Un ‘non problema’ la Brexit, se non una complicazione di natura amministrativa, per gli operatori della progettazione internazionale, già abituati a operare su larga scala e a macinare tematiche transnazionali. E intanto anche Milano cresce e acquisisce nuovi modelli di business.
Multidisciplinari, sovranazionali, ibridi dal punto di vista dell’operatività, sempre più grandi quanto alla size e dunque alla capacità stessa di investimento e di affrontare progetti di ampio respiro. Gli studi italiani di architettura crescono e, fatta salva la loro naturale competenza, adottano invece, da un punto di vista della gestione e del modello di business, un approccio più anglosassone. Che, in qualche maniera, ha consentito loro di sostanzialmente bypassare Brexit. One Works, che ha sedi a Londra, in diverse città italiane e nel Golfo, si è dotato da sempre di un modello organizzativo di natura non territoriale, piuttosto disciplinare. Leonardo Cavalli, che con Giulio De Carli ha fondato lo studio e ne è managing partner, evidenzia che i diversi uffici sono in grado di portare competenze diverse al tavolo del progetto: Milano è legata alla progettazione architettonico-urbanistica, Venezia alla parte di ingegneria del progetto, Roma al tema della consulenza in ambito aviation, mentre Londra guarda a una scala urbana, allo spazio pubblico. Dubai, infine, è un ufficio di gestione dei progetti. In particolare, lo studio di Londra “non è necessariamente e solo legato alle opportunità locali. Può partecipare a una parte di progetto in Italia, piuttosto che in Arabia Saudita. Esattamente come uno studio in Italia può essere parte di un progetto in Inghilterra”.
COMPETENZE VERTICALI
In questo senso, tiene a precisare Cavalli, “abbiamo anticipato il concetto dello smart working. Le sedi hanno sempre funzionato in questo modo e ciò ha reso per noi il tema della Brexit sostanzialmente secondario. Un mercato, quello inglese, che già prima era molto protetto. Semplicemente la Brexit ne ha confermato l’attitudine”. Se, dunque, è “facile vedere un progetto italiano in Francia, uno tedesco in Italia o uno francese in Polonia, è sempre molto difficile vedere un progetto italiano in Inghilterra, ad accezione ovviamente di certi studi transnazionale, come quello di Renzo Piano per citarne uno. Ma nel mercato più quotidiano è più difficile, così come è difficile vedere un progetto inglese in Europa, ad eccezione, ancora una volta, di uno firmato Foster o Zaha Adid”. Al netto delle forme e della territorialità o meno dei progetti, di certo One Works con Brexit non ha “percepito una grande differenza: noi funzioniamo – evidenzia Cavalli – come un unico studio che semplicemente ha sede in luoghi diversi. Dal punto di vista della disciplina del progetto non ha portato nessuna differenza”.
E in Inghilterra One Works ha lavorato, ad esempio, a due progetti recenti: uno nello Yorkshire e un altro nel cosiddetto corridoio Oxford-Cambridge, quest’ultimo con un carattere più strategico, insieme al leader del raggruppamento Mae, “essendo un esercizio progettuale organizzato dal Governo, dal ministero dei Trasporti per la precisione, dove il tema era analizzare la possibilità di utilizzare un vecchio tracciato ferroviario, oggi non in funzione come servizio diretto, ma con una serie di tratte che possono portare a una rimodulazione del servizio e a una capacità insediativa di 2 milioni di abitanti”. L’aspettativa di crescita dell’Inghilterra, del resto, è diversa da quella italiana e vede una forte pressione su Londra. Così “il Governo si è posto il problema di dare strategicamente una risposta” spiega Cavalli. Lo studio di Londra oggi sta lavorando con quello di Milano al masterplan del porto di Livorno, alla trasformazione del porto mediceo, avendo questa dimensione di spazi pubblici.
BREXIT TEMA TUTTO INTERNO EUROPEO
Se Livorno è un progetto guidato dall’Italia, a guida londinese è invece il grande progetto del boulevard della Mecca: uno spazio pubblico molto grande, pedonale, che collega la nuova stazione di alta velocità realizzata da Norman Foster con la casbah che è l’oggetto del pellegrinaggio del mondo musulmano”. Il lungo boulevard, di 3 km e 700 metri, è una grande infrastruttura che prevede una linea metropolitana, un parcheggio, una linea pedonale e un nuovo quartiere che ne deriverà. “Noi ci occupiamo, all’interno di questo progetto, dello spazio pubblico”. Un progetto, dunque, a guida Uk: “il vantaggio di Londra è che in alcuni mercati è percepita come meno periferica dell’Italia e per alcuni clienti, come quelli del Golfo, resta il luogo di riferimento europeo. Lì Brexit non viene percepita come da noi: è un tema interno europeo”.
