Da 48 anni internazionalizzazione e innovazione sono i punti di forza di Favaretto&Partners, studio padovano di design che, sin dagli anni ’80, ha attivato rapporti di lavoro all’estero, arrivando a collaborare con aziende in Usa, Canada, Brasile, e poi Italia, Germania, Turchia, Portogallo, Olanda, fino a India, Cina e Corea del Sud. Nel 2009, con l’ingresso in veste di amministratore delegato e direttore creativo di Francesco Favaretto, figlio del fondatore Paolo Favaretto, l’attività dello studio si è ulteriormente estesa e oggi abbraccia vari ambiti della progettazione, dal disegno industriale alla consulenza, fino alla pianificazione della comunicazione visiva per le aziende.
“La mia esperienza worldwide mi porta sempre più a studiare il mercato del domani, con un approccio che non si limita alla creatività, ma coinvolge i partner in un percorso di business condiviso – racconta Francesco Favaretto a Pambianco Design -. L’industria oggi, a mio avviso, ha bisogno di questo tipo di approccio e non dell’ennesimo prodotto, che spesso e volentieri rischia di essere fine a se stesso… senza prospettiva”. Un modo di interpretare il proprio ruolo di designer industriale che rivela numerosi punti di contatto con la figura del consulente, incaricato di individuare tendenze e nicchie di mercato in cui poter esprimere la propria visione, nonché di identificare opportunità di business capaci di offrire una prospettiva di sviluppo infrastrutturale a lungo raggio. Tra di esse, ad esempio, Favaretto cita la costruzione prevista in Cina, nell’arco di dieci anni, di almeno 350 aeroporti; oppure il rinnovo in Europa, grazie alle risorse del Recovery Found, dell’intero comparto sanitario.
Nel tempo, egli ha contribuito a dar vita a rapporti quasi sempre duraturi con diverse realtà produttive, insieme alle quali ha condotto l’intero processo di industrializzazione per gran parte dei progetti. “Se ci limitiamo alla creatività corriamo il rischio di non dare quel valore aggiunto che spesso e volentieri i nostri clienti cercano e la nostra professione rischia di non fare quel passetto in più che, ora come ora, penso sia necessario – spiega -. La novità sta in professionisti che riescono a intercettare le possibilità di sviluppo commerciale. L’industria ha bisogno di connessioni con le opportunità di business che il mondo offre e bisogna essere abili a captarle”.
Il suo raggio d’azione nel settore del product design spazia, infatti, dalla telefonia all’arredamento (sedute, illuminazione, imbottiti), dal medicale ai complementi per la casa. In particolare lo studio, che finora ha sviluppato all’incirca 600 progetti e vinto 110 premi a livello internazionale, si è specializzato nella progettazione, prototipazione e industrializzazione di arredi per l’ufficio, sedute tecniche (operative, direzionali) e sistemi per collettività, forte di un know-how che spazia a 360° su tutta la sfera industriale dei materiali e delle loro applicazioni.
“Oggi c’è una tendenza all’home office, in considerazione della quale le aziende hanno dovuto ripensarsi. Diversamente – prosegue Favaretto –, io sono sempre stato dell’idea che il prodotto dovesse essere trasversale, adatto sia all’ufficio che all’ambiente domestico. La mia visione di progetto, perciò, si estende a tutto tondo. Del processo industriale seguiamo tutti gli step, dalla consulenza per l’industria alla direzione creativa, fino alla messa sul mercato del prodotto, passando attraverso il briefing, il confronto, lo sviluppo, l’ingegnerizzazione e la prototipizzazione, vero e proprio quid in più nel quale credo fortemente”.
Ma il processo creativo richiede tempo. Tempo che il 2020 sembra aver rallentato… “Sicuramente questa situazione emergenziale ha lanciato un segnale anche alle aziende, invitando tutti a decelerare – commenta Favaretto -. Finora il design ha seguito troppo il ritmo che contraddistingue il comparto della moda, è stato eccessivamente stagionale. Non si dava neanche modo a un prodotto di farsi conoscere e apprezzare. Tempo ancor più necessario dal momento che io non faccio design, bensì disegno industriale, che comporta degli investimenti e un pensiero a monte del prodotto perché deve durare il più possibile”. Durata come segno concreto anche di un impegno nei confronti dell’ambiente.
Allungando lo sguardo verso l’anno da poco iniziato, lo studio si avvia a presentare una sessantina di progetti circa, spaziando da panche da aeroporto ad aree lounge, sedute per la collettività, imbottiti, illuminazione e prodotti per l’ufficio. Occhi puntati, inoltre, sull’Asia, con l’obiettivo di estendere le relazioni avviate nel 2011, proseguendo nel frattempo i progetti già in progress negli Stati Uniti.