Il design e l’amicizia, le affinità e lo stile. Era il 1992 quando Orbital – la lampada-scultura che sconvolgeva gli stereotipi dell’illuminazione dell’epoca – inaugurava la collaborazione tra Foscarini e Ferruccio Laviani. Oggi a trent’anni di distanza, quella luce arlecchino – ‘maschera’ dai tanti colori e ambasciatrice del meglio del nostro made in Italy – torna protagonista di una nuova pièce teatrale, un omaggio doveroso e sincero a chi negli anni è riuscito a creare il bello lavorando fianco a fianco. Alla regia, Gianluca Vassallo, un occhio magico che attraverso il suo obiettivo, usando setole di martora (quelle dei pennelli) più che pixel, è riuscito a dipingere attraverso le sue inquadrature l’anima del progetto. Un’opera d’arte libera per continuare a soffiare sul fuoco della creatività, Notturno Laviani – questo il titolo- è un progetto fotografico artistico costruito intorno a una particolare idea di luce.
“Una luce molto italiana – racconta Vassallo – che fa parte dell’immaginario di tutti noi ma che è allo stesso tempo pubblica e privata, intimista”. Questa luce esisteva da tempo nella mente di Vassallo. Ma è stato pensando a Laviani che è riaffiorata. “Ho riflettuto su l’uomo dietro il progettista», continua l’artista. «Ferruccio è una persona pubblica che produce oggetti spesso esuberanti che abitano nelle case di tantissime persone. Ma, allo stesso tempo, un individuo profondamente intimista, quasi ritroso quando deve raccontare quello che lo guida nell’atto creativo”.
La notte, dolce tempo benché nero. Tutto si ferma, eppure in quella bolla di silenzio e solitudine, il rumore interiore si alza, parla più forte. Ma sempre in punta di piedi, perché Ferruccio Laviani non ama stare sotto i riflettori. Le uniche luci sotto le quali ama stare sono quelle tracciate a matita per illuminare gli altri. E lo fa da tanti anni, sempre con la stessa passione, se si pensa che in fondo tutto è cominciato per un volere della sorte, come racconta il designer: “l’inizio è stato assolutamente casuale. Tutto si è messo in moto grazie a Rodolfo Dordoni, che all’epoca era art director dell’azienda. Poi mi sono guadagnato la fiducia e così pian piano sono passato dal prodotto a una collaborazione più ampia che spazia dalla progettazione di retail all’allestimento di vetrine, dagli stand alle installazioni”.
Galeotta, neanche a dirlo, fu proprio Orbital, un progetto “nato quasi da una scommessa – ricorda – è il mio primo prodotto, quello a cui sono senza dubbio più legato. È stata un trampolino di lancio che mi ha aperto le strade nel mondo del design, una sorta di biglietto da visita che da subito mi ha data tanta visibilità”. E continua: “un azzardo per me, ma anche per Foscarini che si è cimentata nella messa in produzione di una lampada che non cercava e forse neanche si aspettava”. Poi il resto è storia, un successo non scontato perché quella sfida tutta arlecchino insieme alla lampada Lumier progettata da Rodolfo Dordoni, hanno acceso definitivamente i riflettori su Foscarini, giovane brand che finalmente riusciva a trovare il suo spazio nel gotha dell’illuminazione accanto a ‘monumenti’ come Flos e Artemide.
Ma “chi avrebbe mai potuto credere che una lampada dall’estetica così connotata sarebbe piaciuta. Né che sarebbe sopravvissuta alla prova del tempo. Invece è successo e da quel momento la mia collaborazione con Foscarini è diventata una ricerca continua di progetti in grado di esplorare nuove modalità di produrre racconti, stili, atmosfere”. Oggi considerata un classico del design d’autore, è tra gli oggetti consacrati sulla serie di francobolli Design italiano editi da Poste italiane nel 2001, ma soprattutto è diventata la protagonista, insieme ad altri prodotti firmati da Laviani, delle immagini di Gianluca Vassallo che l’ha “ritratta sotto un cavalcavia dove campeggia il manifesto strappato di un circo e nello spogliatoio di un campetto di calcio di provincia, insieme alle scarpe di un bambino. Perché il circo e il gioco sono piaceri ma anche una scommessa che, chi li pratica, fa su sé stesso e sulla propria capacità di interagire con gli altri.» Un modo per offrire all’osservatore occasioni di riflessione personale, spunti per creare immaginari perché, “per sua stessa ammissione – dice Vassallo – quello che muove Laviani non è tanto la possibilità di arrivare alla migliore luce possibile ma la necessità di trasferire una parte del suo immaginario nella vita degli altri. E l’operazione viene considerata riuscita quando il pubblico partecipa a quell’immaginario attraverso la sua interpretazione”. La via migliore per trovare l’alba dentro l’imbrunire.