Flos cresce (208,4 milioni nel 2016) ed entra nell’outdoor, ma la vera trasformazione avverrà con il passaggio dal concetto di lampada a quello di chip che emette luce. “Il nostro è un settore nuovo presidiato da aziende mature, e non basterà creare una start up”.
Piero Gandini ha giocato d’anticipo. Un mese prima di Euroluce, l’amministratore di Flos (208,4 milioni di ricavi nel 2016) ha presentato a Milano la prima collezione completa per esterni del gruppo controllato da Investindustrial, la cui produzione è stata affidata ad Ares, business unit acquisita due anni fa e punto di riferimento nella produzione di apparecchi di illuminazione architetturale per esterni. Con la luce outdoor, il gruppo italiano leader di settore completa l’universo dei prodotti e sistemi integrati d’illuminazione. “In quest’ambito – spiega Gandini a Pambianco Design – non mi pongo limiti economici. Credo che potremo ottenere risultati simili a quelli raccolti nell’architectural, dove eravamo partiti per ultimi, da 15 milioni di euro, ma nel quale, interpretando un prodotto tecnico in maniera creativa, ora siamo a 90 milioni”.
Con chi si dovrà misurare nell’outdoor?
Si tratta di un mercato piuttosto piccolo, se escludiamo l’ambito prettamente stradale che non ci interessa, con meno player ma tutti abbastanza omogenei in quanto caratterizzati da un atteggiamento fanaticamente ingegneristico, assolutamente comprensibile in termini di garanzie offerte al cliente. Da Flos, invece, il mondo si aspetta qualcosa in più. La perfezione del prodotto dev’essere un punto di partenza, non di arrivo. Dobbiamo essere innanzitutto innovativi.
Ares è l’azienda giusta per gestire questa parte di business?
Con l’acquisizione ci siamo trovati in casa un ‘gioiellino’ dotato di laboratori interni, impianto di verniciatura all’avanguardia, autoproduzione di schede led. Ha qualità ingegneristica e capacità manifatturiera eccellente. I limiti, semmai, erano individuabili nella strategia commerciale, anche se l’azienda ha sempre continuato a fare i suoi prodotti e a generare utili.
Dopo Ares avete acquisito Lukas Lighting negli Usa e, a febbraio, KKDC France per il mondo contract francese. Come operano le aziende? Autonome o dipendenti da Flos?
L’organizzazione di Flos è basata sull’efficacia verticale delle singole business units, perciò ogni azienda si muove secondo i propri obiettivi, sfruttando le sinergie di gruppo. Condividiamo il modello strategico, ma c’è autonomia gestionale per la massima efficacia sugli obiettivi specifici. L’eccessiva ricerca di efficienze gestionali, a mio parere, confonde obiettivi e la collocazione delle risorse e dei costi.
Cosa vi manca adesso?
Siamo ben strutturati e la crescita dovrà essere innanzitutto interna. Non escludiamo qualche futura acquisizione in mercati specifici, nei quali è necessario disporre di piattaforme e di cultura locale. Abbiamo qualcosa in mente anche nell’allargamento della gamma prodotto. La vera sfida, tuttavia, consiste nella visione futura del settore illuminazione.
In che termini?
Siamo passati da luce emessa da un tradizionale filamento, a luce prodotta da microchip. Gli apparecchi di illuminazione sono ovviamente collegati alla rete e questo apre molte prospettive: saranno il “Cavallo di Troia” della Internet of Things. L’illuminazione, con le ultime rivoluzioni tecnologiche, oggi è un settore nuovo, presidiato però da aziende mature e che parlano un vecchio linguaggio. E non credo che basti avviare delle start-up per rimediare, perché in questo caso parliamo di competenze specifiche totalmente nuove, una nuova cultura. Un po’ come quando il colosso Ibm si limitava a produrre computer e nacque Microsoft per offrire software e servizi… sappiamo come andò a finire!
di Andrea Guolo