Il settore del Real Estate non è rimasto immune dalle conseguenze della pandemia da Covid-19. Risulta evidente se ci si concentra sulla dimensione finanziaria, dove gli impatti sono già evidenti. Secondo uno studio condotto da Michele Pronesti di Ispi, “al 3 aprile, il valore aziendale (al netto del debito) degli asset immobiliari ha subito un crollo del 25% o più nella maggior parte dei settori, in particolare nel settore hospitality e leisure. Alcune asset class, soprattutto quelle che comportano maggiore densità di flussi e presenza umana, come lo student housing, i centri commerciali e le strutture sanitarie, hanno subito lo shock più forte”. Ma anche altre subiranno impatti economici negativi anche se solo in un secondo momento, “a causa delle variazioni di occupancy, viste le restrizioni imposte agli spostamenti, la fiducia dei consumatori che si affievolisce e, di conseguenza, anche quella degli investitori”. Ma il mattone è notoriamente anticiclico e, al netto della flessione registrata a causa della pandemia, le prospettive possono comunque essere estremamente positive per i prossimi anni. Sempre secondo Pronesti, “il Real Estate ha una dimensione anticiclica che meno risente delle oscillazioni inflazionistiche che presumibilmente si concretizzeranno a seguito di quelle politiche monetarie non convenzionali che l’Ue sta mettendo in campo”. Resiliente sì, ma sarà necessario anche investire in sicurezza, efficienza e sostenibilità, perché la domanda andrà in questa direzione. Anche da parte degli affittuari.
TRANSIZIONE ECOLOGICA, RIGENERAZIONE URBANA E OFFERTA IN LOCAZIONE I DRIVER
Per il presidente Confindustria Assoimmobiliare, Silvia Rovere, i temi chiave per il prossimo futuro si possono sintetizzare in rigenerazione urbana, transizione ecologica del patrimonio edilizio, ampliamento dell’offerta residenziale in locazione, rilancio dell’immobiliare dedicato alla ricettività turistica e al retail. Questi ultimi particolarmente impattati dalla crisi causata dalla diffusione del coronavirus. Infine, ma non meno importante, l’attrazione di un maggior numero di investitori istituzionali, anche esteri, l’innovazione e la digitalizzazione del settore”. E per rispondere in maniera efficace agli obiettivi di transizione ecologica, transizione digitale, inclusione e sostenibilità sociale le iniziative di rigenerazione urbana e di riqualificazione del patrimonio edilizio risultano essere, secondo Rovere, fondamentali.
E ora che il Recovery Fund è stato licenziato, con 209 miliardi che sono stati destinati all’Italia tra prestiti e sovvenzioni, pari al 38% del totale finanziato (750 miliardi), “accedere alle ingenti risorse rappresenta un’occasione unica per avviare un programma di riqualificazione e rigenerazione del patrimonio edilizio italiano, che risulta per oltre il 50% non adeguato dal punto di vista sia strutturale-sismico sia impiantisco (anche perché risalente in larga parte a prima degli anni Settanta) e responsabile del 40% dei consumi energetici e del 36% delle emissioni”. Se però il settore immobiliare può giocare un ruolo cruciale nella transizione ecologica e nel rilancio dell’economia, diventa necessario e urgente “intervenire per rimuovere gli ostacoli, prevalentemente di natura fiscale, che disincentivano gli investimenti da parte di investitori istituzionali, anche internazionali, nel nostro Paese” sottolinea ancora il presidente di Confindustria Assoimmobiliare.
SERVIZI E ABITAZIONI, SEMPRE PIU’ SINERGICI
Secondo Mario Breglia, presidente di Scenari Immobiliari, “si costruirà in modo quasi paritario tra interventi legati alla produzione, alla ricerca, al terziario, all’innovazione, alla scienza e alla sanità, settore in particolare che riceverà grandi contributi e che per il 60% è concentrato nell’area milanese, e interventi legati alle persone siano essi nuovi o di o di recupero”. Insomma edifici e interventi che hanno a che fare con il ‘lavoro’ e altri che hanno a che fare con le ‘persone’. Ci saranno “centri di eccellenza da un punto di vista dei servizi e della logistica e contemporaneamente alloggi” ribadisce Breglia, che porta l’esempio di Roma. Nella capitale sono stati realizzati importanti interventi nel terziario, ma non residenziale. E questo ha indubbiamente creato difficoltà in prospettiva. Diversa la visione su Milano, ad avviso di Breglia, dove si assiste a “un intervento parallelo tra case e servizi”. Insomma, la strada maestra dovrà essere questa: “no a costruire per costruire, ma per lavorare, produrre e mettere a disposizione le case a quanti poi nelle città ci andranno a vivere. Per questo siamo confidenti non solo nella resilienza ma anche nello sviluppo che le città avranno nei prossimi anni” chiosa Breglia, secondo cui la “crescita che non sarà ‘a razzo’ ma continuativa e costante”.
