Come si stanno muovendo i big della cucina? In generale, il passo della ripartenza è stato rapido più o meno per tutti. C’è chi ha già compensato le perdite del lockdown e chi comunque conterrà il calo del fatturato a una sola cifra. In generale, le prospettive per il 2021 non sembrano negative.
RITORNO IN CASA
Per Poliform, il giro d’affari legato alle cucine rappresenta il 30% del fatturato complessivo. E la risposta dopo la riapertura è stata molto favorevole. “A giugno e luglio c’è stata una forte ripresa delle attività – racconta il CEO Giovanni Anzani – e questo ritmo accelerato è continuato anche ad agosto, quando abbiamo dovuto dare continuità alla produzione, chiudendo per una sola settimana di ferie. Gli ordini eseguiti durante l’estate erano quelli già ottenuti prima del lockdown e confermati alla riapertura. Ma ora stanno arrivando anche i nuovi ordini, per cui pensiamo che ci sarà un andamento piuttosto importante anche nei mesi autunnali. La cucina è tornata al centro delle attenzioni dei consumatori internazionali e anche al centro della casa: è sempre più il punto di riferimento per le serate in famiglia e tra amici”. Questo aspetto centrale della cucina all’interno della casa, nella visione di Anzani, è destinato a continuare nel tempo. “Il ritorno alla vita sociale sarà lento, e per un po’ di tempo si faranno più volentieri le serate in casa, un luogo dove prima della pandemia si stava abbastanza poco, perché la gente preferiva cenare al ristorante piuttosto che chiamare gli amici in ambito domestico. E questo comporta una domanda in ripresa abbastanza generalizzata, nonostante il calo asiatico e in particolare quello del mercato di Hong Kong, dove comunque stiamo intravedendo forti segnali di recupero in vista del 2021”. Quanto all’Europa, nel confronto tra il 2020 e l’anno precedente, Poliform è sopra del 2 percento. “Il buon andamento del mercato europeo ci porta a stimare, per fine anno, un calo contenuto entro il 5% per il giro d’affari complessivo del gruppo”, conclude Anzani.
PASSAGGIO DI MATURITÀ
“Subito dopo il lockdown, avevamo rivisto il budget stimando un calo a doppia cifra”, afferma Roberto Gavazzi, presidente e CEO di Boffi|DePadova. “In questo momento siamo vicini al contenimento a una cifra, che sarebbe l’obiettivo auspicabile, ma tutto dipenderà dall’evoluzione della situazione nei prossimi mesi e dal suo impatto sulla propensione al consumo”. Di certo, precisa il numero uno del gruppo che comprende, oltre alle cucine Boffi, anche l’arredo a marchio De Padova, lo studio danese di design MA/U e le porte Adl, il risultato del 2020 sarà negativo ma non catastrofico, perché la riapertura è stata brillante. In particolare, dopo il lockdown si è mosso il consumo privato e proprio l’Europa, l’area più statica prima della pandemia, ha fatto da traino, compensando in parte il rallentamento della progettazione extra Ue. “Per noi il contract ha sempre avuto un peso limitato, pari a circa il 20% del fatturato annuo. Prima pensavo che fosse un problema, in questo momento non lo è”, sottolinea Gavazzi. Il quale evidenzia da un lato la situazione favorevole all’arredamento come macro settore, diretta conseguenza del maggior tempo trascorso in casa, e dall’altro l’importanza dei marchi riconosciuti, che offrono sicurezza al consumatore e garanzie aggiuntive alla distribuzione. “Chi dispone di un marchio riconosciuto, di un’organizzazione solida, di una distribuzione radicata e di uno storico forte, è senz’altro avvantaggiato rispetto a chi tutto questo lo deve comunicare al mercato ma non è in grado di farlo, nell’impossibilità di muoversi”. Ed è proprio l’aspetto della distribuzione a fare la differenza, soprattutto per un prodotto complesso e critico come le cucine. “La partita oggi – ribadisce Gavazzi – si gioca molto più sulla distribuzione che sul prodotto. Ed è un passaggio di maturità, per un settore spesso bulimico in fatto di prodotti, che presenta novità in continuazione per guadagnare immagine e capacità di impressionare la propria rete internazionale. Ma se tutto questo non è accompagnato da un livello eccellente di qualità e servizio, potrebbe essere una criticità”. Per Boffi, assume sempre più un peso strategico l’aver organizzato una rete di negozi monomarca che oggi ha raggiunto quota 27 store diretti e una quarantina di punti vendita avviati attraverso partner territoriali. “E in ogni città – conclude – siamo conosciuti per la qualità del nostro servizio”.
