Parola a Franco Bianchi, l’italiano alla guida di Haworth. I benefici derivanti dall’acquisizione del gruppo Poltrona Frau iniziano soltanto ora. Ci saranno ulteriori operazioni, ma senza fretta (“Cresciamo anche per linee interne) e non riguarderanno necessariamente l’Italia.
Era il febbraio del 2014. Dopo aver concluso l’acquisizione di Poltrona Frau, Cassina e Cappellini, un manager noto in America ma allora semisconosciuto in Italia, perlomeno tra i non addetti ai lavori, dichiarò al quotidianoRepubblica: “Di un palazzo per uffici di venti piani, noi arrediamo i primi diciotto. Per quelli al top, sede dell’alta dirigenza, ci affidiamo al lusso made in Italy”. Quel manager era ed è tuttora l’amministratore delegato di Haworth, il compratore. Franco Bianchi, bolognese di nascita, aveva fatto carriera negli anni Novanta alla Castelli, poi acquisita dalla società americana che l’aveva trasformata in sede operativa per l’Italia. Nel 2002 il trasferimento in Michigan, con la nomina a capo delle operazioni finanziarie del gruppo, quindi la responsabilità del marketing e infine, nel 2005, la promozione a CEO. Si scrisse che l’operazione Poltrona Frau costituiva la sua consacrazione a manager globale. Due anni e mezzo dopo incontriamo Bianchi a Colonia, dove l’azienda espone, approfittando dell’intervallo di tempo tra una serie di meeting prefissati. Allo stand è presente Matthew Haworth, il presidente, che incontra ad uno ad uno i clienti, stringe mani e ringrazia per la fiducia accordata. È l’immagine di un gruppo mondiale che continua ad affrontare il mercato con lo spirito di una media azienda, sempre sul pezzo, attenta ai rapporti umani, e che dopo aver metabolizzato le acquisizioni italiane, con il plus del recente inserimento di un marchio dell’outdoor d’alta gamma, Janus et Cie, potrebbe puntare su altri gioielli da aggiungere al proprio patrimonio.
Ora che avete gli arredi per gli ultimi due piani, tracciamo un primo bilancio sull’acquisizione del 2014?
È stata una scelta giusta? Le finalità dell’acquisizione di Poltrona Frau Group erano sostanzialmente tre: completare la gamma prodotti, diversificare l’attività con l’ingresso nel mondo del premium residencial, creare tra Hawort e i marchi rilevati delle sinergie e delle opportunità di scambio delle competenze. Indubbiamente c’è ancora tanto lavoro da fare, ma stiamo raccogliendo i primi successi dal punto di vista della qualità e del miglioramento nella distribuzione, a cui va aggiunto il beneficio ottenuto da Haworth in termini di contenuto di design. La macchina è partita e i tangibili risultati ci fanno pensare che l’idea di allora fosse ragionevole.
In termini economici quanto valgono questi risultati?
I numeri lasciano il tempo che trovano e, per scelta della famiglia Haworth, non sono comunicabili per le specifiche divisioni del gruppo, ma i vantaggi risultano misurabili e sostanziali. Sono cresciute economicamente le aziende italiane, è cresciuta la casa madre americana anche in termini di immagine. E siamo soltanto all’inizio…
Le cifre di Haworth?
Il consolidato 2015, che comprende anche il fatturato di Poltrona Frau Group, è pari a 1,8 miliardi di dollari. Quest’anno siamo in crescita e non chiuderemo lontano dai due miliardi.
Quali sono le strategie fissate dal gruppo?
Operiamo in tre mondi che sono esposti a un cambiamento di portata storica per effetto della combinazione di globalizzazione, tecnologia e cultura delle persone. Quei mondi sono la casa, l’ufficio e l’ospitalità. Al tempo stesso, c’è un’altra combinazione con cui puntiamo a rispondere e talvolta ad anticipare le sfide che il mercato ci pone: quella tra le eccellenze di Haworth e dei marchi di Poltrona Frau Group. Il piano strategico consiste esattamente nel continuare questa sorta di ibridizzazione dei due ambiti, senza mai perdere il rispetto per le specificità di ognuno. Dietro la scena, cerchiamo di rafforzare il meglio dell’uno e dell’altro.
In che modo?
Migliorando i processi decisionali, diminuendo i costi operativi, raffinando la nostra visione del design e dei mercati. Questo è il primo aspetto che vogliamo focalizzare.
E il secondo?
Riguarda il prodotto. I mondi Poltrona Frau, Cassina e Cappellini ci mettono a disposizione degli asset di know how che vogliamo utilizzare per arricchire i contenuti qualitativi e di design di Haworth; sono dei centri di eccellenza che intendiamo rafforzare e valorizzare. All’ultima edizione di NeoCon, la fiera di riferimento per il mondo office negli Usa, abbiamo creato tre stanze e all’interno di ciascuna operava un artigiano in rappresentanza dei brand italiani. Abbiamo chiesto loro di creare dal vivo altrettante sedute: una Chester di Poltrona Frau, una Superleggera di Cassina e una Lotus di Cappellini. In un mondo nel quale c’è chi considera indifferente il luogo di produzione e determinante – quasi fosse l’unica variabile da prendere in considerazione – il prezzo, abbiamo voluto celebrare l’eleganza della manifattura, il leverage rappresentato dal made in Italy.
Osservandolo dagli States, come si presenta lo stato di salute del mobile fatto in Italia?
Non è in discussione l’eccellenza dei marchi italiani in fatto di qualità né la supremazia dei loro contenuti di design. Mi pare invece che le sfide da affrontare consistano nell’essere distribuiti a livello internazionale e nella capacità di effettuare investimenti a medio/lungo periodo. Chi supererà queste sfide, svetterà rispetto alla media; chi invece si limiterà a operare a livello nazionale o europeo e con approcci di investimento limitati, per convinzione o per causa di forza maggiore, sarà sempre più a rischio sopravvivenza. Gli italiani farebbero bene a considerare i progressi dei loro potenziali concorrenti, dall’Asia all’Est Europa. Ciò non toglie che i contenuti di design, la creatività e il livello d’innovazione che osserviamo ogni anno al Salone del Mobile di Milano restano un punto di riferimento per tutti, a cominciare da noi.
Avete nel mirino ulteriori acquisizioni?
Stiamo crescendo in maniera importante per linee interne, tuttavia, la società dispone di una solidità finanziaria tale da poter sostenere sia una crescita organica sia, nel caso se ne presentasse l’opportunità, anche eventuali acquisizioni. No rush, niente fretta, ma l’interesse c’è e sono convinto che a lungo periodo arriveremo a concludere qualche operazione significativa.
Lo farete sempre in Italia?
Non necessariamente, infatti l’ultima operazione riguardante l’outdoor è stata effettuata in California. Lo faremo laddove sono presenti dei centri di eccellenza. In Italia ce ne sono diversi, e allora perché no? A ben vedere, vi mancherebbe un’azienda di cucine… Sì, ma non vorrei alimentare ipotesi che al momento non ricorrono. Potremmo agire per completare la gamma prodotti o, se necessario, migliorare gli ambiti dove già siamo inseriti. Vedremo…