Del resto, hub internazionale dell’architettura Londra lo è da qualche decennio, “almeno dagli anni Duemila”, ricorda Cavalli, che non manca tuttavia di evidenziare che “Milano è pure molto riconosciuta. Non voglio sottovalutarne il ruolo dell’Italia, ma progetti di più grande scala sono più facilmente associati al mercato anglosassone”. Perché? “Storicamente le relazioni di Inghilterra, Francia e Spagna sono legate alla storia politica delle rispettive nazioni e l’Italia, in questo senso, non ne ha altrettante” chiosa Cavalli. E poi, sicuramente, hanno sviluppato una capacità e una dimensione dei servizi che appaiono più adeguate alla scala, all’investimento necessario per fare un progetto in quel luogo. L’Italia ha un mercato dell’architettura e dell’ingegneria piuttosto frammentato. Non si discute la competenza, ma semplicemente la capacità finanziaria che la dimensione di una società può offrire, quando un cliente richiede un progetto molto grande, a garanzia di una adeguata performance”.
SIZE E CAPACITA’ FINANZIARIA SPINGONO LA CONCENTRAZIONE
La size, dunque, e la capacità finanziaria. Ma le istituzioni finanziarie inglesi hanno maggiormente contribuito a fare crescere questo ecosistema? Storicamente il mercato inglese, come quello americano, “ha operatori più grandi e dunque anche una concertazione nel settore dello sviluppo e dell’investimento che ha comportato una crescita della dimensione delle società che operano nel mercato. Ma – avverte Cavalli – anche in Italia sta cambiando. Oggi uno studio di 50-60 persone è la norma. Trenta anni fa non esistevano, perché il mercato, con l’arrivo dell’euro, si è internazionalizzato, gli operatori sono in numero minore, c’è stata una selezione, ma ora sono più grandi, c’è maggiore competenza”. Dunque anche in Italia sta avvenendo “una forma di concentrazione”. E non ha fondamento, a suo avviso, la diatriba su ‘la quantità che sostituisce la qualità’. “Posso assicurare che non è così, però è uno dei due elementi che pesano nella possibilità di sviluppare un business. E l’Inghilterra lo fa da sempre. Ha un mercato internazionale da sempre”. In questo particolare momento storico, insistono poi anche altri temi. La crisi sanitaria su tutto, ma anche le difficoltà nel reperire le materie prime che porta anche con sé un incremento dei prezzi delle stesse. Per Cavalli, “nel 2020 molti lavori si sono bloccati o rallentati e, per la testimonianza che possiamo darne, abbiamo sperimentato un inizio del 2021 molto simile al 2020, ma da metà anno la situazione è cambiata molto e oggi il lavoro sta crescendo, così come le opportunità. C’è un sentiment di vera ripartenza” assicura. Di certo avendo da sempre lavorato in smart working tra le diverse realtà operative, per One Works il passaggio al remote working è stato indubbiamente più semplice. Resta il fatto che “quello che abbiamo notato è che per alcune attività, in particolare quelle di progetto, la prossimità spaziale è molto importante perché permette di essere da un lato più veloci nella discussione a anche più creativi perché lo scambio in prossimità ha quello l’aspetto di informalità che la tecnologia non incoraggia. Ora, il vero tema è trovare un corretto bilanciamento. Spero ci sia un lascito di vantaggi, poiché è stato rotto il tabu dell’incontro virtuale. Prima in Arabia Saudita dovevamo andarci in due per tre giorni, ora possiamo fare un incontro in sei in due ore”.
LA GRANDE OCCASIONE DI MILANO
Insomma, anche la progettazione diventa multichannel, “in maniera molto naturale. E mi sembra ragionevole come modalità”. E se con Brexit si è sperato che Milano potesse ereditare il ruolo di hub finanziario di Londra, cosa che poi non è accaduta, va comunque detto che l’Italia ha recuperato importanza e credibilità internazionale, per varie ragioni: come lascito di Expo, la guida del Governo di Mario Draghi, i tanti denari che stanno arrivando in Italia e i molti investimenti internazionali. Ma tutto ciò che opportunità rappresenta? “C’era il rischio che Milano potesse perdere il grande traino dell’Expo perché due anni di lockdown e il ridimensionamento delle relazioni internazionali potevano chiudere una stagione, ma ho l’impressione che così non sia. E può essere che questo arrivi a comportare anche una trasformazione della organizzazione professionale. Staremo a vedere. Credo che i prossimi cinque anni siano vero banco di prova perché, se è vero che anche l’Italia sta vivendo una ulteriore riorganizzazione e crescita degli operatori con sempre maggiore competenza, questo non potrà che trascinare gli operatori professionali”. Milano conferma la vocazione internazionale e accoglie anche modelli di business diversi. “Questo non potrà che accrescere la competizione in senso positivo, stimolando e ragionando su come ci si debba organizzare. Ci sono le condizioni affinché un ragionamento venga fatto. E questo grazie alla apertura del mercato italiano verso l’estero. Un’occasione per cogliere opportunità più grandi, ragionare su come ci si organizza e comprendere il funzionamento complesso del mercato internazionale” conclude Cavalli. E intanto, One Works cresce e stima di chiudere l’anno con un giro d’affari di circa 12 milioni di euro, in leggera crescita rispetto allo scorso anno.