La light pollution è una forma di inquinamento che danneggia gli ecosistemi e la salute umana e aumenta le emissioni di CO2. Occorre applicare le regole per progettare l’illuminazione, pubblica e privata.
Da più di 150 anni le luci artificiali illuminano in maniera sempre più invasiva le notti sulla Terra, e rendono pressoché invisibili stelle un tempo estremamente brillanti, come Sirio e Orione. A causa dell’incremento dell’urbanizzazione e della crescita incontrollata della quantità di fonti luminose che rischiarano gli edifici, i parchi, le strade, gli ospedali, i centri commerciali, gli impianti sportivi, gli stabilimenti industriali, i porti, gli aeroporti, gli scali ferroviari e tutte le infrastrutture pubbliche e private, oggi il nostro pianeta fotografato dallo spazio assomiglia a un’enorme sfera che luccica in maniera inquietante nella notte cosmica. Secondo una recente ricerca pubblicata su Science, condotta grazie a 51.351 osservazioni della volta celeste effettuate in tutto il mondo fra il 2011 e il 2022 da Christopher Kyba, un fisico del Centro tedesco per le geoscienze di Potsdam, insieme ai colleghi statunitensi del team Globe at Night, la luce delle stelle sta perdendo intensità a causa della light pollution, che aumenta al ritmo del 2% l’anno. Esiste anche un sistema di misurazione, chiamato Scala di Bortle e ideato dall’astronomo John E. Bortle nel 2001, che classifica tutte le aree del globo sulla scorta della luminosità del cielo notturno, quantificando di fatto l’incidenza dell’inquinamento luminoso: in base a nove livelli, si va dalle zone (livello 1) con cieli praticamente neri, fino ai luoghi di livello 9, che ovviamente corrispondono alle città.
LE ‘NOTTI BIANCHE’ METTONO A RISCHIO LA SOPRAVVIVENZA DELLE SPECIE
I danni dovuti alla perdita dell’oscurità notturna, tuttavia, non si fermano all’aspetto, per certi versi quasi romantico, delle osservazioni astronomiche. Johan Eklöf, zoologo e ambientalista svedese, fra i massimi esperti mondiali di animali notturni, nel suo ultimo bestseller ‘Elogio del buio. Alla riscoperta della bellezza della notte, in difesa dei ritmi naturali di tutti gli esseri viventi’ (Corbaccio), richiama l’attenzione di tutti sull’urgenza di spegnere o almeno abbassare le luci artificiali dal tramonto all’alba per recuperare il piacere (e i benefici) del buio: una nicchia ecologica “indispensabile per calibrare il ritmo circadiano, il delicato meccanismo che, sfruttando la naturale alternanza fra luce e oscurità, scandisce le principali funzioni fisiologiche degli esseri viventi, come per esempio la secrezione ormonale e il ciclo sonno-veglia. Il sole che sorge, infatti, segnala che il ciclo deve ricominciare da zero. Questo timer continua a funzionare nel corso della giornata, supera il crepuscolo e si spinge verso la notte: nell’arco delle 24 ore, 7 giorni su 7, il suo input è costituito dalle variazioni nella luminosità naturale. Di certo la luce di lampioni, fari e riflettori introdotta dall’uomo non è inclusa nell’equazione, e rischia di creare disordine nel sistema. L’inquinamento luminoso, in realtà, ha già modificato gli equilibri di moltissime specie e sta compromettendo l’istinto riproduttivo, soprattutto negli insetti e in alcuni animali crepuscolari, come pipistrelli e rapaci. Ma l’eccesso di luce danneggia anche gli esseri umani, causando disturbi del sonno, ansia e obesità: ci sono studi che dimostrano addirittura come certi tipi di cancro possono essere una conseguenza diretta della light pollution”.
IL TERRITORIO ITALIANO È UNO DEI PIÙ ILLUMINATI DEL PIANETA
“L’83% della popolazione mondiale vive sotto un cielo più luminoso del 10% rispetto a quello naturale, e l’Europa detiene il triste primato di area più colpita, con l’Italia in prima linea: il nostro Paese è infatti la nazione dei G20 con il territorio più inquinato dalla luce artificiale e 3 italiani su 4 italiani non riescono più vedere, da dove abitano, la Via Lattea”, avverte Alessandro Miani, presidente della Società Italiana di Medicina Ambientale (Sima) e professore di prevenzione ambientale all’Università Statale di Milano. “La luce diretta, che è già in eccesso soprattutto nei contesti urbani, viene ulteriormente diffusa dalle molecole e dallo smog diffusi nell’atmosfera, creando un bagliore, chiamato effetto skyglow, che arriva a illuminare lo spazio in ogni direzione. Una stima basata sulle immagini satellitari rivela che tra il 18% e l’11% delle aree terrestri e lo 0,2% delle aree marine del globo sono interessate dalla light pollution: finora non ci siamo mai veramente preoccupati dell’impatto dell’illuminazione notturna, ma oggi dovremmo considerare l’emissione di luce artificiale alla stregua di qualsiasi altra forma di inquinamento”.
