Cresce da parte delle aziende dell’arredo l’interesse per gli strumenti di finanza alternativi ai prestiti bancari, ma sono ancora poche a richiederli. E, in generale, per il design la borsa è ancora lontana
È il dilemma dell’imprenditore: il passaggio da una dimensione aziendale più contenuta a una società più importante porta con sé onori e oneri, opportunità ma anche un cambiamento di prospettiva, che sia la possibilità di aprire il capitale a soggetti esterni all’utilizzo di strumenti finanziari diversi dai tradizionali canali bancari. Fino ad ora la Borsa non ha rappresentato lo sbocco primario per le aziende del settore design in senso allargato, tanto che sui listini di Piazza Affari appaiono solo tre nomi legati al contesto arredamento, ovvero Elica, la multinazionale specializzata nelle cappe da cucina e due big dell’ambito delle ceramiche, Gruppo Ceramiche Ricchetti e Panariagroup Industrie Ceramiche. Tra i gruppi che hanno espressamente dichiarato la volontà di quotarsi a medio termine si segnala Italian Design Brands (Idb) che ha dichiarato di avere come obiettivo un’Ipo nell’arco dei prossimi tre o quattro anni. Per le altre aziende italiane dell’arredo, lo sbarco a Piazza Affari non sembra rappresentare la priorità. Sono però sono attive su altri fronti, dal rafforzamento della struttura manageriale all’utilizzo di strumenti finanziari alternativi, come i mini-bond, obbligazioni o titoli di debito a medio-lungo termine emessi da società italiane non quotate, introdotti nel 2013 e normalmente destinati a piani di sviluppo, a operazioni di investimento straordinarie o di refinancing. Attraverso l’emissione di debito si può attingere alle risorse per crescere in volume e in complessità, e quindi affrontare le trasformazioni necessarie per competere nel mondo di industria 4.0, affrancandosi dal canale bancario (i minibond rappresentanouna alternativa a un finanziamento a medio-lungo termine, che spesso la banca fa fatica a concedere). Seppur nell’arredo siano ancora sporadici i casi di imprese che hanno optato per questo canale, non mancano gli esempi e non mancano, soprattutto, le dichiarazioni di interesse. Che arrivano soprattutto (e non a caso) dalle aziende di arredo presenti nel progetto Elite di Borsa Italiana. Nata nel 2012 come sorta di scuola di business per le Pmi, la piattaforma Elite è figlia, in sostanza, della crisi del credito del 2011. Tra i marchi di arredo presenti in Elite e che hanno già ricorso a questi strumenti alternativi c’è Calligaris. “Abbiamo emesso mini bond nel 2017, già rimborsati, per finalizzare, tra le altre cose, l’acquisizione di Ditre Italia”, spiega a Pambianco Design Pietro Paolo Santini, Cfo di Calligaris. “A differenza di un finanziamento strutturato, il mini bond aveva covenant meno strutturati, il che ci ha consentito di lavorare liberi da condizionamenti. E permettono di avere maggiore flessibilità sulla lunghezza”. Calligaris è stata tra le prime aziende del design ad entrare nel progetto Elite, nel 2014, lo stesso anno in cui Alessandro Calligaris decise di riacquistare le quote di Calligaris precedentemente in mano con fondo LCapital (oggi il controllo del gruppo è in mano ad Alpha Private Equity Fund 7 che ha la maggioranza delle azioni). “Quando Calligaris entrò nel progetto Elite, la vecchia proprietà aveva in mente un percorso che poteva concludersi con la quotazione in Borsa”, spiega Santini. Poi sono arrivati i fondi e l’ipotesi di Ipo è stata per il momento accantonata. E nel futuro? “La quotazione al momento non è un dossier sul tavolo di Calligaris ma, in via del tutto teorica, potrebbe essere una via di uscita del fondo nel medio termine”. In altri casi, il ricorso a strumenti alternativi di finanza resta un’opzione aperta. Ma resta comunque un’opzione aperta. Lo spiega Paolo Tormena, Ceo di Henge, tra le ultime new entry del progetto Elite. “Il nostro obiettivo, al momento dell’ingresso in Elite, era quello di poter entrare in un circolo virtuoso di aziende che potesse consentire un confronto continuo.
Ci ha convinto anche l’idea di avvicinarci al mondo dei capitali, valutando strumenti come quelli dei mini bond, già utili per supportare strategie aziendali per le quali sono previsti importanti investimenti. Parlo soprattutto della distribuzione che, in molti casi, è l’anello debole per le Pmi dell’arredo e che invece, ormai, deve essere gestita a livello mondiale”. Proprio l’apertura di nuovi showroom sarà uno degli obiettivi a medio termine dell’azienda. “Stiamo valutando importanti possibilità nel sud est asiatico, con la Cina in primis, dove abbiamo già aperto alcuni spazi e ne inaugureremo due solo quest’anno”, aggiunge il Ceo dell’azienda. Lago è l’antesignana del progetto Elite. L’iscrizione è datata 2012. “Ci ha convinto l’idea di managerializzare l’azienda – racconta Corrado Rizzato, Finance and Accounting Manager di Lago – erano anni di frenata in generale. Non per Lago, fortunatamente, ma era emersa la necessità per una azienda familiare e con una dimensione italiana di poter cogliere più velocemente le opportunità di crescita puntando su una maggiore internazionalizzazione”. Nel presente questo non si è ancora tradotto in un accesso al credito attraverso strumenti diversi né al ricorso massiccio al sistema bancario. “Uno degli elementi che ci ha sempre caratterizzato è aver avuto una buona patrimonializzazione, il che ci ha consentito di crescere per vie interne. Siamo però pronti a cogliere le diverse opportunità “. Anche perché Lago ha piani importanti per il medio termine. “L’obiettivo è il raddoppio del fatturato tra cinque anni”. Adesso i ricavi arrivano a 35 milioni di euro. “Siamo confidenti sul mercato italiano e i paesi esteri su cui stiamo puntando si stanno sviluppando positivamente . Il business sta crescendo per linee interne ma non escludiamo a priori di usare altre linee nel caso di aggregazioni o di opportunità di acquisto”. Chi per ora esclude la possibilità di ricorrere a vie alternative per l’accesso al credito sono Dorelan e Arredo3. Nel caso di Dorelan, entrata in Elite nel 2014, “come azienda siamo patrimonializzati e non usiamo linee esterne se non quelle bancarie”, conferma Riccardo Tura, marketing manager del gruppo. D’altra parte l’azienda ha già stanziato negli ultimi anni investimenti importanti in produzione e marketing “destinando a queste due voci il 20% dei nostri stanziamenti complessivi”. L’obiettivo principale di Dorelan è stato piuttosto quello di “strutturare l’azienda e capire quali erano i punti deboli, avendo una dimensione familiare e avendo compiuto un passaggio generazionale”. Secondo Arredo3 progetti come Elite, che rappresentano l’anticamera della Borsa consentono alle Pmi dell’arredo di ottenere “visibilità per l’azienda in termini mediatici e nei confronti di altre aziende, confronto con i benchmark e le best practices aziendali, anche di settori diversi e internazionalizzazione e formazione per le figure executive aziendali”, spiega Jessica Fistani, responsabile marketing dell’azienda veneta Arredo3. La quotazione? “Non rientra nei progetti della proprietà”, fanno sapere dall’azienda. Per Piazza Affari c’è ancora tempo.