Fonte di ispirazione e luogo dove concretizzare il business. La designer guarda all’Asia, trasformando le immagini raccolte nei suoi viaggi in idee per i brand con cui opera (tra cui Gervasoni) e sviluppando progetti contract con il gruppo Ong, tra fashion e food.
“Abbiamo scrostato le pareti, quasi fosse un modo per guadagnare spazio in un ambiente un po’ angusto… alla fine è uscita tanta di quella roba che ci siamo dovuti fermare, per stanchezza”. Paola Navone, nome di punta negli anni Settanta dello storico gruppo Alchimia (ala avanzata della scena italiana del design), vincitrice nell’ormai lontano 1983 dell’International Design Award di Osaka, grande firma posta sulle collezioni di almeno sedici big brand dell’arredo, osserva in prima persona l’esito di una sfida iniziata sotto il segno dello ‘scavo’. Il risultato è suggestivo. Si tratta del nuovo layout dello showroom milanese di Gervasoni, in via Durini, cuore del design district all’ombra del Duomo. Uno spazio volutamente lasciato ruvido, dove a tratti riaffiorano le tracce del passato. L’impatto di quest’area che si ispira al fascino dell’archeologia industriale colpisce clienti e stampa, ma la Navone sdrammatizza: “Non lo considero un gran progetto, forse è stato più un gesto di disperazione, ma ne è derivato uno spazio idoneo ai prodotti di Gervasoni, che sono semplici, camaleontici, per nulla borghesi”.
La collaborazione di Paola Navone con il marchio controllato dal gruppo Idb è ormai ventennale. Il contributo della designer, torinese di nascita e milanese d’adozione, è stato determinante nell’accreditare Gervasoni come brand da interni, superando l’idea di stagionalità inizialmente connessa alle sue proposte outdoor. “Sono bravissimi nella lavorazione del legno – afferma Navone – e hanno la capacità di unire in maniera magistrale i diversi materiali, di cui io stessa approfitto per inserire dettagli ed elementi di prodotto, come le ceramiche artigianali vietnamite utilizzate come gambe dei tavoli. Inoltre, cerco sempre di mantenere un filo di connessione con il mondo dell’intreccio, che rappresenta l’origine dell’azienda”. Le novità di questa lunga liaison saranno esposte alla prossima edizione di Maison&Objet, dove Navone promette di concretizzare le ispirazioni tratte da un lungo viaggio in Asia. L’Oriente sta diventando sempre più importante per la designer, anche in chiave contract. Il rapporto con il gruppo singaporiano Ong, fondato dalla ‘Queen of Bond street’ Christina Ong e attivo negli ambiti della moda e dell’hotellerie, ha offerto alla designer la possibilità di firmare due hotel della catena Como, a Pukhet e Miami, a cui si è aggiunto ora un nuovo progetto in fase di consegna.
“Si tratta di un centro che unisce food e fashion, allestito all’interno di antiche baracche militari. Ospiterà ristoranti di alta qualità e market di cibo tipico locale”. Il futuro è contract? Navone non ne è convinta. “Verrà superato anche questo sistema. Oggi sembra che tutti vogliano acquistare appartamenti preconfezionati in building di prestigio, ma poi tutto si appiattisce. Tornerà a prevalere la personalizzazione, l’unicità. Sta accadendo nel mondo delle auto, accadrà anche nella casa”.
di Andrea Guolo