DA CITTA’ MONOCENTRICA A POLICENTRICA
In questo senso diventa fondamentale concepire il futuro non solo delle città, ma ancora di più dell’area metropolitana. Davide Albertini Petroni, direttore generale di Risanamento e amministratore delegato di Milano Santa Giulia, sottolinea che “abbiamo avuto sempre chiaro quanto fosse importante costruire intorno alle città un’area metropolitana, in un rapporto coerente, collaborativo e sinergico, per aumentarne la capacità di attrazione, così come già accade in molte città europee”. Per fare questo “è fondamentale dare vita a progetti di lungo periodo, a 10-15 anni”. Interventi come quelli che insistono sull’area ex Falck di MilanoSesto, come Mind, Cascina Merlata, Milano Santa Giulia, “richiamano investitori internazionali”. Invece, “piani triennali sulle città non hanno senso di esistere”. Albertini Petroni fa notare ad esempio che “Milano si è concentrata negli ultimi anni sulla città ed ha aumentato la sua capacità di attrazione. Ora abbiamo una opportunità straordinaria: all’interno dei progetti in corso di realizzazione, ci sono anche grandi situazioni di interesse pubblico: l’università, la Città della Salute. Questo significa la transizione da una città monocentrica a una città policentrica”. Se dunque Milano ha già dato dimostrazione della sua capacità di attrazione, ora “dobbiamo avere anche la capacità di trattenere e accogliere. Questo ci impone di studiare un piano sulla residenza a prezzi accessibili” conclude Albertini Petroni, precisando che “diventa sempre più importante dare vita a un piano residenziale di ‘affordable housing’ attraverso un coordinamento dei comuni dell’area milanese perché va approntato simultaneamente anche un piano infrastrutturale”.
I CITY POP, UN ESEMPIO DI AFFORDABLE HOUSING
E a proposito di investimenti internazionali e affordable housing, la svizzera Artisa ha fatto ingresso in Italia con un primo intervento per sviluppare il primo intervento di City Pop. La società ha siglato il contratto preliminare per l’acquisizione di uno stabile di 15.000 mq in viale Monza precedentemente di proprietà del Gruppo Unipol. L’obiettivo è “trasformare l’edificio, attualmente adibito ad hotel, in un nuovo concetto abitativo sviluppato per rispondere alle mutate esigenze della società. Il nuovo progetto prevederà la riconversione in 300 appartamenti ottimizzati negli spazi e completamente arredati per affitti a medio e lungo termine”. Il progetto prevede inoltre spazi ricreativi e commerciali oltre a posti auto interrati a supporto degli appartamenti. Un investimento di oltre 30 milioni di euro che si concluderà entro il 2021. “L’obiettivo per Artisa è quello di realizzare in Italia 2.000 appartamenti con il concetto City Pop entro il 2022 e 15.000 in tutta Europa entro il 2025 così da essere first movers costruendo la prima rete transnazionale dedicata al micro living, basata su una piattaforma digitale proprietaria che grazie all’ intellingenza artificiale la rende intuitiva e facilmente utilizzabile” spiega Stefano Artioli, presidente di Artisa Group. City Pop è ad oggi presente in Svizzera, e si basa su un modello di appartamenti completamente arredati da 25-60 mq, da affittare per periodi che vanno dalle quattro alle cinquantadue settimane e la cui prenotazione avviene tramite l’applicazione proprietaria.
RESILIENZA A SHOCK FISICI E DI MERCATO
Gli investitori internazionali, guarderanno però anche alla capacità degli progetti di raggiungere “una soglia di resilienza capace di attenuare eventuali shock fisici e di mercato, oltre a ridurre il proprio carbon-footprint” sottolinea ancora l’esperto di Ispi. “Mentre la financial side del settore suggerisce di concentrarsi sui fondamentali di investimento (tassi di interesse, fattori macroeconomici e struttura finanziaria degli investimenti, tassi di sconto: tutti elementi che svolgono ancora un ruolo significativo nelle decisioni di investimento), il Covid-19 e il cambiamento climatico ci ricordano che il settore immobiliare è un settore trainato da mutevoli abitudini sociali. La crescente domanda di edifici più sicuri, più sani e più sostenibili guiderà il mercato, determinando al contempo la velocità con cui questo settore riuscire a reinventare se stesso”.