La fiera bolognese si conferma punto di riferimento per il settore ceramico ma sente il bisogno di rinnovarsi.
Si è conclusa la 32esima edizione di Cersaie, il Salone Internazionale della Ceramica per l’Architettura e dell’Arredobagno registrando la presenza di 945 espositori dei quali 339 stranieri, provenienti da 38 Paesi. Oltre 100mila le presenze di cui il 46% estere, in crescita i ‘primi ingressi’ (66.096, +3,6%) e in aumento gli operatori internazionali (23.363, +4,1%). “Questa manifestazione – commenta Vittorio Borelli, presidente di Confindustria Ceramica (promotore della manifestazione insieme a BolognaFiere) – si conferma l’appuntamento di riferimento mondiale per il settore della ceramica e per il mondo di architetti, designer, aziende e posatori.” Concordano gli imprenditori incontrati in stand che riconoscono all’evento un forte richiamo per i buyer e un momento importante per il business. “Bologna resta un’importante vetrina per i mercati europei, in primis Germania e Francia – osserva Leonardo Tavani, vice president marketing department Europe di Ceramiche Marazzi, – cresce la presenza dell’est asiatico (che vale 340 milioni di euro e cresce dell’8,8%) mentre cala l’afflusso di russi e ucraini a seguito della crisi politica in corso. Qualche defezione tra gli espositori si è registrata da parte dei grandi nomi che prediligono il Salone del Bagno di aprile (la rassegna biennale del Salone del Mobile di Milano, ndr).” Andrea Lupi, art director di Antoniolupi, crede invece sia essenziale essere presenti al Cersaie “perché è qui che si fanno gli ordini, mentre il Salone milanese è più una vetrina favorita dalla compresenza del mobile, di grande richiamo. Il Cersaie si rivolge al mercato del grossista di ceramica, ed è molto utile perché chi compra va dal ceramista non dagli showroom di arredamento. C’è chi ne fa una questione di costi e attua una scelta tra i due eventi, che comunque sarà penalizzante.”
DA QUEST’ANNO MARMO E PARQUET
Dopo il test del 2013, che aveva visto l’introduzione del legno con la presenza, su invito, di selezionate aziende come Listone Giordano, il 2014 è stata l’edizione ufficiale di apertura a questo nuovo materiale, accompagnato nel debutto dal marmo. “è una fiera specializzata orientata al trade internazionale – spiega Andrea Margaritelli, responsabile marketing di Listone Giordano – e proprio per mettersi nell’ottica del cliente, che in negozio espone le diverse tipologie di prodotto, ha deciso di integrare la sua offerta con questi due nuovi segmenti. Il nuovo atteggiamento di Cersaie guarda al design.”
Sono sempre di più le fiere che integrano nuovi segmenti di prodotto per attrarre più buyer (ricordiamo che il marmo è il pezzo forte di Marmomacc i cui primi due giorni si sovrappongono agli ultimi due di Cersaie). La conseguenza è la coesistenza di troppe fiere simili per contenuti e sempre meno specializzate, che rischiano solo di perdere attrattiva. A volte la sfida è tra Paesi stranieri, come è accaduto a Homi da parte di Maison&Objet. Ma, dopo i tanti discorsi sul fare sistema, una lotta intestina non è auspicabile.
MEGLIO LA BIENNALITÀ
Tra i corridoi dei padiglioni serpeggiano voci che chiedono un cambiamento nell’organizzazione e inneggiano alla biennalità della fiera, per un prodotto che, per tempistiche tecnico-progettuali, fatica a rinnovarsi con maggiore frequenza. Inoltre, le aziende preferirebbero una diversa collocazione in calendario, ad esempio a inizio anno, periodo ideale per programmare ordini a lungo termine. “Qui in molti casi ci sono gli stessi prodotti presentati al Salone di Milano o a Francoforte in marzo – chiosa Valentina Giachi che segue il marketing per Duravit – per l’arredo bagno è una ripetizione.”
I 4 NODI DA SCIOGLIERE
“Dobbiamo sfruttare la speranza di cambiamento che contraddistingue questa nuova fase politica e istituzionale”, con queste parole Vittorio Borelli ha introdotto il discorso sulle principali problematiche di un settore che fattura 4,7 miliardi di euro. Quattro sono i temi individuati: la pressione fiscale che è al 45% ma sale al 56% al netto dell’evasione e la mancanza di chiarezza sul come e dove pagare le tasse; la necessità di una politica energetica che miri a evitare di pagare l’energia un terzo in più degli altri paesi europei, evitando di tassare il processo di cogenerazione che permette di recuperare energia che andrebbe persa; la semplificazione della burocrazia eliminando inutili enti periferici; il costo del lavoro insostenibile per le imprese e per le maestranze.
Insomma, le aziende sono forti, l’innovazione dei materiali continua, la qualità permane. Sul mercato interno non resta che attendere il cambio delle normative e la ripartenza dell’edilizia.
di paola cassola