C’è un nuovo protagonista in corso Monforte. La via della luce di Milano si appresta ad accogliere il flasghip store di Occhio, azienda tedesca fondata e amministrata da Axel Meise che, assieme alla moglie Susann, ha dato vita a una realtà caratterizzata da un tasso di crescita monstre e si appresta quest’anno a superare il muro dei cento milioni di ricavi. L’ingresso sulla piazza milanese coincide con il cambio di marcia di Occhio per il suo business internazionale e avviene in un momento di forte espansione nel quale, come racconta lo stesso Meise in quest’intervista, l’azienda vuole presentare al mondo il risultato di anni di studio nei quali Occhio ha realizzato una vera e propria rivoluzione nel comparto lighting.
Partiamo dal mercato attuale. Come stanno andando le cose?
Siamo vivendo una situazione molto particolare. Alcuni business continuano a soffrire e altri sono in pieno boom, a cominciare dal real estate. In Germania, ma credo stia avvenendo un po’ in tutta Europa, la gente sta a casa, non può spendere in viaggi o in altre attività esterne e così ha più soldi a disposizione per cambiare casa o per migliorare quella in cui vive. E questo sicuramente ci da una buona spinta.
Quando avete iniziato a cogliere questi segnali?
L’impatto del primo lockdown è stato spaventoso per tutti e in tutti i Paesi, perché comunque i retailer hanno dovuto chiudere i negozi e così il nostro cliente di riferimento è venuto meno. Poi però la situazione si è sbloccata in fretta ed è stato davvero sorprendente essere riusciti a chiudere il 2020 con lo stesso tasso di crescita dei tre anni precedenti.
Vale a dire?
Siamo cresciuti del 30% anno su anno, arrivando a fatturare 82 milioni di euro. Quest’anno il ritmo di incremento è lo stesso, tanto che pensiamo di chiudere il 2021 superando i cento milioni. Non credo che altri marchi della luce abbiano un tasso di crescita uguale al nostro e di questo siamo molto contenti e grati a tutti coloro che hanno dato fiducia a Occhio, marchio sostanzialmente nato dal nulla e che nel giro di quattro anni ha triplicato il suo giro d’affari.
Cosa differenzia Occhio dalla concorrenza internazionale?
La nostra è una visione della luce totalmente diversa. Non siamo specialisti di prodotti specifici, non ci affidiamo a designer esterni e non proponiamo una lampada da integrare ad altre lampade di marchi diversi. Mi piace dire che Occhio è un po’ come se fosse la Apple della luce, perché una volta che hai acquistato un iPhone sei portato a creare una sorta di sistema interno alla tua vita che poi prevede l’arrivo di un iBook, di un iPad e così via… Allo stesso modo, la scelta di Occhio finisce per rappresentare la realizzazione di una casa o di uno spazio nel quale ogni ambiente presenta una coerenza, perché grazie ai nostri led di alta qualità riusciamo a ricreare la luce ideale in qualsiasi ambiente, ed è regolabile in funzione delle esigenze personali. Si tratta dello joy of use: tutti i prodotti possono essere regolati attraverso Occhio Air, una app o un telecomando via bluetooth, modificando l’atmosfera dell’ambiente. Così promuoviamo una nuova cultura della luce.
Made in Germany o made in China?
Anche su questo siamo simili a Apple, i cui prodotti sono disegnati in California e prodotti in Cina. I nostri sono concepiti in Germania e prodotti dai nostri partner affidati cinesi, che soddisfano le nostre alte aspettative di prestazioni e qualità e lo fanno a prezzi competitivi. Se dovessimo produrre le nostre luci in Germania o in Europa, ci troveremmo ad affrontare costi ben più alti e avremmo difficoltà a ottenere le quantità necessarie. Siamo pertanto molto contenti dei nostri fornitori cinesi, che peraltro ci offrono tutte le garanzie del caso anche su un altro aspetto importante quando si ha a che fare con la Cina: quello delle copie.
Quali sono i vostri canali di riferimento?
Attraverso i nostri partner retail, lavoriamo per case private, sale conferenze, uffici, spazi pubblici, hotel e ambienti residenziali e progettuali. In realtà non esiste un confine e non siamo nemmeno strutturati come altre aziende specializzate nel residenziale che si avvalgono di società mirate al canale progettuale, come ad esempio Flos con Antares. Abbiamo al nostro interno un team dedicato al contract e quest’anno è stata lanciata un’estensione di gamma ideata proprio per realizzare prodotti che siano più in linea con la domanda legata al progetto, con il plus della tecnologia digitale e della connessione ai sistemi smartphone. Al di là di questo, la struttura organizzativa di Occhio è piuttosto semplice e vede al centro di tutto i nostri partner distributivi, a cui offriamo il supporto necessario perché riescano a trasmettere al mercato quello che è il nostro potenziale. E sono loro poi a tenere i rapporti con tutti i canali, compreso quello progettuale.
Siete nati in Germania e certamente quello tedesco è il vostro mercato di riferimento. Quali sono gli altri Paesi-chiave per il vostro business?
