soluzione condivisa sembra essere la ricerca di un aumento dimensionale. Se il concetto di studio di architettura piccolo e specializzato piace ed è perseguito da alcuni – “l’accorpamento non è l’unica risposta possibile” afferma Bonelli alla guida di un ‘boutique studio’ con 25 dipendenti -, la maggioranza auspica un’aggregazione degli architetti “per acquisire – commenta Lissoni – determinati progetti a livello mondiale, sebbene la media dimensione renda più agili e liberi di intevenire direttamente sui progetti“. “Piccolo è bello – conclude Roj – solo se cresci altrimenti vieni mangiato“.