In occasione dell’ultima edizione di Euroluce, Panzeri ha presentato la sua prima collaborazione con uno studio di architettura, quello di Matteo Thun. Sono nati due modelli volutamente Zero Design ma pensati per risolvere alcuni dei problemi concreti che emergono spesso nel mondo dell’illuminazione applicata al settore della ristorazione e dell’hotellerie. Una scelta che apre nuove possibilità sul contract
Cosa c’è dietro una lampada di design? Gli ingredienti che fanno la differenza in un buon prodotto sono l’innovazione e l’utilità, frutto di intuizioni e genio creativo, accompagnata da un’estetica non necessariamente d’impatto e urlata ma, anzi, coerente con ciò che è attorno. È la filosofia alla base della lunga storia di Panzeri. Nel 1947 Carlo Panzeri, navigato imprenditore nel settore metalmeccanico, fonda una piccola azienda specializzata in componentistica per lampadari. Passione e competenza hanno determinato la crescita costante, che negli anni ’90 ha portato ad avviare con successo la produzione della prima linea di prodotti Panzeri, modelli in grado di coniugare il patrimonio di tradizione e artigianalità ereditato con un contenuto tecnologico di altissimo livello. La luce, per Panzeri, deve essere prima di tutto illuminazione, elemento in grado di raccontare e rendere fluide le interazioni delle persone e degli oggetti dell’ambiente circostante. L’approccio di basso profilo ma di grande concretezza ha reso possibile la prima importante collaborazione dell’azienda di Biassono (nella Brianza) con un’importante studio di architettura, quello di Matteo Thun, svelata all’ultima edizione di Euroluce. Qui, nella cornice del Salone del Mobile 2019, Panzeri ha presentato, oltre alle novità in collezione, due famiglie di prodotti firmate dall’architetto Matteo Thun. Si tratta di Tubino, pensata come luce da lettura per le camere d’albergo e Firefly in the sky, proposta invece per l’illuminazione soffusa nella ristorazione.
SCOMMESSA CONTRACT
Quella che per molti marchi del settore arredo e luce rappresenta una strategia consolidata, ovvero affiancare il proprio nome e la propria identità a quella di blasonati designer e architetti, per Panzeri rappresenta, in un certo senso, un cambio di prospettiva. In particolare nell’ambito contract, che rappresenta un obiettivo di grande rilevanza per l’azienda. In questo segmento, spiega la realtà brianzola, per “generare nuove opportunità l’azienda punta alla collaborazione con alcuni dei maggiori architetti italiani”. Il primo e il principale è appunto Matteo Thun, con cui Panzeri, peraltro, condivide una filosofia comune, quella del concetto di Zero Design, ovvero l’antitesi del design statement. “Con Matteo Thun è la prima collaborazione ma non credo sarà l’ultima”, fanno sapere dall’azienda. “Puntiamo all’aumento del fatturato generato dalla voce contract grazie anche a progetti come quello siglato con lo studio Matteo Thun & Partners.“
PRIMO OBIETTIVO: RISOLVERE I PROBLEMI
Allievo di Ettore Sottsass e fondatore del movimento Memphis, Matteo Thun ha scelto da tempo un approccio olistico alla progettazione. “Alcuni dei nostri maestri del design sono stati geni universali, capaci di progettare una sedia, un tavolo e una casa”, racconta Thun. “Noi apparteniamo alla generazione successiva, una generazione che ha un diverso tipo di approccio. Per questo il mio studio è composto da tanti settori iperspecializzati. Facciamo progetti dove nulla viene lasciato al caso.”. Il legame che si instaura fin da subito con Panzeri è diretto e nasce da necessità concrete. “Abbiamo chiesto alla Panzeri un aiuto per risolvere alcuni dei problemi che noi riscontriamo nei nostri progetti di architettura. E ce l’hanno dato nel migliore dei modi. Ecco perché il produttore diventa un elemento chiave: se riesce a risolvere questi problemi è l’interlocutore ideale, mentre se si ferma alla bella forma non fa per noi”. Le criticità a cui fa riferimento Matteo Thun sono due. Da una parte la praticità, la ricerca di una luce conviviale e il problema del furto e del vandalismo, necessità riscontrabili soprattutto nell’ambito della ristorazione e dell’outdoor. Dall’altra, la ricerca di soluzioni luminose dal design senza tempo e dall’elevata qualità dell’illuminazione, ideali per le camere delle strutture alberghiere. Nel primo caso, ecco che dalla collaborazione tra Thun e Panzeri è nata Firefly in the sky, una lampada a batteria da tavolo e a picchetto adatto ad ambienti esterni. “Come studio di architettura ci occupiamo di catene di ristorazione in cui c’è bisogno di luce per la convivialità intorno al tavolo, sia all’esterno che all’interno. Questa luce deve catalizzare e rendere piacevole la permanenza”, racconta Thun. La particolarità del modello è che la testa della lampada si stacca. “Il motivo? I camerieri quando smontano dal servizio in tarda serata sono molto stanchi. Non vogliono doversi ricordare di staccare la lampada dai tavoli per metterla poi in carica e riprenderla la mattina seguente. Staccare molto facilmente la testa della lampada permette loro di ritirarla mettendola semplicemente su un vassoio, con la possibilità di ricaricarla facilmente e velocemente”, spiega l’architetto. A questo si accompagna il concetto di durabilità tecnica, grazie al sistema antitaccheggio il ladro non la può rubare, l’ubriaco non la può distruggere e la durata nel tempo è garantita. “È una lampada che noi amiamo chiamare di Zero Design, tanto è semplice. Credo che sia un oggetto che non invecchierà come forma: c’è una base, uno stelo e un cappellino”. Creare un oggetto che possa mantenere inalterata la sua qualità nel tempo, ma anche un prodotto che abbia una durabilità estetica: il concetto, che vale per Firefly in the sky, è lo stesso che ha portato all’ideazione di Tubino. Il contesto è sempre quello del contract, ambito dove lo studio di Matteo Thun è molto attivo. “L’altro problema con cui da anni dobbiamo fare i conti è il reading light sul tavolo di una camera d’albergo. Ci occupiamo della realizzazione di un numero che varia tra gli 8 e i 12 hotel l’anno, con 150/250 camere ciascuno. Nelle stanze il tavolo di lavoro è quasi sempre illuminato con un prodotto di design. Ma non sempre il design può piacere, motivo per il quale avevamo bisogno di un oggetto non disegnato, o il meno disegnato possibile. Deve però essere funzionale e fornire una luce orientabile per chi arriva in albergo la sera e apre il computer perché ha ancora da lavorare, o per chi si alza presto per finire una presentazione. È così che è nata Tubino”. Tubino è l’emblema di quello che viene definito un Zero Design. “Azzerare il linguaggio ci sembrava l’ipotesi più giusta. Una firma ricorrente per il nostro studio”, spiega Thun. “D’altro canto lavoriamo per conto di investitori nell’ambito hotellerie, dove le strutture hanno una vita media di 15-20 anni”. Il che significa che un hotel non deve essere obbligato a cambiare i prodotti al suo interno con una frequenza eccessiva, solo per sottostare a questioni estetiche. Ed è anche un prodotto sostenibile. “Tubino è fatta con tubi che si trovano in commercio, non c’è consumo inutile di energia e risorse. Non serve uno stampo in materiale plastico, che oggi non vogliamo più. Tubino è un oggetto sostenibile, senza che questa parola si debba usare”. Una promessa che mette in pace portafoglio e attenzione all’ambiente. Durabilità è anche sostenibilità. E in un mondo come quello attuale è il quid che fa la differenza anche nel settore del design.