Se è vero che le tartarughe marine appena nate risalgono la spiaggia attratte dagli hotel illuminati anziché dirigersi verso il mare, che nelle serate di nebbia gli uccelli migratori girano in tondo disorientati accanto a torri illuminate, che in una sola notte d’estate circa 150 insetti muoiono folgorati da un unico lampione, compresi i preziosi impollinatori di piante selvatiche e coltivate, e che si è scoperto che in alcune specie vegetali l’eccesso di luce altera la fotosintesi, va anche detto che “la light pollution nuoce all’uomo in termini di deprivazione di sonno, una condizione che costituisce uno dei fattori di rischio per l’obesità, le malattie cardiovascolari, la depressione e l’ictus. Diversi studi scientifici evidenziano anche che l’esposizione alla luce artificiale è associata a una probabilità maggiore rispettivamente del 13% e del 22% di essere in sovrappeso oppure obesi, ed è correlata allo sviluppo del diabete nelle persone anziane. In aggiunta, ci sono effetti misurabili anche sul sistema immunitario, che per funzionare a regime necessita di un congruo numero di ore di sonno per notte. Quanto alle facoltà psichiche, a essere più colpite dalla carenza di buio negli adulti come nei giovanissimi sono la capacità di attenzione, di concentrazione e di apprendimento, e anche l’umore può farne le spese”.
NÉ TROPPA NÉ TROPPO POCA: GESTIRE LA LUCE NELLA CERTIFICAZIONE DEGLI EDIFICI
“L’integrazione della luce diurna e della giusta dose di luce elettrica per mettere a punto strategie di illuminazione modulate sulle effettive necessità della salute umana, insieme ai tradizionali requisiti di acuità visiva e comfort, può portare alla creazione di ambienti più sani e più produttivi”, spiega Daniele Guglielmino, architetto specializzato in certificazioni di sostenibilità energetico-ambientale e di salubrità del costruito per Sima, consulente di Green Building Council Italia ed esperto per lo sviluppo del sistema Leed Existing Building: Operation & Maintenance per l’Europa. “Per esempio, i pazienti in un reparto ospedaliero avranno esigenze di illuminazione diverse rispetto a chi trascorre la giornata in un ufficio. Tenere conto di queste basilari differenze è la chiave per creare un ambiente che possa contribuire al miglioramento del benessere generale, aumentare l’efficienza nel lavoro nelle ore diurne e garantire anche il giusto riposo durante la notte”.
In un periodo storico di transizione verso un’economia a basso contenuto di carbonio, “il progetto illuminotecnico dovrà quindi tenere conto delle tecnologie che siano in grado di ridurre sia l’impatto ambientale associato alla produzione dei componenti dell’impianto, sia l’incidenza dei consumi in esercizio a questi associati”. Si è calcolato che le lampadine collegate alle reti elettriche del pianeta oggi siano circa 12 miliardi. E allora, anche se sembra banale, per limitare le emissioni di Co2, “si può iniziare a intervenire, anche a livello individuale, sostituendo le lampadine non efficienti con quelle a Led a luce calda di ultima generazione e facilmente modulabili: una risorsa-chiave che deve essere correttamente progettata e regolata attraverso logiche di funzionamento attente sia al dosaggio della luce che alla questione dei consumi”.
La progettazione illuminotecnica contemporanea, pensata per la salute delle persone e per la riduzione degli impatti degli edifici, trova nel sistema Well Building Standard uno strumento di linee guida per progetto, costruzione e gestione di spazi efficienti sul piano della qualità ambientale e orientati al tracciamento degli impatti associati. Well Building Standard, sviluppato nel 2015 da Iwbi (International Well Building Standard), “è un protocollo internazionale studiato per verificare e certificare il livello di salubrità e di benessere di chi vive e soggiorna negli ambienti costruiti. L’obiettivo ‘salute & decarbonizzazione’ del patrimonio immobiliare richiede necessariamente un approccio olistico e integrato, che implica la valutazione di una serie di parametri fra i quali la luce riveste un ruolo di primo piano”. Si va dal monitoraggio dei sistemi artificiali di illuminazione all’attenzione per i consumi dei corpi illuminanti fino alla limitazione della dispersione verso l’alto del flusso proveniente dalle sorgenti di luce artificiale che filtrano all’esterno durante la notte. Ma le certificazioni come Well oggi tengono conto anche della modulazione della luminosità per non alterare il ritmo circadiano, e delle modalità di utilizzo ottimale della day light nei luoghi di lavoro, ad esempio valorizzando le postazioni che sono più vicine alle finestre e alle pareti vetrate e riflettenti, così da ottimizzare comfort visivo e consumi. Non ultimo, è necessario considerare in termini di salute visiva (e in particolare nelle fasce serali) l’impatto del contrasto prodotto dalla luce in rapporto ai colori degli spazi, prevedendo l’adozione, là dove serve, di lampade con un adeguato indice di resa cromatica.
L’articolo è disponibile sul numero di aprile/maggio di Pambianco Magazine Design.