La domanda di ceramica made in Italy è forte ma il comparto deve fare i conti con l’impatto del rincaro dell’energia e delle materie prime. L’inflazione alta fa il resto. Le conseguenze? Calo dei margini e degli ordinativi.
L’industria ceramica italiana ha archiviato il 2021 con un giro d’affari in crescita del 15% rispetto a 2019, raggiungendo i 7,5 miliardi di euro. A realizzare i fatturati sono 263 società attive in Italia, che occupano 26.537 addetti diretti. Il solo settore delle piastrelle ha superato i 6,16 miliardi di euro (+15,4%), realizzati per 5,2 miliardi dalle esportazioni e per 967 milioni di euro dalle vendite in Italia. Italcer Group, che ha in portafoglio Devon&Devon, La Fabbrica, Elios Ceramica, Ava, Ceramica Rondine, Bottega, Equipe, fondato nel 2017 da Alberto Forchielli con il fondo di private equity Mandarin Capital Partners II e Graziano Verdi, chiude il 2021 con un giro d’affari in aumento del 30% a 260 milioni di euro e punta a superare i 300 nel 2023. “Nel 2021 siamo riusciti a passare dai 200 ad oltre 260 milioni di fatturato. Quindi l’incremento è stato del 30%. In generale, posso dire che siamo cresciuti molto forte nel 2021 e siamo partiti particolarmente bene nel 2022, con una forte spinta che dovrebbe portarci a superare il target del piano che è vicino ai 280 milioni. Supereremo i 300 milioni di euro, perché nei primi sei mesi abbiamo già fatto 176 milioni di ricavi: un risultato ancora una volta molto significativo” spiega Graziano Verdi, anticipando anche che “Italcer in agosto ha realizzato vendite che hanno superato del 25% quelle dell’anno precedente. Il mercato c’è. Probabilmente, anche per mettersi al riparo dall’inflazione, le persone stanno investendo sulla casa, non solo in Italia, ma anche in Europa. Questo favorisce le aziende di qualità del distretto. Penso che il momento sia buono e per questa ragione non dobbiamo perdere l’occasione per rendere competitive le imprese”.
CRESCE LA COMPETIZIONE ALL’ESTERO
Tuttavia, cresce la competizione soprattutto da parte di quei Paesi che devono affrontare costi dell’energia ben diversi. “La Spagna, ha un vantaggio significativo rispetto al costo dell’energia ma non del gas. Il vero rivale vicino è la Turchia che ha accordi sul gas con Mosca completamente diversi da quelli dell’Europa, così come tutti i paesi asiatici, in particolare la Cina e l’India”. Una competizione che poco interessa il mercato interno. “Noi dobbiamo tenere conto del fatto che la manifattura ceramica italiana fa oltre l’80% di export. Quindi, la minaccia non è tanto in Italia dove vedo difficile che sbarchino i turchi, ma in relazione alla nostra esportazione verso Usa, Germania e Francia dove si possono aprire fronti che fino ad oggi sono sempre stati appannaggio valoriale del made in Italy. Il quale oggi deve arrancare con continui aumenti di prezzo causati dagli esorbitanti costi energetici e conseguenti continui pit and stop sulla produzione. Ci sono state infatti chiusure di diversi stabilimenti del nostro comparto. Questo porta a una situazione di difficile lettura da parte degli esportatori, che possono decidere di cambiare destinazione”. Numeri in crescita anche per Laminam, che ha chiuso il 2021 con un giro d’affari di 188 milioni di euro, con una crescita del +47% rispetto all’anno precedente, “anno che nonostante la pandemia aveva mantenuto gli stessi livelli del 2019”, spiega l’amministratore delegato Alberto Selmi. “Questo risultato – tiene a sottolineare – è stato il frutto del lavoro di tutti i colleghi e collaboratori del gruppo e degli stakeholder. Il trend positivo si è mantenuto durante tutto il primo semestre 2022 con una crescita di oltre il 35%”. La ragione del buon andamento? Selmi la individua essenzialmente nel fatto che “l’azienda ha saputo anticipare con coraggio determinate azioni ed i risultati positivi sono stati presentati ai nostri azionisti.
Il prossimo semestre sarà sicuramente più complesso e dovremo affrontarlo con ancora più coraggio e buon senso; il nostro obiettivo è garantire a tutti gli stakeholder il percorso di crescita che abbiamo intrapreso, basato su internazionalizzazione, digital transformation, persone e sostenibilità. La politica e la diplomazia dovranno trovare le soluzioni per permettere alla nostra industria di essere ancora competitiva; siamo una delle eccellenze del made in Italy nel mondo e vogliamo continuare a realizzare con le nostre superfici i progetti dei nostri clienti”.
ORDINI IMPORTANTI MA LA DOMANDA RISCHIA UN CALO
Lo scorso anno di Panariagroup è stato caratterizzato “da situazioni alterne”, spiega il presidente Emilio Mussini: “il primo semestre è stato particolarmente positivo, abbiamo deciso di uscire dalla Borsa; il secondo semestre ha di molto ridotto la positività del primo, a seguito del rallentamento generale della domanda e di un incremento di costi dell’energia: già nell’ultimo quarter, abbiamo visto un rallentamento della capacità produttiva con un effetto sulla redditività, che è comunque cresciuta rispetto all’anno precedente: 42 milioni di euro di Ebitda rispetto ai 37 dell’anno precedente”. Il 2022 ha avuto un inizio “molto prudente”. Il fatturato ha visto un incremento del 15% nei primi sei mesi, e questo anche come effetto “dell’aumento dei prezzi, avendo dovuto trasferire su di essi gli incrementi di costi energetici e trasporti. Sarebbe differentemente stato un anno molto positivo, perché la domanda è rimasta sempre molto alta”. Mussini vede in ogni caso un secondo semestre 2022 “positivo, perché abbiamo avuto ordinativi molto importanti fino alla fine di agosto. Il tema è che abbiamo prodotto a costi più alti rispetto ai sei mesi precedenti e dunque la marginalità inevitabilmente ne soffrirà. A inizio settembre abbiamo nuovamente aggiornato il listino e ciò avrà un impatto sulle vendite”. In ogni caso, ribadisce, “noi siamo positivi perché abbiamo adottato tutte le formule per fare saving. Abbiamo privilegiato materiali sottili, ridotto materiali ad alto spessore, addirittura sospesi e li abbiamo anche gravati di rincari molto importanti”. Resta “una situazione che non possiamo sostenere a lungo perché assisteremo inevitabilmente a una tendenza del settore a ridurre gli acquisti”.