IGV Group, azienda italiana di ascensori e piattaforme elevatrici fondata nel 1966 dall’ingegnere Giuseppe Volpe, ha consolidato negli anni l’identità di produttrice di stile, per la costante attenzione nella progettazione dei suoi articoli e per la propensione all’innovazione tecnologica. La cura dei dettagli e la sartorialità delle produzioni oggi non possono prescindere da un legame sempre più stretto con l’architettura e il design, cui si aggiunge una forte inclinazione verso soluzioni a impatto zero, come ha spiegato a Pambianco Design l’amministratore delegato del gruppo Michele Suria.
Avete alle spalle una storia lunga, che vi ha portato ad affermarvi nel settore come specialisti del prodotto su misura. Quali sono i punti di forza che vi contraddistinguono?
La nostra è una tipica storia italiana, in quanto è la storia di un imprenditore, l’ingegner Volpe, che da giovane si è trasferito a Milano e ha iniziato questa attività. Dalla sua intuizione l’impresa si è sviluppata fino a diventare un’azienda che esporta in oltre 90 Paesi nel mondo, con un fatturato realizzato per l’80% all’estero. Anche la sartorialità della produzione è un classico dell’imprenditoria italiana. Il settore degli ascensori si può suddividere in due macro classi: da un lato ci sono le quattro multinazionali – Schindler, Otis, Kone e Thyssen -, dall’altro una serie di produttori più piccoli. L’ing. Volpe, grazie a inventiva e attenzione al bello, ha saputo posizionarsi in questa seconda categoria, iniziando a fare ascensori sartoriali capaci di soddisfare esigenze inappagate dagli ascensori standard delle multinazionali.
Ed è merito di questa sensibilità se, in oltre 50 anni di attività, IGV Group si è distinta per aver assegnato all’ascensore non solo un ruolo tecnico e funzionale, ma anche estetico. Un percorso che ha portato alla nascita di Ad Hoc e alla nomina di Giulio Cappellini come art director. Qual è la visione strategica in cui si inquadrano queste scelte?
Nel settore dell’ascensore non è mai emersa un’azienda che in modo strutturato volesse entrare nel mondo del design. Ecco, Ad Hoc è la volontà forte di IGV di fare questo salto, di portare l’ascensore a essere, da una semplice macchina con una funzione d’uso, parte integrante dell’architettura di un edificio. E noi questo passaggio non l’abbiamo voluto fare in incognito, ma coinvolgendo Giulio Cappellini che ha sposato il nostro progetto.
L’ascensore diviene dunque parte integrante dell’architettura, e lo fa trovando un equilibrio tra forma e funzione. A livello di prodotto, a quali novità state lavorando? Qual è il vostro rapporto con designer e progettisti?
Rispondo citando un professore di architettura (Dario Trabucco, ndr) dell’università IUAV di Venezia, che ha scritto un libro sugli ascensori dal titolo ‘Oltre il quadrato e la X’, dichiarando la volontà di superare la visione imperante nel mondo dell’architettura dell’ascensore come accessorio e proponendolo come elemento integrante del progetto. Per far sì che questo sia possibile, va considerato che l’ascensore è una macchina automatica, che deve essere durevole e sicura, e che presenta delle complessità sia sul piano tecnologico che sul piano normativo. Noi siamo attrezzati per supportare gli architetti nella realizzazione di macchine destinate a ogni parte del mondo, dal momento che abbiamo al nostro interno ingegneri che si occupano degli aspetti tecnici, meccanici, elettronici e normativi. Li mettiamo dunque nella condizione di esprimersi in modo libero, potendo contare su un partner affidabile che segue anche la fase di installazione e di manutenzione in qualunque area geografica.
La sicurezza al tempo del Covid è un tema all’ordine del giorno. Per garantirla anche all’interno dell’ascensore state proponendo un sistema professionale per la sanificazione attiva della cabina (CARe), che utilizza contemporaneamente due tecnologie differenti e certificate, ossia un dispositivo di ventilazione meccanica e il fascio di luce ultravioletta UV-C del faretto LED. Quando è stato lanciato e quali risultati state ottenendo?
Abbiamo sviluppato CARe durante il primo lockdown. Si tratta di un sistema appositamente pensato per essere applicato a qualsiasi tipologia di impianto esistente, motivo per cui abbiamo ricevuto richieste anche da diverse multinazionali. I risultati al momento sono quindi molto positivi. Va sottolineato, inoltre, che CARe è un dispositivo certificato camera bianca sanitaria secondo la Norma UNI EN ISO 14644.
Volendo tirare le somme di questo anno da poco concluso, come è andato in termini di fatturato e come si prospetta il 2021?
Commercialmente parlando, è da un anno che abbiamo interrotto tutte le visite ai clienti, in Italia e all’estero. Nonostante ciò, abbiamo archiviato il 2020 con un fatturato di 12 milioni di euro, quasi un milione in più rispetto al 2019. Contavamo di fatturare 20 milioni e di fare delle aperture anche all’estero, ma siamo stati bloccati dalla pandemia. Teniamo comunque duro, anche se il 2021 è un grandissimo punto interrogativo. Continueremo a investire molto sulla tecnologia e sull’innovazione, parallelamente allo sviluppo di sinergie con gli studi di architettura.
A proposito di investimenti, siete presenti in più di 90 Paesi nel mondo ed esportate l’80% della vostra produzione. Come è attualmente ripartito il vostro giro d’affari? Su quali mercati avete pianificato di puntare?
Siamo abbastanza ben distribuiti: 20% in Italia, 30% in Europa, 30% in Asia e Oceania, 20% in America. Covid permettendo per quando riguarda le tempistiche, abbiamo in programma di passare alla vendita diretta negli Stati Uniti e di entrare in Cina.
Michele Suria, CEO di IGV Group