In un ristorante c’è il tocco dello chef, ma anche l’idea del progettista d’interni può trasformare una cena in esperienza appagante. Ed Ng, dello studio specializzato Ab Concept, ci spiega come.
Ed Ng e il suo socio Terence Ngan hanno iniziato, come tanti, dal nulla. “Il primo lavoro commissionato – racconta – fu arredare l’appartamento di un amico a Hong Kong, 150 metri in tutto, che per le dimensioni medie della città non era neanche piccolo! Lo abbiamo fatto, e altri ne avremmo poi accettati, consapevoli che un giorno ci saremmo dedicati in toto alla nostra passione: l’hospitality”. Vent’anni dopo gli esordi, Ed si trova a Milano per il Salone del Mobile, in una giornata ideale per concedere un’intervista outdoor, e lo spazio è decisamente suggestivo. Lo incontriamo a Palazzo Reina, fresco di ristrutturazione, dove Ed e Terence con il loro studio Ab Concept hanno seguito un lavoro pienamente allineato alle loro iniziali ambizioni. Si tratta di Paper Moon Giardino, seconda location milanese del ristorante Paper Moon dopo quella storica di via Bagutta, un angolo di pace tra San Babila e le boutique di Montenapoleone. “Quando incontrai per la prima volta Claudio (Claudio Bertoni, proprietario di Paper Moon assieme a Stefania Galligani, ndr.), non potevo credere di ottenere un incarico legato al mio ristorante preferito di Milano, al posto dove ho cenato almeno una volta l’anno negli ultimi vent’anni. E ho iniziato subito con un complain, chiedendogli: perché è così difficile trovare posto da voi?”
Ab Concept ha gestito il lavoro valorizzando innanzitutto la luce, partendo da quella naturale che entra dallo splendido giardino e penetra nella struttura illuminando i soffitti affrescati, per poi inserire specchi in grado di amplificare gli ambienti, ponendo particolari attenzioni ad altri aspetti fondamentali nel mondo della ristorazione e in particolare alla qualità del suono. Luci e acustica sono elementi chiave nell’hospitality e ancor più all’interno di un ristorante. “Uno chef può impiegare tutto il suo tempo nella preparazione di piatti complessi e deliziosi – sottolinea Ed – per poi assistere al fallimento dei suoi tentativi a causa di una luce sbagliata, capace di far passare l’appetito al cliente. Se poi parliamo di acustica, non c’è nulla di peggio di un ristorante caotico o di un locale eccessivamente silenzioso, tanto da indurre gli avventori a non dire una parola”. Ed è compito del progettista d’interni studiare le soluzioni più adatte per trasformare uno spazio inizialmente vuoto in un ambiente accogliente, locale in cui tutti gli elementi contribuiscono alla costruzione di un’esperienza. Nel farlo, Ed Ng e Terence Ngan si avvalgono di un’esperienza ormai solida e di un portfolio di prim’ordine. Il salto di qualità in termini di visibilità internazionale, dopo diversi interventi realizzati a Hong Kong, è arrivato nel 2008 con il progetto del W Hotel a Bali, che avrebbe sancito l’inizio della collaborazione con la lussuosa catena alberghiera controllata dal gruppo Marriott International. Sarebbero poi seguiti gli ordini di Mandarin Oriental, Ritz Carlton, Rosewood e infine di Four Seasons. Per quest’ultima, Ab Concept ha gestito la realizzazione delle location di Londra, Shanghai e Kuala Lumpur. Nella maggior parte degli hotel, la firma dello studio di Hong Kong è stata impressa nelle sole aree di ristorazione o nei bar. “E ne siamo ben lieti – sottolinea Ed – perché era ciò che io e Terence abbiamo sempre voluto fare, ma anche perché le zone legate al food&beverage sono tendenzialmente quelle a cui è destinato un budget più generoso”. Il futuro dello studio, che oggi conta una trentina di collaboratori e tre sedi (Hong Kong, Taipei e Bangkok), mantiene la direzione intrapresa. Gli ultimi progetti affidati ad Ab Concept sono il nuovo W Hotel di Xi’an, la città dell’esercito di terracotta, che diventerà il più grande di tutta l’Asia per il luxury brand di Marriott, ma anche il Four Seasons di Kuala Lumpur con la realizzazione di tutti gli spazi legati alla ristorazione e infine, sempre nella capitale malese, della seconda Vogue Lounge mondiale dopo quella di Bangkok.
Come viene concepito un ristorante? Ed espone la sua interpretazione. “Occorre innanzitutto capire lo chef, il concept, la storia del ristoratore, perché il cibo è la rappresentazione finale di tutte queste storie. Passiamo molto tempo a parlare con gli chef o con i proprietari prima di dare il via alla progettazione, e lo facciamo per comprendere quali emozioni vogliano trasmettere attraverso i piatti. Il design è un mezzo per favorirne la trasmissione. Essere di Hong Kong, punto di incrocio tra oriente e occidente e tra differenti culture, ci ha favorito in chiave internazionale, perché ci ha spalancato le porte della Cina, in un momento economico favorevole, e anche quele al di fuori dell’Asia”. In particolare, il legame di Ab Concept con l’Italia, al di là di Paper Moon Giardino che costituisce il primo progetto gestito nella penisola, è forte e non soltanto per le frequenti visite a Milano, ma anche per i rapporti avviati con le aziende di arredamento. “Scegliamo spesso marchi italiani di design per i nostri progetti, a cominciare da Promemoria che è uno dei miei preferiti”, sottolinea Ed Ng, citando anche i nomi di Cassina e Poltrona Frau. Ma chi decide il brand di design nella ristorazione? “Tutte le proposte partono da noi – precisa – perché è compito dello studio offrire un indirizzo preciso. Poi però la decisione dipende soprattutto dal budget, pur senza trascurare l’aspetto funzionale dei prodotti scelti. In particolare, gli arredi della ristorazione devono essere meno delicati di quelli per l’ambito residenziale proprio perché la clientela tende a utilizzarli in modo più ‘brutale’ di quanto farebbe nella propria casa”. Un aspetto particolare del lavoro di Ed Ng e di Terence Ngan è quello della durata nel tempo di un concept di ristorazione, mondo caratterizzato da un susseguirsi di nuovi trend, ciascuno dei quali si mangia metaforicamente il precedente. Come ci si adegua a livello stilistico? “La parola trend indica qualcosa che nasce e muore in fretta, ma questo in un ristorante non può e non deve avvenire”, sostiene Ed. “Un concept applicato all’hotellerie ha una vita media di 5-6 anni con punte di 8 anni prima del restyling. Se otto anni prima realizzi un progetto basato su un trend, considerando peraltro i tempi necessari alla realizzazione, finisci per avere un ristorante vintage già nel primo anno di vita. Ecco perché, ad esempio, non abbiamo mai dato troppo peso al trend post-industriale in auge qualche tempo fa nella ristorazione. Il nostro obiettivo è concepire dei ‘classici’, perfettamente in grado di reggere il passare del tempo”.
di Andrea Guolo