Sta toccando un punto debole… Dalla Germania dipende oltre la metà del giro d’affari, poi siamo forti in Austria, Svizzera e Benelux. Il resto dell’Europa non è ancora stato sviluppato come avremmo voluto ed è per questo che, nelle strategie dei prossimi anni, la priorità è stata assegnata al rafforzamento delle posizioni nei maggiori Paesi del nord e del sud Europa dove già disponiamo di partner locali, ma a questo punto occorre essere in grado di intercettare tutte le possibilità di crescita che si stanno creando in quei mercati. Anche perché, ed è un dato significativo, il 95% del nostro business attuale viene fatto in Europa e pertanto ci consideriamo market leader europei nel segmento premium. Ma siamo altresì consapevoli che occorre cambiare passo, perché un market leader deve essere più visibile, a cominciare dall’Italia.
Ed è per questo che state per aprire un flagship a Milano…
A Milano in corso Monforte! La via della luce, una strada obbligata per chiunque sia alla ricerca di soluzioni per l’illuminazione di un ambiente. Non è il nostro primo flagship store, ma è il primo che apriamo al di fuori della Germania dove siamo già presenti con due location a Monaco di Baviera, una a Colonia e una molto grande ad Amburgo. Il prossimo, dopo Milano, potrebbe essere a Shanghai.
Perché il flagship e perché a Milano?
La soluzione del flagship a gestione diretta non rappresenta un’alternativa al legame con i nostri partner, che resta per noi fondamentale, bensì una vetrina per trasmettere l’esperienza completa che si può ottenere con la cultura della luce che caratterizza l’offerta di Occhio. Sono dei veri e propri business hub con personale dedicato alla consulenza e alla progettazione, per offrire alla clientela molti più servizi rispetto a un negozio tradizionale. Quanto a Milano, la risposta è molto semplice: siamo una design company e dobbiamo essere presenti nella capitale europea del design. Vogliamo esserlo per conquistare non solo il mercato italiano, ma per disporre di una base da cui poter raggiungere l’intero bacino del sud Europa. E poi avremo anche a disposizione uno spazio strategico per le situazioni importanti che si presenteranno a Milano, a cominciare da Euroluce e Salone del Mobile.
Una curiosità: lei ha fondato Occhio nel 1999, ma prima che cosa faceva?
Avevo un negozio di illuminazione. Ed è stato proprio lavorando a contatto con il cliente finale che ho compreso l’esistenza di un gap tutto da colmare tra la domanda e l’offerta. Infatti, in negozio avevamo tante soluzioni diverse ma non c’era un’azienda che fosse in grado di offrire un insieme di soluzioni coerenti per ogni situazione. E allora diventava necessario realizzare un mix tra i marchi, che però rendeva insoddisfacente il risultato perché nella casa si creavano dei contrasti e veniva meno l’insieme armonico dell’illuminazione. Con la diffusione dei led, la forza di Occhio è aumentata perché utilizziamo in ogni ambiente gli stessi led dal colore perfetto.
Ha chiamato l’azienda Occhio, uno dei suoi prodotti più celebri è Mito… le piacciono i nomi italiani?
Anche i miei figli hanno nomi italiani, si chiamano Matteo e Luca. Mi piace l’Italia e ho anche imparato un po’ la vostra lingua. Venendo a cose più tecniche, l’Italia è la terra del design e penso che il nostro design possa essere in qualche modo italiano, avendo però alla base l’engineering tedesco, il che mi pare sia un’ottima combinazione. E poi, certamente, l’appeal della lingua italiana è ben diverso rispetto a quello della lingua tedesca, che suona decisamente ostica per un prodotto di alto design. Poi, certo, ci sono le difficoltà dei clienti tedeschi che non riescono a pronunciare bene la parola Occhio e ne derivano espressioni strane tipo occio e simili, ma questo è un altro problema…
Cosa pensa dei produttori italiani del mondo luce?
I brand italiani sono le icone del design nell’illuminazione. Noi abbiamo cercato e trovato una strada diversa, di conseguenza credo che siamo ormai incomparabili. Il fatto di disporre di un sistema chiuso è totalmente nuovo per questo mondo, inoltre la qualità del nostro sistema di illuminazione è altissima e la qualità della luce è talmente buona – l’indice Cri di Occhio è pari a 97 e si avvicina al valore massimo 100 che equivale alla luce solare naturale – che nessuno pensa che i led possano arrivare dalla Cina.
L’apertura del capitale a soci esterni è un percorso che avete già affrontato con l’ingresso in minoranza di Emh Partners. Con quali risultati?
I risultati sono evidenti e senza il sostegno di un fondo come Emh Partners sarebbe stato sostanzialmente impossibile reggere un ritmo di crescita del 30% annuo. Prima di scegliere loro, avevamo ricevuto diverse offerte che però non ci avevano convinto. La scelta di Emh è legata sostanzialmente a due ragioni. La prima è che non pretendeva la maggioranza del capitale, e questo ha permesso a me e mia moglie di rimanere al comando di Occhio per portare avanti il progetto che avevamo in mente. La seconda è che quando ho incontrato per la prima volta i fondatori di Emh, ho scoperto che non avevano ancora compiuto i trent’anni. Sono imprenditori, giovani, dinamici: è stato come l’ingresso di una nuova generazione in azienda ed è avvenuto nel momento migliore, quello in cui avevamo già sviluppato i prodotti giusti e dovevamo far capire il potenziale di questa gamma al mercato. E da lì abbiamo spiccato il volo, triplicando in quattro anni il fatturato.
E ora?
A me piace andare veloce e penso che siamo soltanto all’inizio di questa impresa che ci ha reso market leader in Europa grazie a pochi paesi europei. Il mondo è grande, e c’è davvero tanto da fare…
di Andrea Guolo