A Mogliano, borgo d’origine medievale nel cuore delle Marche, Bottega Intreccio ha riportato all’antico splendore l’arte autoctona dei canestrai, intensificando in pochi anni collaborazioni di pregio con il mondo del design premium e consolidando un giro d’affari che sfiora i 5 milioni di euro. Al di là dell’unicità degli oggetti intrecciati a mano in vimini o midollino, l’intento dei creatori del brand è soprattutto quello di “rilanciare e valorizzare un know how che fin dall’Ottocento sosteneva un fiorente distretto manifatturiero conosciuto in tutta Europa, e dove circa 300 famiglie distribuite su un’area abitata da circa 5mila residenti, si tramandavano un patrimonio di competenze diffuse, tutte collegate fra di loro in una logica di filiera”, spiega Gianluca Maurizi, co-fondatore di Bottega Intreccio ed erede di una delle principali famiglie di artigiani moglianesi.
Grazie all’entusiasmo e al sostegno di un team di imprenditori-amici che hanno creduto nell’idea del marchio, come Valerio Placidi, Emanuele Frontoni , Maria Adele Vallasciani, Giorgio Scipioni, Massimiliano Di Paolo e Piero Sabatini, sempre a Mogliano viene fondata Carteca (nel dialetto locale significa ‘pressa e accosta’), la prima scuola italiana contemporanea nata per formare nuove generazioni di canestrai cui partecipano numerose delle aziende artigianali del distretto, mettendo a disposizione il proprio savoir-faire. Come accadeva nelle botteghe d’arte durante il Rinascimento, gli allievi non imparano solo la manualità, ma entrano in una profonda relazione con il talento degli intrecciatori esperti. E, in questo contesto, appare di particolare rilevanza anche il programma avviato dalla scuola moglianese per i ragazzi giunti in Italia come profughi. Carteca, infatti, “interviene al termine del percorso di accompagnamento stabilito dalla legge per offrire ai rifugiati un’opportunità concreta di inserimento sociale e lavorativo”, sottolinea Maurizi.

I valori della sostenibilità, territoriale e sociale, che fungono da guida per l’attività didattica, ispirano anche la filosofia imprenditoriale del brand Bottega Intreccio, atelier diffuso fra i colli maceratesi la cui direzione creativa è affidata allo studio Angeletti Ruzza Design di Rieti. “L’esperienza di Bottega Intreccio dimostra come sia possibile dare nuova linfa a un mestiere storico che rischiava di estinguersi e aiutare i giovani a scoprire quanto sia appassionante utilizzare le proprie mani per creare meraviglia”, aggiungono Silvana Angeletti e Daniele Ruzza. Del resto, come osserva la trend setter Li Edelkoort, “quella italiana è la cultura del fatto a mano: scultura, pittura, architettura, conciatura, filatura… Probabilmente è la cultura più manuale del mondo”, ed è quindi fondamentale che venga tutelata e sviluppata, evitando che vadano irrimediabilmente persi saperi secolari.

Accanto alla collezione di arredi e complementi di creazione propria, nel tempo Bottega Intreccio ha aggiunto importanti progetti custom per architetti e studi di interior decoration oltre a partnership con aziende del design e della moda: la prima è stata per la capsule di lampade disegnate nel 2017 da Maurizio Bernabei e presentate con successo alla Milano Design Week, in seguito lo studio Angeletti Ruzza Design ha coinvolto Bottega Intreccio per la realizzazione di arredi (come il divano Milli e la poltroncina Silene) e la definizione di nuove collaborazioni virtuose capaci di portare valore al marchio: ne sono esempi la poltroncina Lisetta di Elena Salmistraro e la lampada Antonym a firma di Silvia Stella Osella, mentre da ultimo Silvia Belli ha collaborato con il brand moglianese per la creazione del ventaglio Gigì, un utile ed elegante accessorio in midollino dal sapore rétro che innesta con grazia il gesto antico del “farsi aria” nei rituali della contemporaneità. Dove di fatto, come ha dimostrato anche Fendi realizzando con Bottega Intreccio una iconica Baguette in salice, c’è ancora tanto spazio per la cura e la bellezza.