NORD EUROPA RASSICURANTE
Meglio l’estero per Arclinea. “In Italia siamo sotto, e il calo lo abbiamo contenuto perché alcuni dei nostri clienti operano dall’Italia servendo tanti mercati esteri – precisa Gianni Fortuna, componente del cda del marchio oggi legato a B&B Italia (gruppo Design Holding) – mentre quelli più legati al solo mercato interno e contraddistinti da una modalità di operare abbastanza antica, stanno soffrendo. Il vecchio negozio di prossimità è in crisi e credo che vedremo ancora qualche moria nei prossimi mesi”. All’estero invece si notano difficoltà in nord America, a Singapore e Taiwan, mentre l’Europa ha reagito molto bene. “Anche durante i mesi peggiori, gli ordini da Germania, Belgio e Olanda non hanno mai cessato di arrivare. I consumatori hanno avuto più budget da spendere nella casa, essendo diminuite le uscite serali e anche gli spostamenti. E quindi hanno aumentato la spesa per gli arredi”. Per Arclinea, inoltre, ha retto bene il contract. “Avevamo un bel portafoglio già acquisito e le consegne, per il 90%, si sono concretizzate senza particolari ritardi”, assicura Fortuna. Tornando al canale tradizionale dei negozi, Arclinea ha concesso ai propri clienti dilazioni e in qualche caso condizioni più favorevoli di acquisto per agevolare la chiusura dei contratti. Le politiche distributive non cambieranno in maniera radicale. “Noi facciamo parte di un gruppo, e non immaginiamo la presenza diffusa di monomarca Arclinea, se non in alcune selezionatissime città del mondo. Nulla vieta però di pensare che possano nascere, in futuro, dei negozi che raccolgono l’intera offerta del gruppo Design Holding”, afferma. Arclinea vende per l’80% all’estero, dove il primo mercato di destinazione sono gli Usa, e per il 20% in Italia; il contract genera il 25% degli incassi. Il calo di fatturato previsto a fine anno si dovrebbe aggirare attorno al 10 percento. Intanto l’azienda porta avanti il piano di investimenti da 4 milioni di euro per il triennio 2019-21, in ottica Industria 4.0. “L’investimento più consistente sta per partire ora – conclude Fortuna – e riguarda il nuovo magazzino automatizzato presso la sede. In prospettiva, seguendo molti ordini legati a prodotti fuori standard e avendo bisogno di incrementare il controllo di qualità, pensiamo di riportare all’interno dell’azienda alcune fasi oggi affidate a fornitori esterni”.
ITALIA REATTIVA
“Forse la sorpresa più inaspettata è stata la reazione proattiva e positiva del mercato italiano”, afferma Andrea Molteni, responsabile dello sviluppo prodotto di Dada, marchio di cucine del gruppo Molteni. La reazione si è basata sulla volontà di sfruttare al massimo le opportunità: “Prima attraverso i contatti gestiti on line via remoto, ampliando gli strumenti e il supporto digital, e poi all’apertura rispondendo direttamente, rinnovando appena possibile i negozi con nuovi prodotti. Puntando su progetti che accogliessero le nuove esigenze del consumatore finale come home office (smart working). Per intercettare questa propensione all’innovazione, Molteni&C|Dada ha avviato un nuovo servizio di consulenza digitale, Molteni@Home, come progetto pensato per favorire la connessione tra i punti vendita e gli utenti finali, architetti, interior e clienti, per facilitare la definizione degli obiettivi comuni. Italia a parte, Andrea Molteni afferma che: “Fortunatamente la risposta dei nostri clienti alla difficile situazione è stata incoraggiante su quasi tutti i fronti geografici. Il fatto di collaborare con clienti ormai globalmente distribuiti ci ha aiutato a non soffrire i naturali rallentamenti degli specifici Paesi”. Il gruppo ha sostenuto la propria clientela attraverso interventi finanziari, posticipando le scadenze di pagamento, ed economici attraverso incentivi promozionali prima per il sell in e poi dedicati al sell out. “Abbiamo coinvolto maggiormente la distribuzione con operazioni sul mercato dirette come lo store locator (ricerca agevolata su internet, da parte del consumatore, del punto vendita ideale della zona) e mettendo il punto vendita nella condizione di migliorare la possibilità di vendita, con la visita virtuale del rinnovato show room di Giussano”, afferma. A livello organizzativo, Molteni non ha effettuato modifiche radicali, se non nel senso di cercare sempre più di applicare sinergie e ottimizzazioni all’interno delle diverse unità produttive del gruppo. “Oggi l’obiettivo che ci siamo dati è quello di fare lavorare le diverse aziende in maniera più coordinata e razionale. Questo è un lavoro complesso e lungo, perché parte dalla necessità di soddisfare una richiesta di mercato sempre più frammentata ed esigente. Conciliare flessibilità e razionalizzazione è la oggi la sfida per molte aziende del settore”.
SPRINT MANAGERIALE
Avevamo un bel portafoglio d’ordini pre lockdown, e il blocco del retail italiano ci ha permesso di concentrare le consegne all’estero”, racconta Gina Cester, imprenditrice a capo di Cesar, che ha utilizzato il periodo del lockdown per dedicarsi al raddoppio dello showroom aziendale a Pramaggiore (Venezia). Il nuovo spazio è un hub nato per accogliere i clienti per vivere una esperienza di prodotto, di formazione ma soprattutto della filosofia Cesar .Il risultato a nostro avviso è straordinario, nella prospettiva di allestire un’idea di casa completa a marchio Cesar”. Al tempo stesso, abbiamo dato l’avvio ad un progetto digitale piu’ ampio investendo su video e tour virtuali altre al potenziamento dei vari canali social, per non perdere quel valore dell’inclusivita’ che è parte dei valori aziendali anche in un momento di grande cambiamento come questo che ci obbliga a dei limiti oggettivi. Tornando al mercato, il 2020 di Cesar è stato a dir poco esplosivo. Nonostante la pandemia, l’azienda ha continuato a crescere e punta a chiudere l’anno con 32 milioni di ricavi contro i 28 milioni del 2019, a sua volta in crescita (+13%) rispetto all’esercizio precedente. Oltre all’Italia, i mercati chiave dell’azienda sono Russia, Francia, Stati Uniti ed Europa in generale. Piani futuri? “Vogliamo analizzare a fondo quanto già fatto dal 2015 a oggi – afferma Cester – cercando di intervenire per migliorare quel che è migliorabile. Per questo abbiamo rafforzato il team manageriale, con l’ingresso in azienda e nel capitale di un manager di grande esperienza nel settore, il cui compito è quello di colmare un vuoto legato all’engineering. È lui ‘l’uomo del motore’ di Cesar, colui che renderà coerente il processo organizzativo e funzionale della nostra azienda. E continueremo ad investire in tecnologia, per diventare ancora più forti e poter progredire”.