“Venini? È stata un’ottima acquisizione” dice Guido Damiani. L’azienda di Murano, che ha già superato i 10 milioni di ricavi, punta a crescere e intanto presenta le novità firmate da Peter Marino. Anche se l’acquisizione risale al gennaio del 2016, il primo anno del brand Venini sotto la proprietà di Damiani è stato a tutti gli effetti il 2017. Guido Damiani, presidente del gruppo di gioielleria che ha aggiunto un altro “prezioso” alla sua collezione di marchi prestigiosi (Damiani, Salvini, Rocca e Calderoni, oltre alla quota di minoranza in Pomellato) e il primo nell’ambito del design per la casa, è soddisfatto. Alla domanda: “lo rifarebbe?”, la risposta non mostra segni di incertezza. “Sì, abbiamo fatto bene ad acquisire Venini. A parte i risultati raccolti quest’anno, caratterizzato da una crescita a doppia cifra e da un’intensa attività nell’elaborazione di nuovi prodotti che presenteremo al prossimo Salone del Mobile, quel che ci stupisce è l’autorevolezza del brand, diretta conseguenza del suo essere un marchio storico del design, con quasi cent’anni di tradizione fondata su un know-how esclusivo e antico qual è quello dei maestri vetrai di Murano”.
Iniziamo dai numeri: quanto fattura Venini?
Dopo aver chiuso il 2016 a 8,5 milioni di euro, a fine 2017 supereremo abbondantemente i 10 milioni di ricavi. La crescita continuerà anche nel 2018, un anno durante il quale punteremo a ottenere quelle dimensioni che il brand merita di raggiungere. Siamo solo all’inizio… ma ben determinati a valorizzare gli asset interni all’azienda, una realtà capace di creare prodotti fantastici e arricchiti dal contributo di eccellenti designer e architetti con cui Venini collabora da molto tempo. Certi valori, talvolta, rischiano di esser dati per scontati, ma poi è il consumatore a dimostrare tutto il suo apprezzamento. E il cliente target di Venini ha un profilo assai simile a quello di chi acquista i nostri gioielli. La sua storia, pertanto, si intreccia perfettamente alla nostra, di gruppo che opera nel lusso da tre generazioni.
Quali sono gli investimenti principali previsti per il 2018?
Vogliamo rafforzare la struttura commerciale per espandere il nostro raggio d’azione a livello internazionale. Nell’immediato non prevediamo invece l’apertura di nuovi negozi, ambito nel quale abbiamo già investito con l’apertura dei negozi monomarca di Milano in via Montenapoleone, e di Tokyo nel quartiere Ginza, due location di assoluto prestigio. Lo store di Milano sta andando particolarmente bene e stiamo pertanto progettando un ampliamento dello spazio.
Retail o wholesale? Qual è il canale più strategico?
Dobbiamo ancora capire se il brand possa vivere di monomarca. Per ora siamo presenti a Milano, Tokyo, Venezia e a Murano, ma abbiamo anche inserito i prodotti a marchio Venini all’interno dei negozi Rocca. Lo capiremo con tempo e in ogni caso l’alternativa non è solo il negozio multibrand di arredo… ci stanno contattando diverse case d’arte, che vogliono inserire le opere di Venini a fianco di quadri e sculture d’arte contemporanea. Vogliamo inoltre rafforzare la divisione contract perché siamo certi che il prodotto si presti per arredare negozi, case, hotel e altri spazi concepiti da architetti. C’è poi tutto lo sviluppo nel settore illuminazione, che già ha acquisito un certo peso nel conto economico dell’azienda, e infine un progetto di inserimento nell’art de la table.
Il dna di Venini è legato al vetro artistico di Murano. Avete in programma degli altri investimenti produttivi?
Ci auguriamo di poterli mettere in pratica, ma saranno una diretta conseguenza dell’incremento delle vendite: se il mercato ci darà ragione, investire diventerà una necessità perché non abbiamo alcuna intenzione di spostare altrove la produzione. Credo che Venini potrà avere un peso sempre più importante nel distretto del vetro di Murano.
Dopo il vetro, ci sono altri ambiti legati all’arredo e alla casa dove potreste mettere a segno un’acquisizione?
Per ora ci concentriamo sull’esistente, pur essendo sempre attenti a quel che il mercato offre. In generale, non ci dispiacerebbe qualche altro sconfinamento al di fuori della gioielleria…
Per il Salone di Milano cosa possiamo aspettarci?
Siamo al lavoro con molte novità di prodotto, inoltre puntiamo ad ampliare il negozio di Milano in tempo per l’apertura della design week. Siamo convinti di poter fare un bel Salone.
E la collaborazione appena annunciata con Peter Marino per la collezione di vasi in limited edition Black belt?
Marino è un genio e il fatto stesso che uno studio con 160 architetti abbia accettato di collaborare con un’azienda piccola come Venini, è un’indiretta conferma dell’autorevolezza del brand.
di Andrea Guolo