Nardi, realtà leader dell’arredo outdoor, spinge sul programma sostenibile per il recupero degli arredi usati a cui dare una seconda vita, utilizzandone i materiali come base per la creazione di novità. Un trend in piena linea con le esigenze del mercato.
di Andrea Guolo
Il leader dell’outdoor punta a diventare il leader della sostenibilità con un progetto dedicato alla second life della plastica. Nardi, prima azienda italiana per giro d’affari (50,7 milioni di euro nel 2019) nel mobile da esterni, preme l’acceleratore sul programma industriale per la rigenerazione della plastica denominato Regeneration, naturale conseguenza di un impegno assunto trent’anni fa, agli esordi del percorso imprenditoriale della famiglia Nardi, per la realizzazione di arredi basati sul polipropilene, interpretato come materiale di qualità, ergonomico e dal ciclo di vita potenzialmente infinito. Una filosofia che ha spinto la famiglia Nardi a impegnarsi non solo nell’utilizzo di materiali riciclati, ma anche nel recupero stesso degli arredi usati per giocare un ruolo importante nel loro trattamento a fine vita. E dopo aver dato il via al progetto con il lancio di Komodo EcoWall, che ha ottenuto il riconoscimento del Green Good Design da The European Centre for Architecture Art Design and Urban Studies and The Chicago Athenaeum, nelle scorse settimane ha presentato il suo secondo prodotto in plastica rigenerata. Si tratta di Sipario, divisorio per ambienti disegnato da Raffaello Galiotto. E siamo solo agli inizi, perché la sostenibilità per noi costituisce una questione etica e di coscienza”, raccontano in quest’intervista Anna e Floriana Nardi, CEO dell’azienda di Chiampo (Vicenza).
Come nasce il programma Regeneration?
Da sempre, Nardi riutilizza gli scarti di produzione perché in azienda siamo convinti che sia fondamentale contribuire al miglioramento dell’ambiente. Il passaggio successivo è stato quello di dare una seconda vita a un materiale come il polipropilene che, se correttamente riciclato, può contribuire alla realizzazione di nuovi prodotti. Da qui è nato il programma industriale Regeneration. Il progetto pilota ha avuto il via circa due anni fa, non senza difficoltà.
Quali in particolare?
Nel rispetto di tutte le normative vigenti, abbiamo deciso di ritirare direttamente i materiali destinati in discarica con la collaborazione dei nostri clienti, partendo dal Veneto per poi estendere la raccolta in tutta Italia e ai mercati esteri. Alle ultime campagne di raccolta hanno aderito anche alcuni clienti del Belgio e della Germania. Ed è stato confortante osservare tanto interesse, suscitato dal fatto che un conto è utilizzare un materiale riciclabile, un altro è lavorare in termini di economia circolare e dimostrare che un oggetto, un arredo per esterni nel nostro caso, può avere effettivamente una seconda vita.
Quali clienti si sono dimostrati più interessati a questo tipo d’approccio?
Più o meno tutti. Forse gli architetti sono apparsi particolarmente pronti, essendo a loro volta sottoposti a richieste di questo tipo da parte dei propri clienti sempre più interessati a materiali sostenibili o riciclabili. Al debutto ufficiale del nostro programma industriale Regeneration, avvenuto durante il Fuorisalone del 2019, il fortissimo interesse suscitato non era tanto legato alla novità di prodotto, quanto alla scelta del materiale di recupero. Si tratta di un approccio che appartiene alla sensibilità comune, soprattutto in un momento storico come l’attuale.
I consumatori sono disposti a riconoscere un plus di prezzo ai mobili realizzati con materiali di recupero?
Sicuramente lo sono. Poi dipende dal sentire personale, dalla tipologia della clientela e dai Paesi di origine. Ad esempio, negli Usa o in nord Europa i consumatori si sono dimostrati particolarmente maturi in tal senso, ma anche in area mediterranea sta crescendo questo tipo di consapevolezza.
Il lockdown ha contribuito a rafforzare questo trend?
