La ricerca dell’artista francese Eva Jospin trae ispirazione dalla natura in tutte le sue articolazioni semantiche e visive. Selva – il progetto realizzato al Museo Fortuny di Venezia a cura di Chiara Squarcina, Pier Paolo Pancotto e in collaborazione con Galleria Continua – va proprio in questa direzione. Le opere dialogano non solo con il contesto storico e ambientale che le accoglie, ovvero il quattrocentesco Palazzo Pesaro degli Orfei, ma soprattutto con l’identità delle raccolte che custodisce, ovvero la poliedrica produzione artistica del couturier, light designer ante litteram e artista catalano Mariano Fortuny y Madrazo.
Attraverso l’uso di materiali quali cartone, fibre vegetali, parti metalliche e tessuto, l’artista dà vita a composizioni plastiche anche di grande volume e di notevole impatto scenografico. Opere dal tono onirico, a tratti fiabesco, nelle quali alberi, formazioni geologiche, brani di vegetazione e strutture architettoniche inducono a riflettere sul tema della creatività e del farsi stesso dell’arte. “Un dialogo – si legge in una nota della Fondazione Musei Civici di Venezia – che lascia emergere impreviste affinità estetiche e operative tra le poetiche dei due interpreti: un confronto e rimando continuo tra Jospin e Fortuny sulla natura, sui processi creativi e sperimentali, che trovano la massima espressione tanto nell’ideazione e ricerca sul tessuto, quanto nello studio dell’artificio e della finzione scenica, sempre connaturati all’universo teatrale, riflettendosi costantemente sui temi della prospettiva, delle proporzioni e sul rapporto visivo ed emotivo tra creazione artistica e spettatore”.
L’installazione nel portego di Palazzo Pesaro degli Orfei è una vera e propria “selva” artificiale che, una volta percorsa, dà la sensazione di perdere ogni cognizione di tempo e spazio, di trovarsi in un “altrove” indefinito e a tratti disorientante. Il fulcro dell’installazione è Galleria (2021-2024): un passaggio ad arco con soffitto a cassettoni realizzato con cartone, legno e materiali vari in cui ricorrono diverse fonti d’ispirazione del lavoro dell’artista. Alcune di queste, derivanti dai suoi viaggi in Italia, come le architetture rinascimentali e barocche, quelle classiche, capricci, rovine e fontane, ville patrizie e dimore storiche, edifici religiosi, fino alle opere nei musei. All’interno della struttura, come in uno studiolo rinascimentale, trova posto una sequenza di pannelli in legno, cartone e collage alternati a disegni che raffigurano delle vedute che, pur facendo riferimento a elementi della quotidianità, evocano un mondo lontano, fiabesco, quasi mistico come quello delle atmosfere simboliste e nabis.
Alle estremità del corridoio si trovano due composizioni plastiche che ne costituiscono il duplice ingresso. La prima, anch’essa chiamata Galleria, riproduce quasi a dimensione naturale una sezione di foresta resa ancora più credibile dai colori bruni del legno e della fibra di cellulosa che le danno consistenza. La seconda, Nymphées, appare come un omaggio dell’artista alla tradizione architettonica veneziana dal XVI secolo in poi: una serliana articolata in un’apertura centrale ad arco e due laterali trabeate al cui interno sono appesi due ricami incorniciati, sovrapposti, a loro volta, ad altri ricami seguendo una modalità espositiva che ricorre anche nell’allestimento, al piano superiore del museo, dell’atelier di Fortuny, completato nel 2022 ad opera dello scenografo Pier Luigi Pizzi. Chiusa ai lati da due pannelli i dipinti a trompe-l’oeil di soggetto agreste fanno eco a quelli eseguiti da Fortuny nel “giardino d’inverno” al primo piano dell’abitazione.
Sul fondo del portego si accede a una sala dove, affiancato da alcune prove grafiche a inchiostro riferibili ai due ricami più grandi, trova posto Carmontelle, un panorama “animato” ispirato ai paesaggi trasparenti ideati da Louis Carrogis de Carmontelle (1717-1806): vedute incise su tela e fatte ruotare su un rotolo di carta teso tra due strutture cilindriche usate come sfondo per azioni sceniche e teatrali. In maniera analoga Jospin elabora una veduta traforata mossa da un dispositivo meccanico che rievoca, idealmente, quelli concepiti dal pittore e architetto francese del XVIII secolo tanto nella struttura quanto nella funzione scenica e, al tempo stesso, richiama l’attività svolta da Fortuny nel campo della scenografia.