Storico avamposto asiatico, l’isola sta attraversando un momento di crisi e ora cerca un nuovo equilibrio commerciale. Nonostante ciò, resta una meta strategica per l’arredo, che qui ha iniziato la corsa verso Oriente.
Città-ponte tra Occidente e Oriente, piazza finanziaria riconosciuta a livello mondiale, al pari di quelle di New York, Londra e Parigi, ma anche centro nevralgico per il turismo dei cittadini cinesi più facoltosi e snodo per il Far East, Hong Kong è stata a lungo un catalizzatore di consumi luxury, cruciali per l’economia della città con un giro d’affari pre-Covid di oltre 12 miliardi di dollari. La metropoli è stata anche una tra le mete più onerose per gli affitti commerciali, almeno fino al 2022, grazie all’alto numero di spazi occupati dai retailer del lusso, e ha avuto il distretto dello shopping più caro al mondo, Tsim Sha Tsui, rimpiazzato di recente dalla Fifth Avenue di New York.
Tutte queste premesse rosee, però, non le hanno impedito di attraversare un periodo di crisi. Sulla crescita economica hanno pesato in questi anni i blocchi causati dalla pandemia, con un conseguente calo del numero di visitatori in entrata e una diminuzione delle vendite al dettaglio di beni di consumo di lusso, come ha riportato un’analisi di Daxue Consulting, società di ricerche di mercato e di consulenza strategica focalizzata sul mercato cinese. Nel 2020 il giro d’affari si era ridimensionato a 11,26 miliardi e in questi anni molte aziende hanno iniziato a delocalizzare i loro headquarter a Singapore, in Giappone o in Corea del Sud, mentre altre si sono spostate in Cina continentale.
Hong Kong: è l’ora del reloading
“Nella popolazione benestante serpeggia la preoccupazione per l’evolversi della situazione. Ci sono movimenti di exit dalla metropoli da parte dei cittadini storici”, racconta Roberto Gavazzi, presidente e CEO di Boffi|De Padova, che qui oltre a un partner locale vanta un team dedicato che gestisce tutta l’Asia per i brand del gruppo, “c’è però al contempo una migrazione dalla Mainland China verso la città, che resta un posto gradevole in cui vivere, con un buon clima, un’atmosfera occidentale e investimenti pubblici ingenti. Questi due fenomeni tendono a compensarsi e a far sì che le attività di sviluppo restino interessanti. Il nostro negozio, che si trova in una zona centralissima, continua a performare bene, e se sul fronte della clientela privata i prodotti come imbottiti/tavoli ecc soffrono un po’, sulla cucina rileviamo consumi in netta crescita. Va tenuto conto che la clientela degli affluent in quest’area è composta da persone mediamente giovani, e qui il loro gusto trova una buona corrispondenza nell’offerta. C’è una vivacità immutata”. E che Hong Kong sia luogo di sperimentazioni di format espositivi e vitalità lo dimostra anche Lasvit, brand ceco che ha ormai affermato la propria presenza sul mercato italiano dell’arredo grazie alla pluriennale partecipazione alla Design week Milano. Nel 2022 ha inaugurato qui il suo headquarter asiatico con un modello inedito, ossia il Lasvit Lounge, situato nel cuore di Wan Chai. Con uno spazio ibrido composto da cucina, area relax, sala conferenze, showroom e terrazza, l’azienda ha confermato la sua vocazione collaborativa e innovativa, unendo tradizione e tecnologia.
L’avanzata di nuovi snodi commerciali
Resta il fatto che negli ultimi anni il vantaggio di Hong Kong in termini di prezzi rispetto alla Cina continentale si è ridotto, passando dal 30-40% a una media del 15%. Un ruolo importante in questa competizione è stato svolto dai numerosi progetti economici avviati in diverse regioni cinesi, come riporta ancora Daxue Consulting. Per esempio, nel 2021 è stata approvata la legge sul porto di libero scambio di Hainan e negli ultimi tempi anche le città di livello inferiore della Cina hanno iniziato ad attirare l’attenzione dei marchi del lusso. “In Mainland China abbiamo negozi a Shanghai – dove stiamo per aprire un nuovo spazio per De Padova – a Pechino, Shenzhen e stiamo arrivando a Guangzhou. In generale, prevediamo una crescita per tutti i marchi nel Paese”, aggiunge Gavazzi. Un’altra realtà italiana che vanta una presenza storica sul territorio è Molteni&C., che fin dal 2005 a Shanghai e nel 2008 a Pechino ha iniziato collaborazioni stabili per poi attuare un’espansione che l’ha condotta fino agli attuali 17 showroom monomarca. Nel 2018 il gruppo Molteni&C|Dada ha inaugurato due flagship store a Hong Kong, estendendo il network distributivo in Estremo Oriente.
All’interno del mondo del lighting (ma non solo) è stata sicuramente Artemide tra i primi a scommettere su Hong Kong, grazie al visionario fondatore Ernesto Gismondi, che ha aperto qui la prima filiale asiatica nel lontano 1987. “In quegli anni era un punto da cui portare il brand nel mondo, uno dei primi fuori dall’Europa dopo la filiale americana”, spiega Carlotta de Bevilacqua, presidente e amministratore delegato di Artemide. “L’isola ha dunque rappresentato una via cruciale per il Made in Italy in Asia non solo attraverso una rete di dealer selezionati, ma anche tramite la crescita dei rapporti con i professionisti del settore”. Attualmente il brand di illuminazione, famoso nel panorama del design italiano e internazionale per la sua forte spinta innovativa, annovera filiali commerciali a Hong Kong, in Cina, a Singapore e in Giappone. “Negli ultimi anni nell’area i risultati sono stabili, mentre cresce notevolmente la zona vicina, soprattutto il mercato sud-coreano. Quindi oggi, nonostante la piazza resti importante, le maggiori prospettive di crescita sono concentrate in altri punti del Far East”, conclude la CEO di Artemide. Storicamente, dunque, Hong Kong ha rappresentato un avamposto asiatico per l’Occidente, un modello di presenza e investimenti che ha spianato la strada ai nuovi scenari distributivi, di cui ora e in futuro forse beneficerà l’area circostante, in particolare la Sud Corea.
di Vittoria Giusti