Il processo era già in atto, ma quest’anno l’attenzione legata ai temi della sostenibilità e del ciclo di vita dei prodotti è senz’altro aumentata. Per diversi motivi noi siamo impegnati da tempo nella ricerca per la gestione delle problematiche legate al riutilizzo della plastica e per riuscire a proporre prodotti performanti e di design in plastica rigenerata. Perché non è facile ottenere forme innovative, resistenti e belle con un materiale riciclato che offre un livello di performance decisamente inferiore rispetto a un materiale vergine. Per questo siamo partiti studiando e proponendo al mercato prodotti modulari autoportanti. Il know-how acquisito ci permetterà di presentare, probabilmente già nel corso del 2021, altre tipologie di prodotto con maggiori complessità estetiche e funzionali come tavoli e sedie in plastica riciclata.
Quanto avete investito complessivamente in Regeneration?
È difficile stimare una cifra perché gli investimenti comprendono diversi aspetti: R&D, design, tecnologia, l’acquisizione di nuovi spazi logistici…parliamo certamente di qualche milione di euro. Quello che però ci teniamo a sottolineare è che lavorare allo sviluppo del programma Regeneration è parte integrante della nostra strategia aziendale e che, nonostante gli inevitabili problemi dovuti all’attuale pandemia mondiale, tutti gli investimenti, anche in termini di tecnologie, per il 2021 sono confermati.
Essere specialisti dell’outdoor richiede una maggiore attenzione verso la sostenibilità rispetto, ad esempio, a chi opera nel mondo indoor?
Dipende innanzitutto dalla propensione dell’azienda. La discriminante non è tanto l’essere specialisti dei mobili da interno o da esterno, quanto in primis dal pensare che un’azienda ha anche una responsabilità sociale nei confronti del contesto in cui opera e quindi anche dell’ambiente e del suo saper guardar lontano. Nel nostro caso specifico, se l’arredo per l’outdoor viene trattato in modo corretto può avere lunga vita e, data la specificità del polipropilene, può essere anche rigenerato. Ed essendo un prodotto destinato al giardino o in ogni caso all’esterno, ha una sua naturale esigenza di armonia – sia in senso estetico sia in ottica di sostenibilità – con l’ambiente che lo circonda.
Come sta performando l’outdoor?
Molto bene per la parte retail e in generale per la domanda privata, perché il lockdown ha fatto riflettere ognuno di noi sull’esigenza di vivere all’aria aperta e su come strutturare meglio i nostri spazi outdoor privati. Soffrono di più i prodotti dedicati al contract.
E le vendite online?
Grazie anche ai forti investimenti in comunicazione – particolarmente rinforzati nella parte digital – durante e dopo il lockdown, la domanda online è decollata. A oggi, considerando le piattaforme specializzate e la parte e-commerce gestita dai nostri clienti fisici – in assenza di una nostra piattaforma a gestione diretta – l’online genera tra il 10 e 15% dei ricavi.
Come pensate di chiudere il 2020?
Prima della seconda ondata di contagio pensavamo di chiudere a -5%, a 47-48 milioni, nonostante lo stop legato al lockdown di marzo e aprile. Ora vediamo cosa succederà nella parte finale dell’anno, che non è per noi particolarmente rilevante in termini di fatturato, ma può comunque incidere sul risultato finale.
E le prospettive per il 2021?
Difficile fare previsione con questo scenario. Diciamo che potremmo ritenerci soddisfatti se riuscissimo a riconfermare i numeri di quest’anno.
E-commerce a parte, quanto state investendo nel digital?
Moltissimo, possiamo quantificare un aumento del 50% rispetto agli investimenti del 2019 in ogni settore del digital: investimenti sul sito in termini hardware e di contenuti, forte incremento nella produzione di immagini e video, spinta sui social, investimenti in adv e altro ancora.
Vi mancano le fiere?
Mancano a noi e anche ai nostri clienti, perché l’esperienzialità con i nostri prodotti è fondamentale, inoltre risulta difficile instaurare nuovi rapporti senza poter contare sull’incontro diretto. Nonostante tutto, guardiamo al futuro con positività. In questi mesi abbiamo messo a punto nuove strategie commerciali e di marketing, nuovi modelli comunicativi con la nostra forza vendita, e il fatto che la nostra organizzazione commerciale sia molto radicata e coesa, sta aiutando comunque molto. Ovviamente aspettiamo di vedere quando finalmente si potrà tornare in fiera; significherà che il peggio è passato, anche se va detto che l’esperienza di questo periodo ci ha offerto nuovi strumenti di valutazione e selezione dei diversi eventi.