Un’occasione unica quella che il Piano nazionale di ripresa e resilienza offre all’Italia. Sotto tanti punti di vista, in particolare sotto il profilo della rigenerazione urbana, con la possibilità di colmare un gap importante che rende molti immobili non adeguati agli standard internazionali. Con una chiara conseguenza sugli investimenti potenziali. Già oggi gli investitori sono per la maggior parte esteri. Essi si concentrano prevalentemente su immobili di grado A. Ma va detto che gli immobili con oltre 60 anni di vita sono in Italia il 40%, mentre la media europea si ferma al 32%. Non solo: gli asset a potenziale rischio sismico superano il 70%. Nel resto dell’Ue sono il 30%. E ancora, mancano aree verdi, considerato che quelle disponibili per cittadino sono circa il 15% in Italia, quando nel resto dell’Europa la percentuale si attesta tra il 20 e il 30%. E’ quanto è emerso dal X Coima Real Estate Forum.
Se si riuscissero a colmare questi divari, si potrebbero rigenerare almeno 100 milioni di metri quadrati e dare corso a investimenti per 200 miliardi di euro in 10 anni. Inoltre, ne beneficerebbe l’ambiente, con una riduzione del 15% di emissioni di CO2, ma anche l’occupazione, con la creazione di posti di lavoro per 200-300 mila unità l’anno. Senza contare poi l’effetto volano sull’economia e in particolare sul turismo. Per dirla con il ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, “le caratteristiche stesse del patrimonio urbano del nostro Paese rendono sempre più urgente la necessità di ripensare completamente il modo di costruire le nostre città, mettendo al centro del processo non solo la sostenibilità ambientale, ma anche la qualità stessa degli edifici”. E qui entra in gioco il Pnrr che mette sul tavolo capitali per oltre 54 miliardi di euro riferibili a vario titolo alla rigenerazione urbana. Che possono diventare 85 miliardi se si includono gli investimenti in infrastrutture (31,5 miliardi).
“L’Italia ha nella sua storia la vocazione di sviluppare città straordinarie, e oggi, con un approccio sistemico da parte delle principali istituzioni pubbliche e private, è possibile comporre un piano industriale di riqualificazione del territorio che affermi un nuovo modello italiano culturale ed economico di sviluppo e consenta la crescita di aziende nazionali eccellenti che possano servire il Paese e competere a livello internazionale”, sottolinea il fondatore e CEO di Coima Manfredi Catella.
Considerando le due aree di maggiore interesse, Roma e Milano, risulta chiaro che la prima è più ‘indietro’ ma può “può cogliere importanti opportunità per gli anni a venire, con possibili accelerazioni anche grazie a eventi che coinvolgeranno la città, come il Giubileo, la Ryder Cup, l’European Aquatics Championships e la candidatura a Expo 2030”. Milano è ben posizionata, avendo da tempo, dal 2000, avviato un programma di rigenerazione urbana che ha dato vita a una filiera produttiva di professionisti e aziende che hanno maturato 20 anni di esperienza e che possono rappresentare oggi una risorsa importante per il Paese.