Una delle partite chiave del design italiano si gioca oggi sulle sponde del Golfo Persico. A Dubai, infatti, fra due anni ci sarà la prima Esposizione Universale localizzata nell’area mediorientale (a parte gli eventi organizzati in Israele). Conquistare l’emirato, dunque, non significa solamente godere di una posizione di preminenza in uno dei mercati più dinamici del pianeta. Ma comporterà guadagnare una posizione di vantaggio nella competizione per tutta la penisola araba e verso le aree più a Oriente, a cominciare dall’India per arrivare in Cina. Questo perché l’emirato è un campo neutro dove sono presenti tutti i principali competitor asiatici. Ed è una sorta di ‘laboratorio’ in cui ci si confronta sulla qualità, ma anche sulla capacità di avere una buona struttura territoriale in grado di relazionarsi con clienti complessi, e di gestire un mercato tendente all’oligopolio.
La sfida cruciale a Dubai si gioca sul contract. Da qui al 2020 c’è ancora molto da fare e si parla di investimenti complessivi per 37 miliardi di euro, di cui una parte deve ancora partire. Ma è già prevedibile che, anche le opere futuristiche, in tempi relativamente rapidi saranno ‘sostituite’ da nuovi progetti: il dna di Dubai è quello di una città destinata a innovare continuamente, per non restare fuori dall’attenzione internazionale.
In questo continuo carosello di progetti, è importante prendere spazio non soltanto sulle nicchie di altissima qualità, ma garantirsi una fetta dei grandi volumi, dove oggi domina la concorrenza asiatica.
Certo, il made in Italy sconta una barriera d’ingresso al top di gamma, costituita dal prezzo elevato. Ma la sensazione è che, a pesare maggiormente, siano le difficoltà di distribuzione. Dubai, da questo punto di vista, è un mercato ‘chiuso’, in mano a pochi soggetti dominanti, per scardinare il quale è necessario approntare una struttura locale organizzata e capace di ottimizzare le relazioni. Magari, preparando il terreno al business dei monomarca, grazie ai quali il made in Italy ha già dimostrato di saper conquistare la leadership in altri segmenti e in altri mercati.
Insomma, dentro i ‘bastioni’ di Dubai c’è una prova importante di maturità per il design italiano che punta a correre verso l’Oriente.