Con o senza lockdown, chiusure di confini, regole differenti tra paese e paese, il campo da gioco sul quale si sfidano aziende e settori industriali è il villaggio globale. La digitalizzazione spinta ha cancellato gli argini. Ma se le opportunità sono esponenzialmente cresciute, anche le difficoltà che ne sono derivate non sono da meno. Lo sanno bene le aziende che da anni esportano nel mondo il made in Italy, che stanno correndo per essere sempre più competitive e ‘giocarsela’, appunto, con i big player del mercato. Gli stessi studi di architettura stanno necessariamente crescendo, come dimensione, ma anche come competenze, che sono sempre più verticali e integrate. La condivisione di best practices e l’adozione di nuovi modelli di business possono aiutare il ‘piccolo’ italiano a crescere. Un esempio? Gli studi di progettazione, che da pochi dipendenti (qualche decina) che avevano soltanto fino a pochi anni fa, oggi tentano il salto dimensionale (anche qualche centinaia), unico modo per ottenere commesse importanti anche in Paesi lontani, ma anche a garanzia della performance per il committente. Se il terreno è favorevole e i giocatori di livello, il processo che si innesta è anche inverso. E’ così che una vera a propria star del diritto a Stelle e Strisce come Boies sceglie Milano quale nuova piazza dove aprire. Oppure Popolous, lo studio di architettura internazionale con sede in Kansas (in corsa per lo stadio di San Siro con Progetto Cmr come sfidante) che ha ora la sua filiale milanese. E prima ancora lo studio francese Willmotte & Associes Architechts. Mentre l’Italia prova ad andare nel mondo, il resto del mondo inizia a puntare sul Belpaese che diventa ‘attrattivo’. Nascono poli di riferimento, distretti che non necessariamente sono ancorati a un luogo in particolare, ma che mescolano e integrano competenze. Solo per citare la più recente operazione, la maggioranza di Interni, tra i leader della distribuzione alto di gamma di design, passerà al gruppo Lifestyle Design, che già ha in pancia Cappellini, Cassina, Ceccotti, Poltrona Frau, Luxury Living, la danese Karakter, DZine, JANUS et Cie, l’americana Luminaire. L’intento è federare, crescere, managerializzare la gestione, rafforzare il brand. Che il contenuto sia poi di qualità è dato per scontato. Perché questo è il made in Italy. Ma non basta più.