iGuzzini chiude il primo semestre dell’anno con un fatturato di 120,1 milioni di euro, il valore più alto di sempre dalla fondazione nel 1959, segnando un aumento del 14,9% sul 2021, archiviato a 203,4 milioni di euro. Anche la redditività, fa sapere l’azienda di illuminazione di Recanati, è la migliore dei 63 anni di attività: il primo semestre evidenzia un ebit di 14,2 milioni di euro, pari all’11,8% sul fatturato, in crescita di 1,1 punti percentuali sull’anno precedente, un ebitda di 18,7 milioni e una percentuale net sales del 15,5 per cento.
A livello geografico, i maggiori incrementi percentuali di fatturato nel primo semestre rispetto all’anno precedente si registrano in Dach e Paesi Bassi (+25%), Medio Oriente e Africa orientale (+24%), ed Europa meridionale e Sud America (+23%, Italia a +27%). Crescita a doppia cifra anche in Europa settentrionale e orientale (+19%). Importante recupero per il Nord America (+9%) e fatturato in crescita anche per Regno Unito e Irlanda (+6%) e Asia Pacifica (+3%).
La strategia attuata dall’azienda, dal 2019 parte del gruppo svedese Fagerhult, a sua volta posseduto dal fondo di private equity Latour, e quotata a Stoccolma, vede a partire dal 2020 un’evoluzione delle gamme di prodotto ampliate nella proposta seguendo quattro driver di crescita: connettività, sostenibilità, design e cultura della luce. Centrali per il fatturato i progetti legati al mondo work/offices, retail, hospitality e residential, con un + 21% rispetto al 2021, culture e public spaces.
“La previsione e la volontà di tutta l’azienda per il 2022 è di chiudere l’anno con il miglior risultato di sempre in termini di fatturato e redditività”, ha commentato Cristiano Venturini, CEO iGuzzini. “Ciononostante questa previsione è legata anche alla supply chain e alla sua capacità di riuscire a supportarci negli ordinativi e rispettare i tempi previsti e concordati con il mercato. Inutile nascondere che il contesto internazionale e le variabili che si sono affacciate negli ultimi tempi rendono i mesi a venire complessi: scarsità di materie prime, difficoltà nel pianificare la cassa con il magazzino e gli impegni; spirale inflazionistica che mette a rischio il giusto posizionamento rispetto al budget di progetto; le prime voci di recessione che creano ancora più instabilità e volatilità in ambito macro economico e quindi lo stand by degli investitori; così come a livello nazionale l’incertezza politica portata dalla crisi di governo è un altro fattore su cui mettere l’attenzione, in ottica di potenziale rallentamento dei fondi legati al Pnrr e agli investimenti previsti. Rimane poi alta l’attenzione sulle conseguenze della guerra ‘next door’ in Ucraina. L’insieme di queste variabili – conclude l’amministratore delegato – pone dei dubbi sui risultati del Q4 rispetto alle aspettative e solleva incertezza sul 2023”.